44. Fiches

Creato il 18 gennaio 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su gennaio 18, 2012

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- Sei sicuro che funzioni, Marius?
- Non sbaglio mai.
- E com’è che sei in bolletta?
- Spendo troppo.
- Non me la conti giusta.
- Fidati.
Devo essermi bevuto il cervello: possibile che per scrivere due righe debba rischiare la vita e la reputazione? Eppure mi affascina l’idea di mettermi alla prova; l’eccitazione arriva alla punta della dita: una rapina! chi l’avrebbe detto? Magari sono meno sedentario di quanto pensassi. Per conoscersi bisogna lanciarsi, sondare l’ignoto, solo così il romanzo prende forma: se decidi di uscire da te stesso.
- Fidarsi: una parola. E se qualcosa andasse storto?
- Si vede che sei un signorino di città: non leggerei mai un tuo libro.
Ecco, ha ragione: che potrei raccontare continuando a stare chiuso nella stanza? Ormai sono qui, sarei ridicolo se rinunciassi all’ultimo momento. E poi, come reagirebbe? Potrebbe ammazzarmi.
- Come fai a giudicare, se non li hai mai letti?
- I libri li leggo guardando in faccia lo scrittore: se non mi piace, non mi piace neanche il libro.
- Sistemi strani: valgono anche per i furti?
E’ un primitivo: avrà pensato agli intoppi possibili? Sarà stato previsto un numero sufficiente di evenienze, in quella testa pelata? Ricordo quando, con mio fratello, facemmo una sortita al negozio di alimentari sotto casa: papà ci corse dietro fino alla porta della stanza, ma riuscimmo a barricarci e a rimanere lì finché non fu stanco di aspettare. Con la polizia sarà diverso.
- Valgono per tutto: vengo sempre a studiare le facce, per vedere come andrà.
- Sei un tipo originale. Quando si comincia?
La giustizia non perdona. Quanti anni si rischiano per un reato come questo? Reato? In che pasticcio mi sto cacciando??
- Adesso.
- Potresti tenermi più aggiornato.
Non sono mai entrato in un posto come questo: gente che gioca ai tavoli, costruisce pile con le fiches, si guarda intorno come per leggere il futuro nella faccia degli altri (anche loro: è un metodo diffuso). Controllori e inservienti sono attenti a ciò che accade nella sala: avrà pensato a come eludere la loro sorveglianza? Qualcuno parla al telefono: che abbiano fiutato il pericolo e stiano già chiamando i poliziotti?
- Vieni!
E’ veloce: s’infila tra la folla e si dirige verso l’atrio. La gente, a gruppi, si alza in piedi: che sta succedendo? Quelli delle fiches si girano, senza riuscire a staccare le mani dalle pile; chissà che puntate hanno fatto e il denaro vince la paura.
- Sbrigati, stammi vicino, deficiente!
Il caos è totale; giocatori e spettatori corrono qua e là cercando il posto più sicuro. Penso a una gita in montagna in cui dovevo stare attento ai passi falsi, alle voragini nascoste dalla nebbia. Era bello sentirsi così in alto, vicino al paradiso.
- Ti ho detto di sbrigarti!
Ora sembra una gara da ballo: la pista è invasa da concorrenti scatenati, lanciati in passi inediti, dettati dal terrore, o da un’eccitazione simile a quando la pallina gira, gira in senso contrario al piatto vorticante.
L’atrio è gigantesco; Marius raggiunge il tavolo della reception, afferra i registri e li scaglia contro gli impiegati. Urla: fuori i soldi! Quelli si affrettano a consegnare una borsa di colore scuro.
- Fai casino anche tu!
Mi metto a gridare, non so cosa. La sua mole enorme caracolla come una frana in direzione dell’uscita, continuando a lanciare oggetti contro i commessi spaventati.
- Via, andiamo via!
Berlino è un rimbombare di passi affannati, un respiro che scoppia nei polmoni, una ragazza dagli occhi sgranati che ci fissa chiedendosi qualcosa.


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