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[4 Chiacchiere con Cineclan]…ovvero…It’s time to steal away,let’s go get lost: intervista a Brunella Filì e Lucia Crollo

Creato il 07 maggio 2014 da Cineclan @cineclan1

Le città, come gli amori, andrebbero fatte “mantecare” con gli anni: non si può giudicare una città in cui si è vissuti appena andati via. No, bisogna darle il tempo di depositarsi nel cuore e nella mente. E’ stato così per Bologna… a posteriori mi ha dato più di quanto pensassi all’inizio…Culturalmente, emotivamente, personalmente… Ed è grazie a Bologna che ho conosciuto delle bellissime persone. Se non ci fosse stata Bologna nella mia vita, non ci sarebbero state tante cose nella vita di altre persone… E’ strano come le mie scelte abbiano potuto influenzare le vite degli altri!
Senza Bologna non ci sarebbe stata neanche questa intervista, perché quello che unisce me a Lucia e Brunella, le protagoniste di questa settimana, non è solo l’amore per questo sporco lavoro meraviglioso, ma è soprattutto lei, Bologna la rossa. Bologna e via Zamboni, Bologna e gli aperitivi al Transilvania, Bologna e il Pratello, Bologna e la Cineteca.
Bologna che accoglie migranti ed esuli da secoli, che ha accolto anche noi per pochi fugaci attimi e poi ci ha lasciate andare di nuovo in giro per l’Italia in un andata e ritorno fatto di sogni da realizzare.
Forse senza Bologna non ci sarebbe stato neanche Emergency Exit, il documentario che Brunella ha realizzato con l’aiuto di Lucia in giro per il mondo, quello vero, per dare voce a chi ha lasciato l’Italia per un futuro migliore. Un documentario su quei cuori spezzati tra sogni e illusioni, tra andare e tornare, tra sopravvivere e sopravvivere un po’ meglio.

Benvenuti ad un nuovo appuntamento con “4 Chiacchiere con Cineclan”!

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- Noi di Cineclan siamo come i “cinefili anonimi”, quindi, presentatevi come solo voi sapreste fare ai nostri lettori!

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Brunella Filì

Brunella: Ciao, mi chiamo Brunella Filì, sono pugliese e sono una regista e filmmaker. Mi sono laureata in Cinema a Bologna e poi, dopo alcune esperienze su vari set cinematografici, dove mi sono in parte formata, mi sono trasferita a Milano, una città che amo e che sento essere la mia città d’adozione, visto che ormai ci vivo e lavoro da 5 anni ed è per me fonte d’ispirazione. Che cosa sto facendo al momento? Da oltre un anno ormai sono completamente assorbita dal mio ultimo progetto, un documentario dal titolo Emergency Exit, la cui urgenza è stata per me fortissima, che racconta, lungo un viaggio a tappe da Vienna a Parigi, Londra, Bergen, New York e Tenerife, storie di giovani italiani emigrati all’estero a causa della crisi: storie molto diverse tra loro, ma che assieme contribuiscono a dare un affresco dell’Italia di oggi e a farci riflettere sul suo futuro. Ma ne parleremo meglio tra poco, no?

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Lucia Crollo

Lucia: Ciao a tutti, che bello essere anche io su Cineclan! Siamo alla prima domanda e già non so cosa rispondere! Vabbe ci provo! Sono Lucia, organizzatrice ed ora assistente di produzione. E, giusto per fare un po’ di gossip, con Brunella siamo amiche dai tempi del liceo.

- Parliamo subito di Emergency Exit, perché non vediamo l’ora di farlo! Da dove nasce il progetto e come si è sviluppato?

