Erano storie leggere leggere che portavano nelle stanzette dei ragazzi scenari e ambienti lontani e diversi: il fast food ad esempio o meglio il family restaurant (da noi si può dire che fatti così non sono ancora mai arrivati). E nessuna eco, o almeno questo è il ricordo, di qualsivoglia conflitto. Il massimo che poteva capitare nella mezz'oretta televisiva era una sfuriata di quel bonaccione di Howard Cunningham (interpretato da Tom Bosley), proprietario di un negozio di ferramenta a Milwaukee, nei confronti di quel 'discolo' (anche il termine è d'epoca) di Richie, un pennellone rosso che poi sarebbe diventato uno dei registi di Hollywood più acclamati, Ron Howard e che infatti dopo sette stagioni mollò il set.
E anche la famiglia era da mulino bianco: Howard era il 'capofamiglia', la mamma Marion (Marion Ross) con i capelli rigorosamente cotonati era ovviamente una casalinga sempre intenta a infornare e poi due figli, il maggiore Richie, la minore Joanie Louise (Erin Moran) che Fonzie prendeva in giro perché troppo magra. Nessun intreccio strano, di quelli cui sono abituati i ragazzini di ora con Violetta. Il gruppetto dei ragazzi con Ralph Malph (Donny Most), Potsie (Anson Williams), Chachi (Scott Bajo) si frequentava ogni giorno da Arnold's, hamburger, patatine e coca cola, poi il juke box e i primi amori. La serie guardava al passato, come al cinema facevano American Graffiti e Grease. Fuori la porta di casa c'erano gli anni di piombo, in tv le gonne a ruota e il rock 'n roll dei Giorni Felici. "Sunday, Monday, Happy Days..."