Per spiegare il comportamento di Silvio Berlusconi, fino all’ultimo giorno del suo percorso politico, ci si può affidare a coloro che hanno studiato il potere da vicino. Si incontreranno discorsi su un potere che non è capace di cedere, di cambiare, di fidarsi dell’altro. Un potere che finge e che vede nel solo gesto di passare il testimone un implicito giudizio – sempre negativo – sul proprio operato. Ma questo è il motivo per cui i dittatori non se ne vanno, ma finiscono. Ecco, Silvio Berlusconi non può ammettere di essere il dittatore del PDL, né può finire come un dittatore, ma non può nemmeno ritirarsi, avrà sempre bisogno di essere sulla scena.
Un modo come un altro per dire che in tutti questi anni non ha capito che cosa sia la leadership, né ha compreso la differenza tra “autorità” e “autorevolezza”, entrambe hanno di fronte a sé una parvenza di consenso, la prima grazie all’esercizio del rispetto, la seconda col terrore.
Ci sono quattro libri che possono aiutare a capire che cosa sia il potere, l’autorità e l’autorevolezza nel suo esercizio, in modo un po’ meno paradigmatico di quanto non siamo abituati a immaginare, confrontando ad esempio il finto potere del re di fronte ai propri mercenari, o il potere del capitano di fronte al proprio equipaggio. E poi ci sono libri che parlano di un potere strano, fatto di segmentazioni, delimitazioni, riduzione del divino (e dell’umano) ai termini minimi.
Li elenco qui di seguito, si tratta de “La spedizione verso l’interno (Anabasi)“, un libro che è finito sul mio comodino, rimandendoci da qualche settimana, insieme a Moby Dick di Melville nell’edizione UTET, a “La carta e il territorio” di Houellebecq e alla “Città di Dio” di Agostino, tradotta dallo stesso Carlo Carena che firma la recensione che copio e incollo più in giù, presa dal sito della casa editrice Quodlibet che ha ripubblicato l’opera di Senofonte.
A una prima analisi potrebbe sembrare che questi quattro testi abbiano poche cose in comune. Eppure c’è un tratto che li unisce, secondo me, ed è la ‘piccolezza’ degli uomini rappresentati di fronte al destino che incontrano, che si traduce in grandezza dello spirito nei confronti dello stesso. Ciò tuttavia accade mentre questi uomini non si accorgono della grandezza, e la vivono giorno per giorno, affrontando una sfida tutta personale. Si tratta di libri scritti per un tempo denso, niente affatto particolare, capaci di restituire una dimensione differente, ampliando quello spazio così piccolo tra un secondo e l’altro, fermando lo scorrere dei minuti.
O almeno questa è la mia impressione da lettore.
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Senofonte
La spedizione verso l’interno (Anabasi)
A cura di Dino Baldi
Questo è un grande libro di avventura di duemilaquattrocento anni fa, un grande classico della letteratura greca, scritto dall’ateniese Senofonte, filosofo e soldato. Narra la storia di diecimila soldati greci, mercenari e miserabili, che marciarono per oltre tremila chilometri attraverso l’Asia. Dopo essersi scontrati con un esercito settanta volte più grande, perso il loro condottiero e i loro generali, riuscirono nell’impresa incredibile di far ritorno in Grecia attraversando l’Anatolia orientale, tra fiumi e montagne impervie, popoli ostili e città mai viste, sempre combattendo e marciando, fino ad arrivare al mare.
Il testo è tradotto dal greco con la vivacità dell’originale, in un italiano non scolastico, ed è corredato da ampie note esplicative e dai racconti della spedizione secondo diversi punti di vista: Diodoro Siculo, Plutarco, Isocrate, Giustino e altri.
“La battaglia fra Ciro e Artaserse è stata descritta da molti. Senofonte la racconta non come un fatto del passato, ma come se si stesse svolgendo sotto i nostri occhi, e con la forza delle sue parole trascina il lettore fra le emozioni e i pericoli del combattimento”.
