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Contemporaneità ed emancipazione psico-spirituale: nuove inquisizioni e nuove resilienze 4/4

Creato il 24 giugno 2015 da Criticaimpura @CriticaImpura

Contemporaneità ed emancipazione psico-spirituale: nuove inquisizioni e nuove resilienze 4/4Di LENI REMEDIOS

Parte Quarta

Questo processo di obnubilamento delle coscienze è evidente soprattutto nell’analisi delle forme di aggressività collettiva ed in come esse vengano recepite diversamente rispetto al passato.  L’alienazione in corso, per utilizzare termini hegeliani, sta attraversando la sua fase di massimo sviluppo, ma non è ancora, a nostro avviso, giunta al suo picco.

 Almeno durante gli anni della Guerra Fredda, per fare un esempio, sussisteva una forma di diplomazia ed un’etica comunitaria riconosciuta che manteneva gli equilibri ed operazioni paramilitari di dubbia moralità dovevano essere effettuate sotto copertura. Oggi quel clima non c’è più, in favore di un interventismo senza remore e senza coperture.

Quando il testimone è drogato il perpetratore non ha bisogno di nascondersi.

 Chossudovsky ci offre uno splendido esempio – attraverso l’analisi certosina dei documenti riguardanti le politiche nucleari – dello slittamento graduale da forme di violenza autoritaria esplicita e riconoscibile – e perciò più facilmente condannabile ed arginabile da una morale e da una legislazione universalmente riconosciute – ad un tipo di violenza autoritaria infinitamente più subdola e al tempo stesso priva di pudore, che col tempo ha fatto attorno a sé terra bruciata e non trova più, lungo il suo percorso, né resilienze morali né forme di resistenza organizzata.

Qui si vede chiaramente il doppio movimento che caratterizza la maggior parte delle politiche degli ultimi quindici-vent’anni: da una parte la vittimizzazione del perpetratore, che fornisce una giustificazione morale ed una legittimazione delle politiche aggressive, fino a piegare la legge ad hoc, come la Semiramide dantesca[1]; dall’altra un ulteriore ottundimento delle coscienze ottenuto attraverso l’uso di specifici mezzi comunicativi e manipolativi per poter mantenere, rafforzare ed ottimizzare quella legittimazione in corso (distorsione della logica, occultamento di alcune notizie in favore dell’esaltazione di altre, strumentalizzazione del sapere scientifico, creazione e consolidamento di ‘false convinzioni’, demonizzazione di individui o gruppi sociali, etc).

In questo estratto l’autore di Towards a World War III Scenario riassume entrambi gli aspetti, parlando di  ‘realtà capovolte’ e di twist of the logic, ovvero una ‘distorsione della logica, la quale fa sì che, per esempio ‘una “guerra umanitaria” usando armi nucleari tattiche, che secondo “l’opinione scientifica degli esperti” sono “innocue per la popolazione civile circostante”, viene perpetrata al fine di proteggere l’Occidente da un attacco nucleare’[2].

Lo stesso accademico canadese riconosce nella manipolazione emotiva delle coscienze una parte fondamentale della propaganda pro-interventista, ed individua la matrice di tale approccio nell’accettazione passiva della narrazione prevalente, accettazione che ‘non è basata su alcuna comprensione razionale o su alcuna analisi dei fatti[3] (corsivo nostro).

Tale meccanismo si perpetra evidentemente, con le varianti del caso, in svariati altri contesti, soprattutto nei social media, dai quali si evince – meglio che altrove – la seguente constatazione evidente: siamo abituati ed educati a reagire emotivamente, non a pensare razionalmente.

Come è stato possibile tutto questo? Qual’è il terreno fertile che ha potuto permettere questo passaggio collettivo verso una disastrosa accettazione passiva della narrazione del reale?

‘Una dottrina inquisitoria capovolge la realtà. È un ordine sociale basato su bugie ad artifici. Ma dal momento in cui tali bugie emanano dall’autorità politica più alta e sono parte di un largo “consenso”, rimangono invariabilmente indiscusse.’[4].