Brunella: Come ti dicevo, vivere a Milano ha fatto sì che vedessi ancor più da vicino il fenomeno di cui parla il film, ovvero la ‘diaspora’ di giovani che non partono più per curiosità e voglia di esplorare, ma molto spesso per forza di cose, non avendo più la libertà di scegliere. In questi ultimi anni ho visto tanti amici, colleghi, conoscenti partire via dall’Italia, non solo dal Sud; li ho visti partire contro le loro stesse aspettative post universitarie, li ho visti partire anche solo per andare a fare i lavapiatti ma a condizioni dignitose e con i contributi pagati; soprattutto, li ho visti partire e, seppure con la speranza in valigia di tornare, non li ho visti fare il biglietto di ritorno, anno dopo anno. Tutto questo mi sembrava così incredibile e doloroso, ma nessuno ne parlava con profondità: sentivo parecchi luoghi comuni o frasi molto generiche (vedi ‘fuga dei cervelli’): ciò ha fatto sì che sentissi la necessità di approfondire queste storie, questi esilii, attraverso i mezzi che avevo a disposizione, ovvero il mio lavoro di documentarista, la mia telecamera e i primi amici disposti a diventare protagonisti di un film. E così, telecamera in spalla, sono partita in solitaria per questo docutrip. Naturalmente OGGI è un film; un anno e mezzo fa nasceva come una mia personale ricerca filmata, da un’urgenza, poiché nessuno avrebbe mai prodotto un progetto simile in tempi brevi. Sul primo materiale girato (quello a Vienna e Parigi) ho poi costruito un progetto filmico, che è stato selezionato agli Italian Doc Screenings, uno showcase internazionale con sessioni di pitching insieme a broadcaster di tutto il mondo, che mi hanno aiutato a sviluppare i punti di forza della mia idea e soprattutto mi hanno incoraggiato a crederci e a portarla avanti. E’ un problema diffuso qui in Italia, quello della mancanza di sostegni produttivi adeguati ai giovani registi esordienti. Quando sono partita ero completamente sola, a parte il mio amico Lorenzo Incardona, che mi ha aiutato a tradurre tutto il progetto. Questo a volte è davvero difficile, ci sono momenti in cui ti chiedi: ma cosa sto facendo, dove sto andando? E trovi la forza di continuare solo nell’impellenza che hai di far conoscere le storie nel miglior modo possibile, nel rendere loro giustizia. In seguito, dopo i primi riscontri grazie all’intervista sulla BBC e all’articolo sul The Guardian, sono riuscita però a coinvolgere altre persone, come ad esempio la mia amica Lucia Crollo, e a confermare l’interesse sul film, al punto di decidere di lanciare una campagna di crowdfunding su Indiegogo! Che esperienza incredibile…

- Quali sono state le modalità produttive che vi hanno permesso di realizzare il progetto? In parole povere, come avete reperito i fondi necessari alla produzione e quali sono state le difficoltà produttive (se ci sono state) nel portare a termine un progetto così complesso?

Lucia: Il progetto è partito in modo assolutamente indipendente il che significa anche completamente autofinanziato. Nasceva da un’ esigenza di raccontare e non c’era quindi possibilità di aspettare i lunghi tempi di reperimento di risorse che probabilmente non sarebbero comunque arrivate. Il viaggio quindi è partito, e sono state girate le prime tappe in Austria, Norvegia,  Francia, UK e Spagna lo scorso anno, poi abbiamo avviato una campagna di crowdfunding sulla piattaforma americana Indiegogo che ci ha permesso di coprire un po’ le spese della post produzione. Il crowdfunding consente a chi ha un’idea da realizzare e un budget limitato, di presentare il proprio progetto online , è una forma di produzione dal basso grazie alla quale abbiamo trovato tanti piccoli producers che si sono appassionati al progetto e deciso di investire in prima persona sulla sua produzione. Grazie alla rete poi anche una produttrice americana, Beth di Santo, ha preso a cuore il tema e, ricordando le proprie origini italiane, ha deciso di finanziarne la produzione di una tappa negli Stati Uniti e la distribuzione del film negli USA. Adesso il documentario è concluso ma Emergency Exit continua. Abbiamo infatti vinto un bando della Regione Puglia “Principi Attivi 2012”, grazie al quale abbiamo costituito la nostra casa di produzione OffiCinema DOC e stiamo lavorando alla trasposizione di Emergency Exit nella forma del web documentary, quindi continuate a seguirci perché ci saranno presto delle sorprese, nel frattempo il viaggio non è finito altre tappe ci aspettano!

-  Quindi il crowdfunding funziona…

Brunella: Trovo sia una cosa buona per un filmaker e non solo, ma non deve diventare un’alternativa agli aiuti culturali da parte dello Stato. Tali aiuti devono essere maggiori in Italia e soprattutto devono essere elargiti con più meritocrazia e trasparenza, specie agli autori emergenti: la rete non può e non deve sostituire lo Stato. Il mio caso dimostra che, se non fosse stato per la tenacia personale e per le tante persone come me, Lucia, e tantissimi altri che hanno lavorato gratis alle riprese, al sito, alla comunicazione etc, questo film, nonostante tanto interesse da parte dei media e della generazione di cui parla, non avrebbe visto la luce: è stato solo grazie all’aiuto finale di una produttrice americana – Beth di Santo, newyorchese dai nonni italiani – la quale ha finanziato la fine delle riprese e la post produzione, che questo film è finito.

