Le retrospettive dedicate ai registi americani (Carpenter, Romero, Landis, Friedkin, Milius, Hill, Aldrich, Altman, Cassavetes, Ray, Huston) organizzate dal Torino Film Festival sono ormai leggendarie e quella di quest’anno, incentrata sulla New Hollywood, sembra la fine logica di un percorso.
Ovviamente, trattandosi di uno dei movimenti e periodi più importanti della storia del cinema, deve aver reso la selezione dei titoli tutt’altro che facile. Data la vastità di pellicole che andrebbero inserite in questo contesto, i responsabili del Festival hanno deciso di dividere la retrospettiva in due parti, di cui la seconda si svolgerà durante l’edizione del 2014.
Per quanto riguarda i criteri di inclusione, scorrendo la lista dei titoli, si può dire che la scelta, almeno in questa prima parte, tende a coprire soprattutto i capisaldi del movimento, inserendo però anche qualche rara chicca e un paio di titoli non troppo scontati. La mancanza di alcuni film significativi è probabilmente da attribuirsi anche alla loro inclusione nelle edizioni precedenti, all’interno delle retrospettive a cui si accennava sopra. Diamo una rapida occhiata ai 34 titoli selezionati.
Ride the High Country (Sfida nell’Alta Sierra, 1962) di Sam Peckinpah e The Wild Angels (I selvaggi, 1966) di Roger Corman sono da considerarsi più che altro anticipatori della New Hollywood.
Il blocco centrale invece è composto da Bonnie & Clyde (Gangster Story, 1967) di Arthur Penn, Targets (1968) di Peter Bogdanovich, Bob & Carol & Ted & Alice (1969) di Paul Mazursky, Easy Rider (1969) di Dennis Hopper, Midnight Cowboy (Un uomo da marciapiede, 1969) di John Schlesinger, The Rain People (Non torno a casa stasera, 1969) di Francis Ford Coppola, They shoot Horses, don’t they? (Non si uccidono così anche i cavalli?, 1969) di Sydney Pollack, Five Easy Pieces (Cinque pezzi facili, 1970) di Bob Rafelson, Woodstock (1970) di Michael Wadleigh, Harold & Maude (1971) di Hal Ashby, The Last Picture Show (L’ultimo spettacolo, 1971) di Peter Bogdanovich, THX 1138 (L’uomo che fuggì dal futuro, 1971) di George Lucas, The King of Marvin Gardens (Il re dei giardini di Marvin, 1972) di Bob Rafelson, Boxcar Bertha (America 1929: sterminateli senza pietà, 1972) di Martin Scorsese, The Last Detail (L’ultima corvè, 1973) di Hal Ashby, Sisters (Le due sorelle, 1973) di Brian De Palma, California Split (California Poker, 1974) di Robert Altman, The Parallax View (Perché un assassinio, 1974) di Alan J. Pakula, Scarecrow (Lo spaventapasseri, 1974) di Jerry Schatzberg, Thunderbolt and Lightfoot (Una calibro 20 per lo specialista, 1974) di Michael Cimino e Night Moves (Bersaglio di notte, 1975) di Arthur Penn.
Non mancano ovviamente i tre capolavori “della strada”; Vanishing Point (Punto zero, 1971) di Richard Sarafian, Two-Lane Blacktop (Strada a doppia corsia, 1971) di Monte Hellman e Electra Glide in Blue (Electra Gilde, 1973) di William Guercio.
Tra le rarità invece vanno inseriti sicuramente The Swimmer (Un uomo a nudo, 1968), Medium Cool (America, America dove vai?, 1969) di Haskell Wexler, Little Murders (Piccoli omicidi, 1971) di Alan Arkin, Cisko Pike (Per 100 chili di droga, 1972) di Bill L. Norton, Smile (1975) di Michael Ritchie, Inserts (Il pornografo, 1974) di John Byrum e Milestones (1975) di Robert Kramer e John Douglas.
Presenti anche due capolavori come Fat City (Città amara, 1972) del vecchio leone John Huston (che però chiaramente era più lucido che mai) e Pat Garrett & Billy The Kid (1973) del lupo solitario Sam Peckinpah, uno che non si è mai considerato parte di nessun movimento, ma che ha influenzato tutti quelli che sono venuti dopo. Più che giusta comunque, l’inclusione di queste due pellicole.
Perlomeno curiosa infine la scelta di Farewell, My Lovely (Marlowe, il poliziotto privato, 1975) di Dick Richards, non proprio in cima alla lista dei titoli revisionisti del genere usciti in quegli anni, tra cui vanno invece nominati The Long Goodbye (Il lungo addio, 1973) di Robert Altman, The Late Show (L’occhio privato, 1977) di Robert Benton e The Big Fix (Moses Wine Detective, 1978) di Jeremy Kagan. Forse li vedremo l’anno prossimo, insieme ai film di Ivan Passer e Ulu Grossbard, le pellicole dimenticate di Peter Bogdanovich, e film come Joe di John G. Avildsen o Taking off di Milos Forman. La scelta certo non manca…
Paolo Gilli