Come si diceva, tale costrutto ideologico si traduce poi, con un meccanismo a cascata, in altri contesti, piccoli e grandi: dall’ambito scientifico che – come ho già illustrato nel mio Verità, scienza e potere – in quanto apparato ha raggiunto vette di dogmatismo in totale contraddizione con le sue premesse originali, al controllo delle reazioni che seguono agli attacchi terroristici, alla stigmatizzazione – e purtroppo talvolta persecuzione legale – di coloro che si oppongono ad iniziative private lesive del bene comune o che semplicemente esprimano un dissenso non tollerato dal cosiddetto establishment. Nel caso del comico satirico Dieudonné in Francia, dello scrittore Erri De Luca in Italia e del Reverendo Pinkney in America, in tutti questi esempi ed in tanti altri meno celebri si rivela, oltre al meccanismo di double standard messo in atto, il vero volto dell’autorità oggi, la quale dice: tu sei libero di fare e dire quello che dico io. Le libertà di cui godiamo oggi e che sono il vanto della facciata di democrazia sono fittizie, poiché valgono solo fin tanto che vengono esercitate all’interno della “gabbia d’acciaio” e fin tanto che lasciano pressoché intatti i meccanismi di potere. Ecco che allora ‘Il fallimento nell’interiorizzare importanti principi democratici, quali il ruolo maggioritario, la tutela delle minoranze, la libertà di parola, pari diritti di voto, porta all’apatia ed al doppio standard, o “democrazia per i pochi”’ [5]. E la funzione degli episodi sopracitati è doppia: da un lato rafforza quel potentissimo strumento, molto funzionante soprattutto in ambito giornalistico, chiamato autocensura – in breve serve da ammonimento a tutti coloro che avrebbero voluto dire cose simili o prodigarsi in azioni simili – dall’altro serve a ‘normalizzare’ i processi, cioè a creare quella consuetudine mentale che porta gli individui – come vedremo nello specifico degli studi psicologici – all’introiezione ed all’accettazione di atteggiamenti altrimenti inaccettabili per il mero fatto di essere perpetrati dall’autorità.

Già Noam Chomsky ci aveva aiutato a smontare i meccanismi di costruzione del consenso[6], ma vediamo come le neuroscienze e la psicologia cognitiva e comportamentale, applicate a livello collettivo, possono aiutarci ulteriormente.

Negli ultimi decenni sono stati fatti numerosi studi ed esperimenti proprio per sondare meccanismi di difesa ricorrenti negli individui quando vengono a contatto con opinioni, idee e modi di vivere che mettono in discussione costrutti consolidati. In breve, si trattava di sondare la soglia di tolleranza delle persone e la loro manipolabilità da parte dei condizionamenti esterni. I risultati di questi studi ed esperimenti sono sorprendenti e danno una chiave  di lettura fondamentale sui comportamenti collettivi. Alcune di queste ricerche sono state effettuate nell’ambito dello studio di quei fenomeni definiti SCADs, ovvero State Crimes Against Democracy (deHaven-Smith). Prima di tutto mostrano come sia alta la soglia di resistenza quando vengono introdotte argomentazioni che mettono in discussione l’autorità, persino quando esse pongano gli individui di fronte all’evidenza[7]. Si potrebbe anche dire che, tra le varie argomentazioni, esse confermino, a livello di analisi comportamentale e cognitivo, quello che già Jung e Girard avevano capito e scoperto analizzando il fenomeno del ‘capro espiatorio’, il primo sul piano psicologico profondo – sia individuale che collettivo – con i meccanismi di rimozione-proiezione dell’Ombra[8], il secondo da un punto di vista antropologico, analizzando i livelli di aggressività che si scatenano nei gruppi in particolare nei periodi di gravi crisi e ‘la capacità che hanno le vittime di polarizzare la violenza’[9], soprattutto in seguito alle capacità manipolatorie di alcuni individui in seno al gruppo, abili nel canalizzare l’aggressività collettiva verso il soggetto desiderato.

Quando un soggetto percepisce una situazione che contrasta col suo insieme di ideali e di credi, esperimenta quel che si definisce una dissonanza cognitiva, a cui possono seguire reazioni diverse, inclusi dei meccanismi di difesa. Per esempio, la percezione di un atto aggressivo crea dissonanza in una persona animata da ideali democratici. Eppure ci sono dei fattori di condizionamento che possono indurre lo stesso soggetto a giudicare tale azione come legittima. In due esperimenti è stata testata la seguente teoria: quando un atto di aggressione viene commesso è la percezione dell’affiliazione politica del perpretratore – democratico-egualitaria piuttosto che gerarchico-autoritaria – a ‘determinare la percezione di quell’atto come legittimo(…) Quando le persone perpetranti atti di aggressione venivano viste come democratiche e le loro vittime come autoritarie, l’aggressione era percepita come legittima. Tuttavia, qualsiasi aggressione commessa contro un gruppo democratico veniva sempre percepita come altamente illeggittima, sia che l’aggressore fosse democratico sia che fosse autoritario. Da questo derivava che meno il gruppo aveva un valore sociale, più legittima diventava ogni trasgressione verso di esso, persino quando l’aggressione consisteva in atti mortali’[10].

