Ieri lo spread tra il btp decennale italiano e il suo corrispettivo tedesco è risalito oltre i 400 punti, un livello che sembrava ormai allontanatosi definitivamente, anche perché in tanti, a cominciare del premier Mario Monti, si erano detti convinti che ormai il differenziale non poteva che scendere, almeno sui 280 punti.
I mercati finanziari hanno però ancora una volta confermato che nessuno è così esperto da poterne prevedere i corsi futuri, facendo di nuovo sprofondare le borse e rialzare gli spread tra i titoli di stato, smentendo ogni previsione ottimistica.
Sembra piuttosto deluso di questo soprattutto il nostro presidente del consiglio, che assicura comunque che non sono previste (nuove) manovre aggiuntive, nonostante da mesi il btp italiano rimanga oltre i 340 punti giudicati il punto critico da non superare.
Secondo Monti la responsabilità del nuovo momento di difficoltà dei mercati finanziari sono legati a motivi esterni, come la difficile congiuntura spagnola, e alle dichiarazioni della presidente uscente di confindustria Emma Marcegaglia, che ha criticato la riforma del mercato del lavoro appena licenziata dal governo tecnico da lui presieduto.
A quanto pare nemmeno lo sfiora che durante i quattro mesi del suo governo tutto è avvenuto tranne che l'economia nazionale abbia cominciato a riprendersi e francamente è veramente arduo sperare che possa farlo nei prossimi, se nessun reale provvedimento in grado di stimolarla è mai stato, non dico messo in atto, ma addirittura pensato.
Che le cose non vanno così tanto bene come certe dichiarazioni ottimistiche del premier, che durante il suo ultimo tour in giro per il mondo aveva parlato di un Italia ormai fuori dal baratro, sembra essersene accorto perfino Re Giorgio, che da responsabile numero uno dell'avvento dei "tecnici" al governo, forse si sente un po' responsabile del loro eventuale fallimento.
Napolitano si è finalmente accorto che il governo nulla ha fatto per affrontare i veri grandi problemi che zavorrano da decenni l'economia italiani: l'eccessiva pressione fiscale, divenuta ormai insostenibile, e gli enormi spechi della della spesa pubblica.
Per fortuna di Monti e del suo governo però, i giornali che lo appoggiano continuano a farlo, incuranti di quanto avviene nel mondo intero, dove tutte le economie di quelli che erano definiti "i paesi avanzati" soffrono la crisi e le ricette imposte dagli organi finanziari internazionale, Fmi e Ocse, si dimostrano ancora una volta capaci solo di aggravare la situazione invece che alleviarla, e si rallegrano del rialzo delle borse odierne, che è probabilmente solo il rimbalzo atteso dopo una serie di ribassi di cui quello di ieri è stato solo il più clamoroso.
Eppure nemmeno i fedeli quotidiani possono troppo dissimulare il panorama tenebroso che si staglia davanti all'Italia e al mondo intero (perché le decisioni essenziali da prendere sono globali, che anche le più grandi economie non possono da sole invertire il corso della depressione mondiale) e, pur disseminando le notizie in modo casuale, mettendole in sottordine agli scandali della politica nostrana, fanno capire come tante delle giustificazioni portate dal governo sui provvedimenti presi e da prendere sono non fondate.
Una notizia che, per esempio, fa capire come l'art. 18 c'entri poco con la paura delle imprese straniere a investire in Italia è quella che il colosso Svedese Ikea ha deciso di spostare la produzione di mobili in legno dall'Asia proprio in Italia, a testimoniare come in presenza di un'adeguata offerta di qualità e di un costo del lavoro accettabile gli investimenti stranieri arrivano.
Come tante volte abbiamo letto, detto, scritto e ripetuto, sono ben altri i nodi che il governo Monti dovrebbe sciogliere per slegare l'economia italiana dal torpore in cui è caduta: semplificare gli adempimenti burocratici, abbassare il costo del lavoro, investire in ricerca e qualità. Le risorse necessarie posono essere trovate attraverso il taglio degli sprechi nella pubblica amministrazione, cominciando col riformare la struttura stessa dello Stato e con l'abolire tutte quelle forme di finanziamento della politica che in modo diretto o indiretto vanno a finire nei forzieri dei partiti e alle più varie e sconosciute fondazioni e associazioni a loro collegate e da quelli poi a chissà chi. Ma è pure facile comprendere, da quello che sta accadendo in parlamento, che Monti a questo nemmeno ci pensa, preoccupato com'è di seguire il dettato ricevuto dai suoi referenti, i centri finanziari internazionali.
Aspettiamoci dunque altre giornate di crolli borsistici, di risalite dello spread e "grandi preoccupazioni", perché nulla può cambiare, come non è cambiato in questi mesi, se non si vanno ad affrontare i problemi alla radice.