Figure nere
580 aC
schiavi che scavano l’argilla
del suo capolavoro. Già lo vedeva : un cratere enorme che avrebbe attraversato il mare per finire sulla tavola di qualche ricco signore etrusco. Forse sarebbe stato usato per diluire il denso falerno , ma forse non avrebbero mai osato adoperare la sua meravigliosa creazione che avrebbe così sfidato i secoli diventando corredo tombale di un qualche raffinato collezionista d’arte.
Non contenti dei modelli di cratere allora in uso, pensarono e ripensarono finché ne Inventarono uno di nuova foggia, con le anse che si trasformavano
Con argilla liquida incollò le diverse parti e levigò la superficie fino a eliminarne ogni
Intanto Kleitias preparava l’argilla per la patina: era un processo lungo. In un contenitore pose una parte di acqua e quattro di argilla. Lasciò riposare pochi minuti e poi eliminò la parte che saliva in superficie. Aggiunse acqua di mare perché aveva notato che questa operazione rallentava la sedimentazione dell’argilla. Ora non restava che aspettare e far scorrere
il mattino seguente, Kleitias estrasse la parte liquida dal recipiente e vi aggiunse qualche goccia d’aceto. Si formò una
Doveva dare il massimo. Con la sua pittura bisognava ingraziarsi tutti gli dei dell’Olimpo
Incise i nomi degli autori due volte per essere sicuro che di loro sarebbe rimasta imperitura memoria.
Chiamò Ergotimos e vasaio e pittore trasportarono l’opera in prossimità del forno. Non lasciarono che alcuno li aiutasse in questo lavoro.
Il forno era composto da un tunnel che precedeva il focolare e sul
Con il cuore in gola, i due artisti posero l’opera nella camera del forno e chiusero la porta. Ergotimos iniziò la difficilissima operazione di cottura: una monocottura in tre delicate
Il ceramista sapeva che il segreto era la giusta quantità d’aria. Si apprestò quindi a farla entrare attraverso il focolare. La fiamma vivace avrebbe investito il vaso e tutta la superficie si sarebbe colorata di un rosso corallo.
Ora iniziava la fase delicata di tutto il processo. Doveva impedire all’aria di ravvivare la fiamma. I gas di combustione dovevano compiere la loro opera e trasformare il rosso corallo in nero lucente. Doveva dosare bene tempi e calore per permettere alle figure dipinte di impossessarsi del nero definitivamente.
Ecco , l’esperienza gli suggeriva che ora poteva far rientrare l’aria e il miracolo si sarebbe ancora una volta compiuto.
La cottura era terminata. Bisognava far raffreddare lentamente e solo dopo si sarebbe capito se fosse davvero nato un capolavoro, il loro capolavoro.
Era giunto il momento. Gli artisti si guardavano con timore e sospetto: forse Kleitias aveva commesso errori, forse Ergotimos aveva messo a rischio la nascita di un’ opera immortale?
Infine eccolo: bastò un’occhiata per capire che quello che avevano creato era ancora più bello di ogni loro aspettativa. Calliope, la prima delle muse, li guardava dritti negli occhi
Si abbracciarono e lasciarono che il loro capolavoro prendesse la via del mare
3 novembre1844
Alessandro Francois, scopre a fonte Rotella nei pressi di chiusi i frammenti di un cratere dipinto di grandi dimensioni. questi vennero affidati al restauratore Giovanni Gualberto Franceschi che, nel rimontare il vaso, ne constatò la mancanza di più di un terzo.
21 aprile 1845
Alessandro François riprende lo scavo, trovando nuovi frammenti, l’inserimento dei quali comportò un nuovo intervento di restauro.
Quello che venne alla luce era un cratere a volute attico a figure nere, alto 66 cm; con una circonferenza di 181cm, particolarmente notevole per la ricca decorazione figurata accompagnata da iscrizioni relative a personaggi e oggetti: fra queste spiccano i nomi degli artisti che realizzarono il vaso, il ceramista Ergótimos, creatore della forma, e il ceramografo Kleitías che lo dipinse. Sulla sua superficie sono rappresentate scene e divinità della mitologia greca, tra cui il matrimonio di Peleo e Teti, e futuri genitori di Achille, e la morte di quest’ultimo, oltre a storie di Teseo e altri eroi. Fra gli dei dell’Olimpo spiccano le Muse e in particolare Calliope ritratta di fronte e con in mano un flauto di Pan. Il vaso venne collocato nel Regio Museo Archeologico di Firenze
9 settembre 1900
Un custode del museo, furioso con un collega per dissensi sul servizio, lanciò uno sgabello contro la vetrina che conteneva il cratere, riducendolo in ben 638 frammenti.
Il direttore del Regio Museo Archeologico di Firenze, Luigi Adriano Milani, , incaricò del restauro il conservatore del Museo Pietro Zei, il quale lo ricompose in due lunghi anni di lavoro, rendendolo “…più bello e, nell’effetto estrinseco, più completo di prima”: il restauratore apportò infatti numerose correzioni e aggiunte eliminando i dislivelli e le irregolarità che erano presenti sulla superficie del vaso dopo il restauro eseguito dal Franceschi.
5 dicembre 2011
Da Repubblica
“Il Vaso François in un dvd il mito diventa cartoon. Il documentario animato presentato al Museo archeologico fiorentino. E’ il più grande cratere attico a figure nere esistente al mondo. Il video, della durata di 43 minuti, mescola la tecnica classica del documentario a quella, innovativa, dell’animazione in 3D. Accompagnate da una voce fuori campo, le figure dipinte sul vaso si staccano dallo sfondo per diventare personaggi animati come quelli di un cartone, dando ai miti raccontati, a cominciare da quello delle nozze di Peleo e Teti, la veste di un film di animazione
2013
Il vaso François è collocato al II piano del Museo Archeologico Nazionale di Firenze nella sala 11. Accanto al cratere, completamente restaurato, i visitatori possono ammirare anche lo sgabello, ricordo della vicenda passata.
Bibliografia
Emiliani,Corbara- Tecnologia ceramica- Faenza 1999