Una ragazza assurge a simbolo della frustrazione per una vita precaria, della ricerca disperata di un lavoro, di un giustificabile egoismo per ottenerlo, di una sofferta routine per conservarlo. “Mi chiamo Rosetta e ho trovato un lavoro” dice. Ma non può avere molto altro da dire, perché solo lei sa quanto ci si debba sacrificare per badare e per bastare a se stessi. Ma ora lo sappiamo anche noi.
Rosetta, in 400 colpi (di tastiera)
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