Riuscendo a lavorare sulla percezione degli atti aggressori come legittimi e degli aggrediti come non-democratici o addirittura come sub-umani e meritevoli di violenza, si riesce ad ottenere dagli individui un assoggettamento pressochè totale, che arriva per esempio – come di fatto è successo – fino alla ‘cessione delle proprie libertà e dei propri doveri in cambio della sicurezza’[11]. Ed ancora: ‘La ricerca sull’autoritarismo e sul conservatismo politico indica che la giustificazione del sistema (SJT – System Justification Theory) è un meccanismo per cui alcune persone resistono al cambiamento e razionalizzano le ineguaglianze presenti nello status quo persino quando esse vanno a loro detrimento’[12].

Perché tutto questo è difficilmente riconoscibile dalla maggior parte delle persone? ‘L’uso della repressione e del terrore, incluse le minacce di censura, soppressione di notizie, imprigionamento e tortura da parte di leaders per l’assoggettamento di opposizioni politiche e di dissidenti non è ad uso esclusivo degli stati autoritari: fatto che risulta difficile da riconoscere per le persone, specialmente se non è congruente con il loro sistema di ideali’[13].

È soprattutto nelle fasi storiche di crisi, attraversate da minacce che paventino la possibilità di una morte fisica (mortality salience) come gli atti di terrorismo o una pandemia o una guerra, che gli individui sono più inclini a rinunciare ai propri diritti ed a consegnarsi ad un’autorità in grado di proteggerli.

Effettuare questo tipo di manipolazione su individui educati ad esercitare le proprie facoltà critiche ed a non cadere trappola delle proprie spinte emotive risulterebbe senz’altro molto più difficile.

A conferma di quanto sopra esposto, Giulietto Chiesa, riprendendo il filosofo Edgar Morin, scrive ‘Noi ragioniamo come se l’unica caratteristica umana fosse la ragione. E così facendo ignoriamo il fatto che «gli uomini hanno sempre elaborato false concezioni di se stessi, di ciò che fanno, di ciò che devono fare, del mondo in cui vivono». E possono mentire a se stessi, proiettare sugli altri le proprie responsabilità, autogiustificarsi contro l’evidenza (…) «è nella logica organizzatrice di ogni sistema di idee resistere all’informazione che non gli conviene o che non può integrare». E anche l’individuo è un sistema. Un sistema conservatore. E tutto questo vale anche per gli intellettuali, sebbene la ragione possa ridurre la capacità di distorsione di ciascuno di questi fattori’[14].

Ma prima di concludere vorrei scavare un po’ di più sulle ragioni scatenanti la dissonanza cognitiva: alla radice delle dissonanze, dell’incapacità nell’accogliere una narrazione diversa da quelle consolidate, vi è un assunto filosofico riguardante la natura umana, un assunto sempiterno, radicato, che va al di là dei condizionamenti storico-contestuali e perciò molto più difficile da mettere in discussione: ovvero l’idea che crimini così efferati e così cinicamente pianificati non competano alla natura umana. Tutto ciò risulta inaccettabile, perché prendere consapevolezza di questo significa parlare indirettamente anche di se stessi, in quanto facciamo tutti parte della compagine umana e condividiamo tutti le stesse potenzialità, nel bene e nel male. Per questo è necessario – per chi ha a cuore invece mantenere lo status quo – dismettere il più possibile tale consapevolezza e relegare il male  alle figure ‘mostruosizzate’ di volta in volta create.

Il compito che, a nostro avviso, si prefigura con urgenza è duplice.

Ripristinare, da una parte, l’aspetto fortemente critico del pensiero filosofico, che implichi lo smascheramento e la messa in discussione costruttiva dei processi storici in corso, laddove falliscano in universalità o laddove mentano spudoratamente, fino a rendere impercettibile – come si conviene ai tempi post-moderni – il passaggio da forme legittime di autorità a forme mascherate di autoritarismo. Insomma, occorre mettere a nudo la violenza, che nei tempi contemporanei è decisamente molto più complesso riuscire a decifrare.

