Lo so che è la verità. Lo so perché le si legge il dolore sul viso, negli occhi, nella voce. Lo so perché adesso anch’io ho il voltastomaco come lei e non posso farci niente. Quel che è fatto è fatto.
Si alza dal tavolo e attraversa la stanza, e io percepisco ogni singolo centimetro che ci separa. «E sai qual è la cosa più terribile?» prosegue. «È che non posso nemmeno rinfacciarti nulla, perché è tutta colpa mia. È questo che vuoi? Che ammetta che è stata tutta colpa mia? Che niente di tutto questo sarebbe mai successo se solo io non avessi scelto di distruggere me stessa e tutti quelli che mi circondano? Bene. È tutta colpa mia! Sono io che ho creato questo inferno. Lo so e ti chiedo scusa.»
Resto a fissarla un minuto perché questo è il primo sentimento autentico che percepisco in lei da un sacco di tempo. Sono settimane che si presenta come un buco nero emotivo, ma tutto a un tratto, quella sua calma piatta, smorta, non esiste più, e lei appare arrabbiata, frustrata, affranta quanto me.
Mi alzo in piedi e faccio un passo nella sua direzione. Lei mi guarda come se non capisse cosa diavolo io stia facendo. C’è un misto di paura e di confusione sul suo viso, mentre mi trapassa con lo sguardo come un animale spaventato in cerca di una via di fuga. Per un brevissimo istante, smette di nascondere la vulnerabilità che io ho sempre finto di non vedere. Dovrei andarmene e lasciar perdere, ma è assurdo per me ritrovarmi nella stessa stanza con lei e non poterla toccare un’ultima volta, prima di tornare alla solita vita di schifo.
«Adesso mi avvicino» dico, facendo un passo alla volta verso di lei, come se volessi tranquillizzare uno che sta per buttarsi. «Apro le braccia e ti stringo a me» faccio una pausa, prima di compiere l’ultimo passo «e tu mi lascerai fare.»
«Perché?» mi domanda, come se fosse la cosa più insensata che abbia mai sentito, e forse, vista la nottata, lo è davvero.
«Perché ne ho bisogno.»
Le sue dita non possono più correre sul pianoforte, il suo mondo pieno di note è diventato muto. Nastya era una promessa della musica, prima. Prima che tutto precipitasse, prima che la vita perdesse ogni significato. Da 452 giorni Nastya ha smesso di parlare, e il suo unico desiderio è tenere nascosto il motivo del suo silenzio. La storia di Josh non è un segreto: ha perso tragicamente i suoi cari, e solo nel recinto impenetrabile che ha costruito intorno a sé si sente al riparo dalla compassione degli altri e libero di dedicarsi in solitudine all’unica cosa che lo tiene in vita: intagliare il legno. Quando sembra non esserci più luce né speranza, Nastya e Josh si trovano e le sensazioni sopite esplodono dal corpo e dal cuore. Due lontananze si incontrano, cercando l’una nell’altra la forza per superare il passato e rinascere davvero.