Plutarco
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Torna in un’edizione curata magistralmente da Dino Baldi, il viaggio più celebre della Grecia classica. Scritto in un greco, come diceva Leopardi, «comprensibile a tutti». [Carlo Carena «Domenica - Il Sole 24 Ore» 30-09-2012]
La lettura dell’Anabasi piaceva molto a Italo Calvino. Senofonte, diceva, é un Lawrence d’Arabia e il libro e un Sergente nella neve (definito a sua volta da Elio Vittorini «una piccola anabasi dialettale») e agli altri racconti della ritirata di Russia. Come gli alpini italiani nel ’43, cosi i dodicimila mercenari greci, dopo una guerra vinta ma volatilizzata dalla morte del loro assoldatore, il persiano Ciro rivale del re e suo fratello Artaserse, e l’uccisione dei loro comandanti, si trovano abbandonati a se stessi nella lontanissima Babilonia. lntorno, un mondo oscuro e sconosciuto, clima altrettanto misterioso, giogaie interminabili di alture gelide e fiumi immensi, popolazioni barbare e ostili, soltanto il sole per orientarsi. Barricata come le guarnigioni nel deserto dei Tartari di Buzzati o avanzando dietro guide infide raccattate sul posto, in colonna serrata, a piedi, armi e bagagli e donne al séguito, quella piccola scheggia della Grecia» si avvio in cerca della patria lontana, nell’estate del 401, per un’avventura che sarebbe durata due anni. Senofonte, allora trentenne, era uno di loro. Eletto appunto dopo l’eccidio dei generali a prenderne il posto, li guido e poi, com’e ben noto ai ginnasiali di tutta Europa, ne narro in terza persona l’avventura drammatica in un greco fluido e aureo, da vera ape attica come lo definivano gli antichi, un greco facilissimo dai capire anche per i principianti» annotava Leopardi mentre lo leggeva il dì di Natale 1821. Puntando verso nord, essi attraversarono le vallate del Kurdistan, percorsero le steppe e le montagne tallonati dai nemici e fra continue guerriglie fino in Armenia, senza nemmeno sapere che paese fosse quello lì. Cominciò a nevicare, e comincia il brano famoso che Calvino ammirava: <<La neve ricoprì completamente le armi e gli uomini che dormivano, e imprigiono anche le bestie da soma. I soldati non avevano voglia di alzarsi. Ma Senofonte ebbe la forza di mettersi in piedi, nudo, e comincio a spaccare legna. Ben presto si levo un soldato, poi un altro, che gli tolse di mano la scure e continuò il lavoro, e poi tutti, e accesero un fuoco…». Nelle vallate dell’Armenia la neve era alta un metro e mezzo, la tramontana sferzava i volti e bruciava ogni cosa, i giumenti sprofondavano fino al ventre e gli uomini cadevano ai lati della pista per fame 0 per cancrena e venivano abbandonati al loro destino con gli occhi abbacinati dal biancore e le stringhe e le suole dei calzari gelate intorno ai piedi. Qua e là un villaggio con gli uomini schierati a difesa con armature di pelli e coltellacci, o qualche donna sparuta che attingeva acqua alla fonte e gli abitanti che vivevano in gallerie sotterranee insieme agli animali domestici. Avolte si trattava, a volte si combatteva, si saccheggiava e allora finalmente si mangiava e si beveva.
Come fu come non fu, finalmente, un bel giorno, dall’avanguardia giunta in cima a un monte echeggio un grido incontenibile, gli altri accorsero spingendo su le bestie da soma e i cavalli, e scorsero il mare, all’estremità orientale del Mar Nero. Eressero un trofeo e scesero. Per un greco il mare era come casa sua. E l’Anabasi finisce qui, col quarto libro. Il racconto di ciò che avvenne in séguito, nel prosieguo della marcia lungo il mare e per terra fino a Bisanzio e a Pergamo, dove i dodicimila giunsero in seimila, perde d’interesse di fronte a quest’epica colorita, a questo racconto di situazioni estreme e di stranezze esotiche, da cui un elleno non e meno sconcertato che dalla profondità inaudita dei fiumi o dalla birra che producevano certe popolazioni montane. Come del testo finisce li anche la vita dello scrittore, poi intristita da trent’anni di altre guerre mercenarie e di esilio, coltivando la caccia c rievocando gli anni della gioventù, quando Senofonte era stato allievo di Socrate e avviato alla carriera della filosofia anziché a quella delle armi. La vivacità di quel racconto, sorprendente se si pensa che fu redatto molti anni dopo, e riproposta in una vivace traduzione di Dino Baldi dall’editore Quodlibet in una collana,Compagnia Extra, di fine intuito. Diretta da Jean Talon con Ermanno Cavazzoni, essa annovera – per dirne appunto la “compagnia” libri di Gianni Celati, Il nipote di Rameau tradotto da Frassineti, un Album fotografico di Manganelli, e già del Baldi, una divertente antologia di Morti favolose degli antichi, di cui si occupo anche la Domenica (gennaio 2011). Nel solido volume il lettore trova anche i racconti paralleli dell’impresa dei Diecimila tracciati brevemente da altri storici, Diodoro Siculo nella sua Biblioteca e Plutarco nella Vita di Artaserse. Il primo senza mai accennare all’Anabasi, il secondo senza mai accennare a Senofonte se non una sola volta per l’Anabasi appunto.
Senofonte, La spedizione verso l’interno (Anabasi), a cura di Dino Baldi
Quodlibet, 2012, Compagnia Extra, 120×190, ISBN 9788874624294, pp. 456, € 16,50 (sconto 15%)
(http://www.quodlibet.it/schedap.php?id=2025)