“Tutto ciò che esalta la vita, ne accresce al tempo stesso l’assurdità. Nell’estate algerina, imparo che una sola cosa è più tragica della sofferenza: la vita di un uomo felice.” (Noces suivi de l’été, p.48)
Scrittore, filosofo, drammaturgo, saggista e giornalista: un intellettuale completo e versatile. Nel 1957, a conclusione di una parabola particolarmente felice, il romanzo La Chute gli valse il premio Nobel per la letteratura.
Nato il 7 Novembre 1913 a Mondovi (Algeria) da una famiglia di Pieds-Noirs – così come erano chiamati i Francesi d’Algeria che ivi si erano istallati come coloni a partire dal 1830 – si ritrova orfano all’età di un anno. Cresce nel quartiere popolare di Belcourt con la madre, buona ma silenziosa e defilata, uno zio e la nonna, severa e autoritaria. Le condizioni di vita modeste influiranno molto sulla formazione umana e artistica dell’autore, mettendolo a contatto sin da subito con l’ambivalenza insita nell’esistenza umana: “[…]fui posto tra la miseria ed il sole, ad uguale distanza. La miseria m’impedì di credere che tutto è bene sotto il sole e nella storia; il sole mi insegnò che la storia non è tutto.” (L’envers et l’endroit, pp. 13-14)
È solo grazie alle sue doti brillanti e all’interesse del maestro elementare Louis Germain che il giovane Camus prosegue negli studi, arrivando a conseguire la laurea in Filosofia.
Il suo esordio come scrittore risale al 1937 con L’envers et l’endroit, raccolta di cinque saggi. In pochi anni arriverà il successo: autore tra gli altri di autentici capolavori della letteratura francese quali L’étranger e La peste, scrisse anche Le mythe de Sisyphe, l’homme révolté, le due raccolte dei cosiddetti saggi solari Noces e L’Été, e la raccolta di novelle L’exil et le royaume.
Erroneamente annoverato tra gli esistenzialisti, è stato sacrificato sull’altare di Jean-Paul Sartre, col quale intrattenne un rapporto di amicizia e stima reciproca, interrotto a causa di motivi ideologici.
Camus, infatti, prende pubblicamente le distanze dal partito in vari articoli di giornale e soprattutto ne L’homme révolté del 1951, nel quale attacca pesantemente lo stalinismo.
Tutta la speculazione intellettuale di Albert Camus prende le mosse dall’assurdo, definito ne Le mythe de Sisyphe come “ la passione essenziale dell’uomo, dilaniato fra il richiamo verso l’unità e la chiara visione che egli può avere delle muraglie che lo rinchiudono”. L’insito bisogno di assoluto che attanaglia l’uomo cozza contro la finitudine ed i limiti della conoscenza propri della sua natura mortale. Appare impossibile dunque l’unità metafisica tra mondo e spirito perché – dopo una vita giocata senza conoscere le regole – l’uomo si trova all’improvviso di fronte alla morte che priva di senso l’intera esistenza, rendendola assurda.
Ma l’absurde di Camus è differente da quello di Sartre poiché la sua conseguenza logica non è il nichilismo ma la vita lucida e disincantata: vivere lucidamente la propria condizione assurda, accettando la propria condanna a morte senza approvarla è l’unica strada che l’uomo può percorrere. La lucidità consiste nel rifiutare di mentire a sé stessi e di servirsi delle comode menzogne esistenziali per addolcire il triste destino. L’eroe camusiano che incarna la lucidità è Meursault, il protagonista de L’étranger, innamorato della verità a tal punto da morire per essa. Davanti alla morte come ultimo destino, tutte le scelte si equivalgono, essendo l’espressione di un’azione umana inutile e aleatoria.
L’étranger e Le mythe de Sisyphe costituiscono il ciclo dell’assurdo, al quale segue quello della rivolta, composto da La peste e L’homme révolté. La rivolta, dapprima silenziosa e solitaria, diventa ne La Peste solidale: poiché tutta l’umanità condivide il destino di morte, è bene che gli uomini si aiutino vicendevolmente.
