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32.Torino Film Festival: “The Homesman” di Tommy Lee Jones (Festa Mobile)

Creato il 28 novembre 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anno: 2014

Durata: 122’

Genere: Western / Dramma

Nazione: USA

Regia: Tommy Lee Jones

 

Quando nel 2005 Tommy Lee Jones presentò Le tre sepulture (ma è molto più bello il titolo originale The Three Burials of Melquaides Estrada) al Festival di Cannes, nessuno si aspettava un film di tale potenza. Un neo western asciutto, brutale e allo stesso tempo toccante, a metà tra Sam Peckinpah (Voglio la testa di Alfredo Garcia su tutti) e William Faulkner (il cui Mentre morivo presenta la stessa premessa), che rimane tra le pellicole più belle del nuovo millennio. Da allora Jones ha solo diretto un altro film per la HBO, The Sunset Limited (2011), un kammerspiel tratto da un testo teatrale di Cormac McCarthy, con protagonisti, Samuel L. Jackson e lo stesso Jones. Con The Homesman, l’attore-regista ritorna quindi al suo genere prediletto, il Western. Questa volta però non ci gira attorno e l’appartenenza al genere è evidente, almeno per quanto riguarda il contesto socio-storico in cui è ambientato il film. Dalle lande desertiche del Texas al confine con il Messico, si passa a quelle aride e desolate del Nebraska (anche se in realtà le riprese sono avvenute nel Nuovo Messico). La premessa non potrebbe essere più classica per il genere, ma allo stesso tempo ne capovolge l’assunto tradizionale.

Mary Bee Cudy (una bravissima Hilary Swank), originaria di New York, è una donna atipica per il luogo e il tempo in cui vive. Forte e determinata, è proprietaria di una fattoria redditizia, ma a 31 anni non è ancora sposata. Quando si tratta di trasportare in Iowa tre donne, che per cause diverse hanno perso la ragione, è lei ad assumersi la responsabilità di condurle a destinazione. Appena partita salva la vita a un vecchio e solitario Cowboy, George Biggs (Jones), che per sdebitarsi si aggrega alla piccola comitiva. Il viaggio ha inizio…

Tommy Lee Jones durante la presentazione del film a Cannes ha dichiarato di non aver girato un Western, che è una balla, bella e buona. Il fatto che il centro del film sia la donna, o meglio il ruolo che le era ascritto, ai tempi della Frontiera e non altre trame più tradizionali per il genere non vuol dire nulla. Il Western è sempre stato un mezzo per raccontare qualcosa di più grande, ma anche di diverso. Basta pensare alle pellicole revisioniste degli anni Settanta come Soldato blu (Ralph Nelson, 1970), Un uomo chiamato cavallo (Elliot Silverstein, 1970) o Piccolo grande uomo (Arthur Penn, 1970), tanto per citarne qualcuno. Ecco, The Homesman ritorna alla centralità politica del genere. Certamente il capovolgimento dei punti di vista, da quello tradizionale maschile a quello femminile in questo caso fa tutta la differenza, anche se non è del tutto inedito. Anche qui gli anni Settanta avevano dato un contributo con McCabe & Mrs Miller (Robert Altman, 1971), e La notte brava del soldato Jonathan (Don Siegel, 1971) e Il texano dagli occhi di ghiaccio (Clint Easwood, 1976) fino al recente Meek’s Cutoff (Kelly Reichardt, 2010). Raramente però la rappresentazione della donna, in un ambiente duro e spietato dove un cavallo vale più di un essere umano, è stata disegnata in maniera così realistica come in The Homesman.

L’esperienza del viaggio cambia Biggs, perché lo pone di fronte a situazioni che non ha mai dovuto affrontare. Un mondo, o meglio una visione completamente diversa da quella che aveva conosciuto fino a quel momento. Jones è bravo a raccontare con sensibilità una storia violenta, spesso cruda, eppure The Homesman non convince fino in fondo. Tocca, fa riflettere, ma gli manca qualcosa. O forse anche questo è questione di sensibilità.

Paolo Gilli

 


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