- La scelta del documentario è stata una scelta “etica” e stilistica o una scelta obbligata, data la natura del progetto?

Brunella: La scelta di girare un documentario è stata voluta: credo il documentario, il cinema del reale, fosse l’unico modo per far ascoltare una volta per tutte queste storie senza pregiudizi, senza abbellimenti, senza giocare mediaticamente con le emozioni dei protagonisti (come spesso avviene in tv), dando priorità solo alla realtà della vita del giovane emigrante ai tempi della crisi. Quindi ho ‘usato’ in qualche modo il cinema documentario come mezzo per far esprimere delle voci di dissenso verso una situazione che vede coinvolta anche me molto da vicino. Penso che il cinema ed in generale l’arte abbiano la grande responsabilità di poter cambiare le cose, di influire sulle opinioni e sulle idee, di far nascere riflessioni e mutare valori… insomma, come direbbe qualcuno, da un grande potere deriva una grande responsabilità! E il documentario è una forma d’arte che ha la grande responsabilità di poter dare voce anche a storie più piccole, invisibili, spesso tanto drammatiche quanto ignorate, e riuscire allo stesso tempo a fare rumore, per provare a smuovere le cose. Poi magari le cose non cambiano, ma crederci, sentire l’urgenza, è la spinta che ogni artista dovrebbe avere. Nel caso di Emergency Exit non si è trattato di fare un’analisi politica, ma di stimolare una riflessione profonda su noi stessi e sul futuro che vogliamo, attraverso i racconti, le emozioni, i sogni, le frustrazioni di alcuni giovani italiani abbastanza diversi tra loro ma rappresentativi di una generazione dimenticata. Insomma, il film documentario per me è uno strumento del cambiamento culturale e sociale possibile, cambiamento verso cui non perderò mai la speranza, nonostante tutto. Oltretutto, girare così a basso budget mi ha permesso di capire come stanno veramente le cose vivendo per determinati periodi insieme ai personaggi le loro stesse vite, con più discrezione possibile, parlandoci senza telecamera, ricercando dettagli e aneddoti latori di significati più grandi, filmandoli da sola, senza una troupe, spesso a discapito di qualità tecnica e fotografica, ma è la realtà; e quello che si vede e si sente nel film è quello che, dall’inizio, ho voluto mostrare. Produttivamente parlando, se potessi tornare indietro con un budget iniziale maggiore, credo che forse mi preoccuperei solo di procurarmi un microfono migliore: l’audio a volte era davvero pessimo, per fortuna in post produzione oggi si fanno miracoli!

- Cosa è emerso dalla vostra ricerca che non avreste mai immaginato all’inizio di questa avventura?

Lucia: Che gli italiani all’estero sono davvero tanti, leggendo i numeri certo appaiono impressionanti, ma vederne e sentirne così tanti, camminando per le strade di città straniere, fa davvero uno strano effetto. Allo stesso modo, certo immaginavamo il sentimento di perdita e separazione che un giovane prova nel dover lasciare il proprio paese, soprattutto quando non è derivato da una scelta ma da una costrizione, e molti hanno raccontato infatti di una scelta dolorosissima, di un velo di tristezza che non va mai via completamente ed anche di un senso di colpa per essere lontani e magari non riuscire a contribuire al cambiamento che tutti aspettiamo.

Brunella: Sono emerse varie preoccupazioni che all’inizio non avevo assolutamente considerato. Per esempio quella di poter in qualche modo influire nelle loro vita andando a riaprire, attraverso le mie domande, delle ferite mai rimarginate, delle frustrazioni verso la madrepatria mai sopite… in alcuni casi la tensione è stata molto forte, c’è chi non ha perdonato l’Italia e ha perso completamente la speranza che le cose cambino. E’ una cosa che influisce sulla tua vita in modo costante, credetemi, non te ne dimentichi, per quanti successi tu possa avere all’estero e nonostante la tua nuova vita. E’ un dissesto interiore che resta lì, come una nota malinconica di fondo, ed è il risvolto più tragico fra i molti strati emotivi che ci sono nel film. Ho sentito ancora più forte l’obbligo di mostrare questo con dignità, rispettando la fiducia che tutti i protagonisti mi hanno dato. Questo ha creato tra me e loro un legame molto forte, che sicuramente non immaginavo.