Ma per uscire dall’impasse dell’assurdo davanti al quale l’uomo si trova, Camus fa ricorso ai Greci e alla loro lezione principale: il dritto e il rovescio si bilanciano, tutto ha bisogno del suo contrario per esistere. L’autore riesce a trovare nella mesure la giustificazione della presenza del male e dell’apparente insensatezza dell’esistenza umana. La dimensione mediterranea – crogiuolo di etnie e popoli diversi, sintesi di profonde discrepanze – è fondamentale per la risoluzione (che non è mai definitiva) della contraddizione profonda insita nella natura umana. Il Mediterraneo con la sua luce che rischiara le tenebre, senza per questo cancellarle, è la strada che porta l’uomo a le consentement à la terre, all’accettazione della natura e della condizione umana che essa gli ha assegnato e che ha la finitudine come carattere distintivo e non solo come limite: “noi manchiamo soltanto di quella fierezza dell’uomo che è fedeltà ai propri limiti, amore chiaroveggente della propria condizione.” (Noces suivi de l’été, p.139)
È dalla natura che l’uomo riceve un tempo finito da vivere proprio per questo pienamente, quasi con avidità. L’autore capisce, infatti, che la bellezza delle emozioni fugaci sta proprio nella loro breve durata che le rende uniche e preziose.
Quello di Camus è un discorso intorno all’uomo, un faticoso tentativo di ricostruzione dopo le macerie del secondo conflitto mondiale. Per questa ragione è più corretto considerarlo un umanista, uno strenuo difensore dei diritti umani e della libertà. Ecco, possiamo considerare quello di Albert Camus un lungo discorso sulla libertà, libertà di essere sé stessi, libertà dai pregiudizi e dalle schematizzazioni, libertà di vedere oltre le macerie e le nubi minacciose un nuovo sole, quello della rinascita: “Imparavo finalmente, nel cuore dell’inverno, che c’era in me un’estate invincibile.” (Noces suivi de l’été, p. 164)
Così quando il 4 Gennaio di 53 anni fa il fato, guidato o meno dalle sapienti mani del KGB, fece sbandare la macchina dell’editore Gallimard sulla quale viaggiava anche Albert Camus, scomparve l’autore ma non il suo pensiero. Nella tasca del suo cappotto venne ritrovato un manoscritto incompiuto, Le premier homme, pubblicato solo nel 1994 e divenuto il suo testamento spirituale. La morte lo colse di sorpresa ma egli riuscì a sorprendere la morte stessa, consegnandole ancora un’ultima goccia di splendore, parafrasando De André.
Written by Nino Fazio
Alcune citazioni di Albert Camus
“…lui come una lama solitaria e ancora vibrante, destinata a spezzarsi all’improvviso e per sempre, una pura passione di vivere contrapposta a una morte totale, sentiva oggi sfuggirgli la vita, la giovinezza, le persone, senza poter in alcun modo salvarle, abbandonandosi soltanto alla cieca speranza che questa forza oscura che per tanti anni lo aveva elevato al di sopra dei giorni, nutrito oltre misura, preparato per le situazioni più dure, gli avrebbe anche fornito, e con la stessa generosità instancabile con cui gli aveva dato le sue ragioni per vivere, ragioni per invecchiare e morire senza rivolta.” Le premier homme, pp. 306-307
“Altri dopo di noi riceveranno ancora su questa terra il primo sole, si batteranno, apprenderanno l’amore e la morte, acconsentiranno all’enigma e torneranno a casa da sconosciuti. Il dono della vita è adorabile.” La posterité du soleil, p. 64
“Mare, campagna, silenzio, profumi di questa terra, mi riempivo di una vita odorosa e mordevo nel frutto già dorato del mondo, turbato di sentire il suo succo dolce e forte colare lungo le mie labbra. No, non ero io che contavo, né il mondo, ma soltanto l’accordo e il silenzio che fra il mondo e me faceva nascere l’amore.” Noces suivi de l’été, p. 21
“Ci sono parole che non ho mai capito bene, come peccato. Credo tuttavia di sapere che questi uomini non hanno peccato contro la vita. Perché, se esiste un peccato contro la vita, non è forse tanto il disperarsene quanto lo sperare in un’altra vita, e sottrarsi all’implacabile grandezza di questa.” Noces suivi de l’été, p. 49
Bibliografia
A.Camus, L’envers et l’endroit (1937), Paris, Gallimard, 1958;
A. Camus, Le Mythe de Sisyphe, Paris, Gallimard, 1942;
A.Camus, Noces suivi de l’été (1959), Paris, Gallimard, 1972;
A. Camus, Le premier homme (1994), Paris, Gallimard, 2000.