Per la rubrica “5 libri da leggere“, questa volta abbiamo chiesto ad Angelo Orlando Meloni, autore di Io non ci volevo venire qui, già recensito sulle nostre pagine, di scegliere cinque libri che ritiene essenziali per la sua formazione, cinque titoli che, in definitiva, sente di poter consigliare ai nostri lettori. Ringraziando Angelo per la sua disponibilità, vi proponiamo di seguito il suo interessantissimo e (ovvio) divertente intervento.
Sotto l'ala dell'angelo forte
Angelo Orlando Meloni Scegliere cinque libri da leggere. Cinque. Libri. Formativi. Bell’impresa, viene voglia di indicarne cinquanta o forse nessuno, o forse cinque libri inesistenti o cinque che devo ancora leggere e tutti mi dicono di dover leggere a tutti i costi. Per quel che vale, e procedendo con cipiglio pseudoscientifico, faccio partire la scrittura automatica e vediamo un po’ cosa mi suggeriscono il principio del piacere e il sacro caos che governa il cosmo. A occhio, saranno romanzi “deformativi”, pieni di inventiva e con una scrittura viva, pulsante, stimolante.
Dunque, il primo romanzo di “sformazione” che recupero rovistando tra ricordi impolverati e impolveratissimi è Sotto l’ala dell’angelo forte di Jerzy Pilch. Pubblicato cinque-sei anni fa e passato sotto silenzio, più o meno. Ed è un peccato, perché oltre ad avere una copertina succosissima è un vero gioiellino ambientato in un centro di recupero per alcolizzati che appena finite le loro cure e il soggiorno terapeutico, prosciugati di ogni umore come fossili, si fiondano immediatamente a bere. Alcuni non passano neanche a casa dalla clinica, da cui, manco a dirlo, fanno va e vieni. Un romanzo esilarante e tragico allo stesso tempo.
Dagli sbandati ubriachi di Jerzy Pilch al capolavoro alcolico Tra Mosca e Petuski di Venedikt Erofeev il passo è breve. Un romanzo densissimo che gronda genialità a ogni riga. Incredibili i cocktail inventati da Erofeev, come la “trippa di cane” a base di shampoo “Sadko ospite di lusso”, birra di Zigulì, soluzione antiforfora, deodorante per piedi e antiparassitario. Ma oltre che una serie allucinante di cocktail, manco a dirlo, in questo libro c’è molto di più, a voi scoprirlo, qualora non lo abbiate letto, o qualora vogliate rileggerlo (cosa che farò molto presto).
Alt, attenzione, si accende una lampadina e arriviamo al terzo titolo: Comma 22 di Joseph Heller, che non ha niente a che fare con i primi due, o forse sì, i percorsi narrativi sono soliti incrociarsi a casaccio infischiandosene del piano regolatore. Quando ero un ragazzino pigliavo la mia copia di Comma 22, la sfogliavo, mi dicevo “bah” e la posavo. Ho fatto così per anni, rileggendo sempre e solo il primo capitolo, forse perché il libro è lungo, ma finalmente un bel giorno in cui la noia e il palinsesto televisivo mi stavano mandando ai matti cominciai a leggerlo con attenzione, saltando il primo capitolo, che conoscevo a memoria. Da allora è diventato uno dei primi libri a cui penso quando mi chiedono di pensare a un libro, e a volte ci penso e basta senza che nessuno me lo chieda. Mi ricordo di Nately, di Yossarian, di Orr e delle sue misteriose mele e rido da solo. Come un fesso, ma un fesso felice. Diciamo che Comma 22 è la letteratura in una delle sue incarnazioni, o impaginazioni, più goduriosa che mi sia mai capitato di avere sott’occhi. La satira antimilitarista di Heller non perde un colpo e la galleria di personaggi che popolano il romanzo è indimenticabile.
Le due zittelle
Come quarto titolo cito Le due zittelle di Tommaso Landolfi, con la scimmietta protagonista del romanzo che in questo nostro giochino la spunta sul Perelà di Palazzeschi e su Zeno di Italo Svevo (no, non vale, fate come se non li avessi citati, non contano). Lo stolido quadrumane è viziato dalle “zittelle” del titolo e costretto a vivere in una gabbietta, conducendo un’esistenza miseranda, rabbrividisco, asfissiato da chissà quante insopportabili moine e coccole, ma ce ne riserverà una mica male, un vero colpo da maestro.
Infine, in questa galleria di “sformazioni” variamente assortite, ecco il quinto titolo: Lo stagno di fuoco di Daniele Nadir. È un fantasy, ma senza streghe, fate, elfi e draghi e privo di tutto quell’armamentario semantico fitto fitto di vocaboli affilati come “ghermire”. Lo stagno di fuoco è la storia di quello che accade alla fine della storia, dopo il giudizio universale. Comincia dalla fine, in una terra desolata, è il caso di dirlo, in cui alcuni uomini e donne e un paio di arcangeli e altre entità celesti si ritrovano a cose fatte, abbandonati da Dio dopo che Dio ha preso con sé gli eletti e condannato gli altri, tranne loro, alla dannazione eterna. A quel punto comincia un’avventura lunghissima, ambientata all’inferno, alla ricerca di alcune anime che i nostri hanno assoluto bisogno di ritrovare e in qualche modo salvare per salvare loro stessi. È un romanzo ricchissimo, ambizioso e coraggioso, forse non esente da qualche difetto, ma libri del genere ce ne sono pochi, in giro, e in più Lo stagno di fuoco ci regala uno sviluppo narrativo esaltante, raccontandoci la storia della più grande rivolta di tutti i tempi. Leggetelo e poi parliamone di fronte a una birra, e che a nessuno venga in mente di ordinare un cocktail di Venedikt Erofeev.
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