- Com’è andata la presentazione in anteprima a Bruxelles presso il Parlamento Europeo? Quali sono state le reazioni?

Brunella: L’anteprima è andata molto bene, è stata un’emozione intensa, ha suscitato anche commozione, cosa che non mi aspettavo, e moltissimi ragazzi sono venuti a ringraziarmi per quello che stiamo facendo, perché diamo voce alle loro storie e siamo anche un po’ …i loro psicanalisti!

Lucia: Abbiamo presentato il progetto a gennaio al Parlamento Europeo durante la tavola rotonda “Europa-Italia solo andata?” organizzato da Giovani Italiani Bruxelles, un gruppo apartitico che vuole fare da movimento di pressione sui temi del lavoro e della giovane migrazione, al quale partecipavano anche vari europarlamentari per discutere appunto i temi sui giovani ed il loro ingresso nel mondo del lavoro. In quella cornice abbiamo sentito che non c’era posto più adatto per proiettare il trailer del nostro documentario, perché era proprio quello che abbiamo sempre voluto, che fosse visto non solo dai giovani che condividono le esperienze dei nostri ragazzi intervistati, ma soprattutto da coloro che dall’interno delle istituzioni possono fare qualcosa, e suscitare un dibattito che sia costruttivo. Le reazioni sono state inaspettate, molti e non solo i giovani che hanno partecipato all’incontro, ma anche gli intervenuti si sono commossi e questa è stata una grande soddisfazione perché vuol dire che il messaggio è arrivato, anche se quello che vogliamo è lasciare un messaggio di speranza più che di tristezza.

- Qual è il futuro di Emergency Exit? Quali sono i vostri piani distributivi? No, perché noi non vediamo l’ora di vederlo!

Brunella: Ti ringrazio! Dopo l’anteprima al Festival del Cinema Europeo di Lecce, che è stata un’altro momento di riscontri molto positivi nonché la prima volta che ho visto il film assieme ad alcuni dei protagonisti rientrati in Italia apposta per l’occasione, da cineasta sogno tante altre proiezioni con il pubblico attento ed appassionato dei festival. Però ancora più forte è la voglia che avrei di mostrare il film a più persone possibile ed in situazioni di confronto tra Istituzioni e altri giovani come i protagonisti. Tuttavia, è molto difficile immaginare il futuro distributivo di questo film. Tutto il progetto è andato avanti in modo sempre sorprendente, crescendo, riscuotendo interesse. Questo mi riempie di gioia, significa che abbiamo fatto bene a crederci e non smetteremo di farlo ora che il film è finito. Certo, per motivi che ancora non so spiegare razionalmente, temo che non sarà facile farlo vedere in televisione, lo spazio dato ai documentari in Italia è sempre molto meno di quello che si meriterebbero, e parlo di film decisamente più importanti del mio. Noi cercheremo di far sì che venga visto il più possibile, soprattutto in Italia, diffondendolo anche attraverso circuiti scolastici e universitari: ne approfitto per annunciare che la prossima proiezione si terrà appunto all’Università La Sapienza di Roma, il 9 Maggio, nel corso di una rassegna su Cinema e Lavoro da titolo Labor Story , dove ci sarà anche un dibattito insieme con gli studenti.

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- Oltre a Emergency Exit, quali sono i vostri progetti individuali per il 2014?

Lucia: Quella di Emergency Exit è stata per me una scuola di formazione, un master gratuito in economia e commercio, giurisprudenza, produzione audiovisiva, il mio progetto per il 2014 è di far fruttare tutto questo, soprattutto ora che c’è una società da portare avanti!

Brunella: Ho girato un booktrailer di cui sono molto orgogliosa, si chiama Corpi di Gloria, recentemente tra i finalisti del Cortinametraggio 2014. Mi piacerebbe continuare ad esplorare questo genere ancora poco percorso ed ibrido tra cinema e letteratura. Certo la mia passione rimane il documentario: Emergency Exit non è la prima occasione in cui mi sono confrontata coi temi del lavoro, avevo girato anche un altro street-doc su lavoro e arte, dal titolo ‘Piazza Macao’ (è su youtube) e vorrei continuare a raccontare storie legate al diritto al lavoro sancito dalla nostra Costituzione.

Emergency Exit parla in fin dei conti di noi, della nostra generazione, la generazione X, costretta ad andar via per “sopravvivere un po’ meglio di prima”…voi avete mai pensato di lasciare l’Italia?

