Tra i tanti recuperi pre-Oscar di cui riesco a parlare solo ora c'è stato anche 45 anni (45 Years), diretto e co-sceneggiato dal regista Andrew Haigh a partire dal racconto In Another Country di David Constantine.
Trama: Kate e Geoff stanno per festeggiare i quarantacinque anni di matrimonio quando lui riceve una lettera dalla Svizzera, nella quale c'è scritto che la sua fidanzata di un tempo, annegata in un lago di montagna, è stata ritrovata perfettamente conservata nel ghiaccio. Vecchie ferite mai sanate cominciano a riaprirsi...
Io sono una di quelle donne atipiche che non hanno mai potuto soffrire le storie d'amore, scritte o filmate. Intendiamoci, sono la prima a piangere davanti ad un vulcano che, poverello, non trova la sua vulcana oppure ad impelagarmi in stupidi shipping all'interno di film, serie TV, comics o manga, tuttavia non ho mai potuto soffrire le storie interamente imperniate su fidanzamenti, matrimoni, colpi di fulmine. Non a caso sono rimasta single per decenni. No, non solo per via del mio aspetto diversamente bello ma anche per questa mia fondamentale insensibilità refrattaria all'aMMore, povero Bolluomo. Questo per dire che ho fatto un po' fatica ad arrivare alla fine di 45 anni, nonostante questo film non sia propriamente una storia d'amore bensì la storia della FINE (o di un NON-INIZIO) di un amore. Il fatto è che io a Geoff, marito fondamentalmente freddo come solo un inglese può essere, avrei spaccato la faccia a due minuti dall'inizio della pellicola, poi mi sarei messa a scrollare Kate urlandole in faccia "SVEGLIAAAAA!!!!", maledicendola ogni secondo per non aver capito di essere sempre stata il rimpiazzo di una donna morta. 45. Anni. Di. Sopportazione. Passati con uno che non vuole avere figli, che non fa foto alla moglie perché "uuh, credevo non ti piacesse" (però della ex ne ha parecchie nascoste in soffitta), che al primo incontro con la futura sposa ha già messo le mani avanti parlando dell'amore della sua vita, morto in tragiche circostanze, con uno a cui basta una lettera per uscire di testa e ripiombare in questi ricordi d'amor perduto. E la moglie che fa? Sì, un po' s'arrabbia ma, insomma, sono passati 45 anni. Somatizza tutto con rabbia, rinchiudendosi in devastanti silenzi, avvelenandosi con la dolorosa consapevolezza che mentre suona Smoke Gets in Your Eyes dei Platters e il marito piange come un vitello dopo averle lanciato una Fatality sottoforma di commovente discorso, i pensieri dell'uomo non sono per lei ma per l'altra e per quelle due vite spentesi in un lago svizzero. Sono ancora troppo giovane? Non posso capire le implicazioni di un legame come il matrimonio? Può essere ma giuro che guardando 45 anni non mi sono sentita coinvolta neppure una volta da questo gioco di disperato silenzio e ancor più disperata routine matrimoniale.
Che poi, intendiamoci, non mi avrà toccato il cuore ma 45 anni è un bel film, lo riconosco. Charlotte Rampling e Tom Courtenay sono mostruosi, due giganti che si confrontano nel modo più doloroso possibile, palleggiandosi segretucci e mezze verità, e sono perfetti nell'incarnare non solo questo legame pieno di contraddizioni ma anche un modo malinconico e tristemente "senile" di affrontare la vita e i suoi problemi in un momento in cui si spererebbe solo di stare tranquilli e crogiolarsi nelle incrollabili certezze di un'esistenza ormai al tramonto. L'atmosfera della vicenda riverbera alla perfezione nel paesaggio brullo di una campagna inglese che in una settimana pare percorrere tutte le stagioni, come se i 45 anni di matrimonio si sfaldassero addosso ai protagonisti, e nella triste quiete di un tipico paesino britannico, di quelli che quando ti ci fermi per caso ti chiedi come diamine facciano gli abitanti a vivere lì senza provare il costante desiderio di impiccarsi. Allo stesso modo, il ritmo della pellicola è lento, interamente costruito su un'alternanza di dialoghi o episodi a loro modo rivelatori e silenzi ancor più espliciti, durante i quali la cinepresa indugia sui gesti e gli sguardi dei protagonisti come se volesse penetrare l'intimità di questo matrimonio apparentemente perfetto e, soprattutto, dei complessi sentimenti di Geoff e Kate. Non che i miei sentimenti verso 45 anni siano meno complicati, come avete potuto vedere. Ripensandoci e scrivendone mi rendo conto che la pellicola di Andrew Haigh mi è piaciuta più di quanto credessi, tuttavia le sensazioni riportate sullo schermo sono troppo distanti dalla mia esperienza di vita per poterle apprezzare appieno. Chissà, magari potrei riprovare tra una trentina d'anni. Se invece leggendo il post voi avete colto qualcosa che potrebbe interessarvi non aspettate così tanto e recuperate questo film prima di soccombere ai problemi della vecchiaia.
Di Charlotte Rampling (Kate Mercer), Tom Courtenay (Geoff Mercer) e Geraldine James (Lena) ho già parlato ai rispettivi link.
Andrew Haigh è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha diretto film come Weekend. Anche produttore, ha 43 anni e un film in uscita.