Magazine Cinema
La trama (con parole mie): Kai, un mezzosangue in fuga sbucato dal nulla, è accolto da Lord Asano, un signore del Giappone feudale, e cresciuto da quest'ultimo come un figlio accanto alla sua stessa erede Mika. Anni dopo, divenuto uomo, Kai assiste alla caduta del suo signore, ingannato dal senza scrupoli Kira, che ha al suo servizio una strega ed un soldato di enormi e terrificanti dimensioni. Divenuto un ronin, "senza padrone", Kai si rifugerà nella parte oscura della sua Natura fino a quando Oishi, comandante dei samurai di Asano, non radunerà i suoi vecchi compagni e si prodigherà per cercarlo in modo da soddisfare la sete di vendetta dei quarantasette guerrieri figli dei territori occupati nel frattempo da Kira.La lotta dei ronin contro l'usurpatore metterà sul piatto non solo la salvezza e la libertà delle terre contese, ma anche la vita dei suoi stessi protagonisti, che pur di fronte al successo potrebbero essere giustiziati dallo Shogun per aver infranto la legge.
L'antico Giappone, con i suoi spiriti, le leggende ed i reali accadimenti legati all'affascinante epoca feudale, ha da sempre esercitato un fascino notevole sull'Occidente fin dai tempi della sua riscoperta, e per il Cinema - nipponico e non - ha rappresentato una miniera d'oro di idee e rappresentazioni seconda, forse, soltanto a quella della Frontiera del West.Dai Classici "di casa" firmati Kurosawa fino alle strizzate d'occhio hollywoodiane - L'ultimo samurai, su tutte -, senza dimenticare le perle d'animazione dello Studio Ghibli e tutto l'immaginario legato al Fumetto, il mondo dei samurai ha aperto le sue porte al pubblico senza, di fatto, passare mai di moda, finendo per essere addirittura contaminato da generi paralleli come il pulp - ci riuscì con risultati più che discreti RZA lo scorso anno, con L'uomo dai pugni di ferro -: la storia dei quarantasette ronin, una vera e propria istituzione della Storia giapponese - che ammetto di aver riscoperto giusto in occasione di questa visione -, si inserisce perfettamente in questo contesto, e seppur rivisitata con un gusto, un piglio ed inserimenti - la figura del mezzosangue interpretato da Keanu Reeves - tipicamente a stelle e strisce continua a mantenere intatto il fascino che stregò perfino un Maestro come Kenji Mizoguchi, che nel millenovecentoquarantuno regalò al Cinema la sua interpretazione della vicenda, anticipando di fatto quelli che sarebbero stati I sette samurai firmati dal già citato Kurosawa.Ora, rispetto ai lavori di questi grossi calibri della settima arte, 47 ronin risulta poco più di una robetta fantasy dal gusto esotico pronta a lasciare in bocca il sapore del dubbio rispetto ad un esperimento "fusion" nello stile di quei ristoranti jappo soltanto per insegna e design: eppure il lavoro dell'onesto mestierante Carl Rinsch, praticamente uno sconosciuto, non sfigura troppo, e per essere un fumettone dalle aspirazioni mangiasoldi figlio della grande industria hollywoodiana evita con discreta perizia almeno le trappole più grosse celate da queste occasioni.Nonostante, infatti, la tipica aura da "onore o morte" figlia dei dettami del Bushido - un pò troppo spesso, nel corso del tempo e dalle culture lontane dall'Oriente, presa alla lettera o deformata -, la retorica è tenuta a bada da uno script tutto sommato sotto le righe, che trasforma esempi splendidi come quelli forniti dai due ottimi lavori di Miike 13 assassini e Death of a samurai in un giocattolo senza pretese ma con una discreta onestà di fondo, che ricorda un certo tipo di manga figli degli anni novanta - o al massimo dell'inizio del Nuovo Millennio - ed unisce questi ultimi proprio al gusto sopra le righe che soltanto i nipotini di Zio Sam conoscono così bene, trasformando una storia di vendetta low profile nella consueta battaglia che mescola amore - fortunatamente non coronato, e scusate lo spoiler -, ribellione rispetto al potere costituito ed una volontà ferrea annunciata a gran voce in uno scontro finale che è tipico dei film fracassoni, e che di fatto rappresenta la parte meno riuscita della pellicola - insieme alla parentesi dedicata ai Tengu, creature magiche figlie della mitologia locale, a mio parere mal rappresentate in termini di effetti e trucco -, più interessante nei momenti legati alla fratellanza tra compagni di lotta e all'evoluzione del rapporto tra Kai, di fatto un reietto della società, ed il resto dei ronin, divenuti reietti a seguito del tradimento subito dal loro Signore, che a sua volta fu disposto ad accettare un destino avverso.In questo senso risultano interessanti le riflessioni nate a proposito delle scelte di questi guerrieri unici, che ancora oggi riescono ad affascinare platee di tutto il mondo e figlie di culture anche diametralmente opposte alla loro - americani in primis -, così come il modo in cui il pubblico giapponese potrebbe guardare ad un prodotto di questo tipo, figlio di una storia profondamente radicata nel suo Paese eppure interamente prodotto e recitato - perfino dagli attori nipponici - come un titolo made in USA a tutti gli effetti.Ma non vorrei dare una profondità eccessiva a quello che, di fatto, resta un divertissement senza pretese: godetevelo senza troppi pensieri, perchè in fondo non tradisce troppo la sua Natura e riesce a rendere il genere perfino più sopportabile di quanto non si possa credere anche rispetto a chi non ne è di certo avvezzo.Un pò come trasformare un gruppo di disprezzati "senza terra" in nobili esempi cui viene reso omaggio ancora oggi ogni anno.
MrFord
"You'll die as you lived
in a flash of the blade,
in a corner forgotten by no one
you lived for the touch
for the feel of the steel
one man, and his honor."Iron Maiden - "Flash of the blade" -
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