Tralasciando le opinioni non condivisibili su cosa voglia dire avere una fede e perderla (“provo a non essere un uomo che giudica”, aveva pure detto il prete…), è una storia toccante che parla di un prete che comprende la natura umana meglio dei suoi simili, proprio perché ha avuto il tempo di viverla, di avere una figlia. E che fa una fine fascista, da sfortunato rappresentante di una categoria.
Calvary, in 400 colpi (di tastiera).
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