Non siamo autoreferenziali, ma l'esperienza merita di essere raccontata. Cinque campi da rugby? Dove? Nel parco che circonda il college dove il sottoscritto ha sostato per quasi tre settimane. Dunque, ricapitolando: calcio (con pure tre da calcetto in sintetico perché l'erba naturale evidentemente alla lunga stanca), tennis, cricket, atletica e cinque, cinque campi da rugby, uno dietro l'altro. In salita, in discesa, un po' in salita, un po' in discesa. Pure la meta all'angolo, come si suol dire, nel senso che all'angolo sorgeva una quercia enorme e quindi uno lì deve fermarsi se non vuole finire con la testa a forma di bernoccolo unico e continuo. Poi accade che, passeggiando fuori dalla palazzina, si incroci un energumeno con i panni sporchi da portare a lavare. Due chiacchiere: il tipo capisce al volo che Ringo è un volto nuovo, lui al contrario abita all'interno del parco. E' l'allenatore delle squadre di rugby del college. Appena rientrato dal Sud Africa dove i suoi ragazzi sono volati in trasferta per una serie di tornei. L'Under 15 e l'Under 18, per la cronaca, si sono pure imposte nel torneo Schools' Rugby organizzato dal tabloid nazionale Daily Mail.
Dice il buon Vittorio Munari che gli inglesi per certe cose sono da prendere a ciabattate, per altre insomma no. Perché non si può pretendere di porre rimedio ai costi della sanità facendo pagare nove quids un pacchetto di sigarette se poi la dieta nelle scuole contribuisce a far ingrassare i piccoletti - e non si può nemmeno trascorrere una mattina intera al Norfolk and Norwich University Hospital perché un gnaro si è fatto male al terzo dito del piede destro giocando a pallone sulla spiaggia di Southwold. Quindi saltano fuori cinque campi da rugby - e il resto degli impianti a fare da cornice, certo spartani, ma è la sostanza che conta, alla fine - e non è che il Norfolk sia tra le regioni inglesi ai vertici del movimento d'Oltremanica. Una delle teacher piuttosto spillava birra allo stadio dei Worcester Warriors perché casa sua sorge a due passi dall'impianto.
"Prof, quando giochiamo a rugby?". Va bene, appuntamento alle cinque sul campo? Quale? Uno dei tanti. Si passa nella staff room per chiedere il materiale e si esce con una sacca piena di palloni, coni, pettorine. Il sole splende in un cielo azzurro immacolato, dopo giorni d'acqua (da quella grossa grossa che ti ammacca a quella fine fine che ti punge, direbbe Forrest Gump), la temperatura è gradevole, il tempo di spiegare le regole basi e il concetto di sostegno - e ai più piccoli di mirare alle gambe e alle caviglie per abbattere i più grandi, dal momento che il touch viene bandito dalla volontà popolare seduta stante -, la festa ha inizio. E Ringo va pure in meta dopo aver contribuito a quella precedente con un off load alla SBW Williams. La mattina successiva, altra storia. Tutta un'altra storia. E il fegato non c'entra nulla.