Si può fare tesoro delle radici buone della nostra tradizione culturale per smascherare i tranelli e le insidie del nostro tempo e farle uscire dalle aule universitarie, di modo che diventino linguaggio comune, non desueto. Una volta che gli ultimi baluardi del diritto e della convivenza civile saranno piegati sarà estremamente più difficile ripristinarli.

Quest’aspetto di ‘vigilanza’ dev’essere sempre animato dall’intenzione di cura e di tutela, anziché dalla critica fine  a se stessa, che alla lunga risulta sempre distruttiva ed inconcludente.

Dall’altra è necessaria la promozione di un vivere altrimenti, basato sia sull’universalismo dei diritti e dell’accesso alle risorse sia su una crescita individuale impostata sull’autotrascendimento delle proprie spinte egoiche. Questo va fatto senz’altro in un’ottica interculturale ed interdisciplinare, più che mai necessarie in un mondo ormai globalizzato e vitali al fine della comprensione della totalità, come si è visto anche dagli antichi.

Per il nostro punto di vista risulta un controsenso perseguire una ricerca psico-spirituale improntata su valori come compassione, amore ed emancipazione dalla sofferenza ed allo stesso tempo accettare inerti dinamiche collettive che vanno a detrimento di altri esseri viventi – umani e non – e del pianeta.  Il coinvolgimento in un sentiero di amore e di pace implica necessariamente forme di resilienza e di opposizione morale alla violenza, esplicita e mascherata.

[FINE]

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[1] ‘…che libito fe’ licito in sua legge, per torre il biasmo in che era condotta’, Dante, Inferno V 56-57.

[2] M.Chossudovski, Towards a World War III Scenario, Global Research Publishers, 2012, p. 2, trad. mia. Riguardo all’occultamento delle notizie o distrazione del pubblico dalle stesse, lo studioso canadese illustra come non siano solo le intenzioni di conquista a non venire esplicitate, ma anche meri fatti come, per esempio, il meeting tenutosi nel 2003 in Nebraska per commemorare Hyroshima e Nagasaki e, molto cinicamente, per lanciare una nuova politica nucleare implicante i mini nukes. A questo meeting parteciparono membri dell’apparato militare e della relativa industria, mentre vennero esclusi membri del congresso. Per una fuga di notizie apparve su qualche giornale ma non venne coperto dalla grande vetrina mainstream, troppo occupata dalla pandemia del momento.

[3] Ibid., p. XV.

[4]Continua Chossudovski:  ‘E coloro che mettono in discussione l’ordine sociale inquisitorio o si oppongono in qualsiasi modo all’agenda militare o di sicurezza nazionale americana vengono bollati come “complottisti’ o come meri terroristi” p. 40.

[5] Laurie A. Manwell, In Denial of Democracy, in American Behavioral Scientist, Sage Publications, 2010 (distinto dal paper citato in nota 32, avente lo stesso titolo ma che riporta l’intervento al convegno internazionale The Toronto Hearings).

[6] N. Chomsky, La fabbrica del consenso, Il Saggiatore, Milano, 2008.

[7] Si vedano gli esperimenti sulle ‘false convinzioni’ condotti da S.Hoffman ed altri, in AAVV., There Must Be a Reason, op. cit.

[8] Con l’archetipo dell’Ombra Jung si riferisce a tutta la sfera di qualità inferiori, primitive, istintuali che non viene accettata dalla coscienza; ciò fa sì che l’Ombra, più viene rimossa, più diventa ‘nera e densa’ e prende la forma di una presenza minacciosa, autonoma, scissa dal resto della personalità e pronta ad essere proiettata su altre persone o cose. Jung ne ha scritto in maniera sparsa, tra cui in Psicologia e Religione, Aion e nella sua autobiografia a cura di A. Jaffé.

[9] R.Girard, Vedo satana cadere come la folgore, tr.it. Adelphi, Milano, 2001, p.165.

[10] Laurie Manwell, In Denial of Democracy, p. 852 la quale a sua volta riprende Falomir-Pichastor (2005).

[11] Ibid.

[12] Ibid., p. 862.

[13] Ibid, p. 849.

[14] G. Chiesa, op. cit., pp. 79-80. L’opera di E. Morin da cui provengono le citazioni riportate da Chiesa è I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, 2009.


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