47 Ronin [Recensione]

Creato il 21 marzo 2014 da Paopru

Presentato come un film di medio livello con tiepidi applausi al festival di Venezia 2013, con nasi arricciati da parte dei critici e pochi pollici in su del pubblico mainstream, 47 Ronin non è di certo uno di quei film che vai a vedere con grande entusiasmo. E’ una questione di curiosità a spingerti al cinema, imbonito dai trailer molto fracassoni e lo stile esotico da Giappone del tardo medievo. Sono le scarse aspettative che spesso contribuiscono a regalarci due ore di pura empatia cinefila, quei momenti in cui stacchi il cervello e ti fai trasportare dalle immagini e dal sonoro. Vedere il film è stato come assistere a un live action del manga Inuyasha, ove i demoni che abitano le foreste sono tanto reali quanto i samurai che difendono i reami dalle minacce dell’oscurità.

Il film narra quella che in giappone è forse la più famosa e ricordata storia di vendetta e onore. La storia dei 47 Ronin, samurai rimasti orfani del proprio padrone (Asano Naganori), il quale fu costretto a togliersi la vita tramite il rituale del seppuku in conseguenza dell’aver recato offesa al maestro di protocollo dello Shogun, Kira Yoshinaka. I ronin, considerati senza onore, decisero di vendicarsi contro colui che aveva causato la morte del loro signore, contravvenendo al divieto vendetta dello stesso Shogun. Ucciso Yoshinaka, ai ronin fu riconosciuto il merito di essersi comportati secondo le leggi del bushido, e dunque venne loro concesso il privilegio di morire tramite il seppuku, per conservare l’onore riservato ai samurai.

Questa storia, è la base del film con Keanu Reeves, il quale nel film recita la parte miserevole di un mezzo-sangue addestrato da una società di demoni dall’infanzia fino all’adolescenza. Riuscito a fuggire, sarà arruolato con un basso rango nel clan di samurai al servizio di Asano Naganori, innamorandosi di sua figlia, nonchè l’unica a vedere in Kai (Reeves nel film) un uomo buono e non una minaccia. Inutile dire che sarà l’unica e ultima speranza per i ronin in cerca di vendetta contro Kira e la perfida strega che lo fiancheggia, mutaforma capace di assumere molte sembianze e in grado di praticare la più pregiata magia nera.

I colori, i costumi, i rituali e i fondali sono elementi che ti costringono a una calda immersione nel Giappone dei primi del ’700, con un realismo e un’accuratezza nella rappresentazione che supportano il film nel suo processo di credibilità. Una credibilità che non pretende di trasformare il film in un documentario poichè con un uso massiccio della computer grafica si è cercato (con successo) di portare alla luce alcune curiose creature dai colori sgargianti e i tratti demoniaci, tipiche di qualsiasi amine giapponese recente. Keanu Reeves non brilla per solidità della sua performance e forse stona anche un po nel vederlo appaiato ad un gruppo di uomini molto più bassi di lui (i giapponesi sono bassi per natura) in vesti diverse da quelle a cui ci ha solitamente abituato. A tratti molto lento e forse anche un po noioso, si riserba di concentrare l’azione solo in alcuni precisi momenti, con un finale forse un po troppo sbrigativo e non all’altezza delle aspettative costruite in tutti i primi 70 minuti della pellicola. In particolare lo scontro tra Kai e la strega tramutatasi in feroce drago è uno scontro pacchiano e senza troppi colpi di scena. Sarebbe stato più accettabile se maggiormente coreografato, dato che era una delle scene madri tanto pubblicizzate nei trailer. Un film che avrà pure qualche pecca ma che ha due meriti: una storia fresca e lontana dai soliti clichè hollywoodiani nonchè la forza di riuscire a farti dimenticare per due ore che sei seduto nella poltrona di un cinema.


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