Lucia: Si, ci ho pensato e l’ho fatto, anche se per pochi mesi,  ma non ho mai creduto di poter vivere  per sempre fuori dall’Italia. Ho voluto fare un ‘esperienza all’estero perché dopo aver vissuto fuori più volte e per periodi più o meno lunghi in giro per l’Italia, sentivo la necessità di concludere così un percorso personale, di formazione non solo lavorativa ma più che altro umana, che mi aiutasse però ad inserirmi nel mondo del lavoro qui, a casa.

Brunella: Sì, naturalmente, ma per me ancora non è giunto il momento di mollare. Se mai dovessi partire sarà solo per sana curiosità e non per disperazione. Con questo non voglio dire che chi parte ha mollato: io sono fortunata perché ho la possibilità di lavorare qui, molti invece non ce l’hanno. Per quanto riguarda il mio campo poi, grazie a questo progetto ho capito che anche in modo indipendente è possibile farcela, oggi i mezzi per produrre un film documentario sono alla portata di chi ha voglia di fare, di dire, di farsi sentire, di raccontare, senza avere paura di restare solo: se ci metti impegno sincero, prima o poi il riscontro collettivo arriva. Anche se, ripeto, sarebbe più giusto che fosse lo Stato a investire nella cultura e nei giovani, con meccanismi trasparenti.

- Ragazze, siamo alla fine di questa intervista. Grazie mille per la vostra disponibilità a condividere con noi Emergency Exit, ma prima di lasciarvi abbiamo un’ultima domanda. Guardando il trailer abbiamo percepito una nostalgia indicibile che sentiamo personalmente nostra. Anche noi, lavoratori dello spettacolo, nel nostro piccolo siamo migranti di professione…di cosa avete nostalgia voi?

[…] Inoltre, dicono che siamo abituati ad usare sempre la nostra lingua,
spontaneamente quando
siamo disperati…
per contare i soldi… fare l’amore…
dichiarare sentimenti forti…
in qualsiasi luogo del mondo stiamo.[…]
(Sento Saudade di Clarice Lispector)

Lucia: Non è nostalgia, è più che altro il desiderio che sia permesso a tutti di trovare i mezzi per lavorare, non semplicemente accontentandosi di un lavoro qualsiasi per sopravvivere, ma che siano dati i mezzi per dare a chi ha la voglia di creare qualcosa di proprio di poterlo fare, senza ostacoli dati non solo dalla burocrazia ma anche dalla mancanza soprattutto al sud di un mercato ricettivo alle piccole realtà fuori dai canali mainstream.

Brunella: A volte ho nostalgia della stabilità, di orari prestabiliti, etc. eppure …Appena la assaggio, la stabilità, mi sento soffocare ed eccomi pronta a partire di nuovo. E’ inutile, sono un’anima inquieta!

E infine… il Cineclan game! Diteci 3 film, 3 libri, 3 canzoni e 3 serie tv che hanno influenzato la vostra vita e che vorreste consigliare ai lettori di Cineclan.

Lucia: Ti dico i primi tre che mi vengono in mente senza pensarci troppo!
Film: Fino all’ultimo respiro, Le iene, Alla ricerca di Nemo (non ci posso far nulla, lo adoro!)
Libri: Un indovino mi disse (T. Terzani), Chiamami col tuo nome (A. Aciman), Norwegian wood (H. Murakami)
Serie:  Dexter, Prison break, True Detective
Canzoni: Daughter (Pearl Jam), Road trippin (Red Hot Chili Peppers), Get Rhythm (Johnny Cash)

Brunella: 3 FILM – Taxi Driver, Ultimo tango a Parigi, Ritorno al futuro.
3 LIBRI: Acqua dal sole (B.E. Ellis), Scorsese secondo Scorsese, Le poesie di Cesare Pavese.
3 SERIE: True Detective, Dawson’s creek, Newsroom.
3 CANZONI: Jumpin Jack Flash e She’s a rainbow dei Rolling Stones , Sinfonie di Beethoven (varie!), Californication dei Red Hot Chili Peppers.

L’intervista è finita e vogliamo rassicurarvi che nessuna intervistata è stata maltrattata e/o costretta a citare True Detective, Murakami o Ellis… men che meno Ultimo tango a Parigi… è solo che, come dice un vecchio adagio, “chi si somiglia, si piglia”!

Buona settimana a tutti e alla prossima intervista!


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