"Credo nella Magia nell'evocazione degli spiriti, anche se non so che cosa sono; credo nel potere di creare a occhi chiusi magiche illusioni nella mente e credo che i margini della mente siano mobili, che le menti possano fluire l'una nell'altra, così creando o svelando una mente o energia unica, poiché le nostre memorie sono parti dell'unica memoria della Natura".Circa settant'anni dopo questa meravigliosa professione di fede, Stephen King in Incubi & Deliri chiede di ripetere un "catechismo" che sembra tanto ricalcato sull'ammissione di Yeats.
-W. B. Yeats-
Entrambi omettono le Fate però.
Sembra che le Fate spiacciano alla moderna Fantasia e così, come i figli sporchi di Eva* (vuole una leggenda islandese frutto di sincretismo cristiano che un giorno Eva fosse intenta a lavare i suoi figli quando, d'improvviso udì la voce di Dio che la chiamava. Così Eva nascose i figli che ancora non aveva lavato allo sguardo di Dio che -irato per l'inganno- punì Eva nascondendole alla vista i suoi figli "lordi" per sempre. Questi piccoli, consegnati a una perenne infanzia, divennero Fate.). O come angeli caduti, troppo buoni per l'Inferno e troppo cattivi per il Paradiso. Esseri a metà strada. Superiori all'uomo, ultimo nato in tutte le mitologie e le religioni, ma inferiori a Dio. Siano esse il ricordo del popolo dei Pitti o le discendenti della stirpe dei Tuatha de Danann di loro non si parla poi molto dall'Epoca Vittoriana, quando fioriva la Fairy Art ad opera di grandi artisti come Arthur Rackham, John Anster Fitzgerald o i Pre-Raffaelliti, di cui avrò modo di trattare più in là.
Fino agli avvistamenti di Cottingley, nello Yorkshire, in pieno revival spiritista a opera delle ragazzine Frances Griffith e Elsie Wright che -per dar veridicità ai loro racconti- crearono appositamente dei montaggi fotografici e finirono per coinvolgere anche Sir Arthur Conan Doyle (membro, come Yeats, della Golden Dawn).
Sembra proprio che nessuno voglia credere alla loro esistenza eppure le Fate ci accompagnano dalla nascita, non sono infatti che le fatae, le Parche, che presiedono appunto al Fato e che ci vengono incontro sulla Via, come veritieramente vuole il detto latino "fata viam invenient". E me la sono immaginata così, la mia fata, ibrida di tutte le mitologie e i racconti del folklore, un po' preraffaellita, seduta su un fungo cottingleyano, a un angolo della Via che conduce in una delle tante radure che spesso scorgo quando porto a passeggio il mio Oz.