50 sfumature di arancione

Creato il 23 dicembre 2012 da Albertocapece

Viva Ingroia mi è venuto da dire nei giorni scorsi, quando venivano avanzate perplessità sul fatto che un magistrato si candidasse alla guida di un movimento politico. Per carità, tutte sottili disquisizioni, ma insomma in un  Parlamento che ha una popolazione più simile a quella di Alcatraz che non alla media della popolazione, dentro un paesaggio di conflitti d’interesse intricati come rovi, ruberie, bassi servizi, immersi in un pensiero rozzo o costruito con feticci disseccati, frastornati da torsioni  costituzionali quotidiane, ad averne di Ingroia. Ma capisco bene che dentro il pensiero unico dove sono soltanto gli interessi materiali ad essere autorizzati alla discesa in campo, le sottigliezze sulla neutralità del magistrato (ma la legge non è mai neutrale) sembrano un ancoraggio piccolo borghese, la difesa dei ninnoli mentre ti svaligiano la casa.

Pazienza l’Italia è fatta così, ama la formalità purché non sia sostanza. Dicevo evviva prima che emergessero tentazioni di aprire un rapporto col Pd , per quanto nei fatti impossibile, visto che i santini di Napolitano e Monti non si toccano nel reliquario democratico. Non tanto per Ingroia in sé quanto per i compagni di strada presenti al Capranica: Di Pietro, Diliberto, Bonelli, Ferrero, tutti salvo l’ultimo, possibilisti per le alleanze, interessati al Parlamento a una nuova stagione di protagonismo o comunque a salvare gli scheletri di vecchie elite da sempre sconfitte sul piano tattico e strategico. Per questo dico viva Ingroia purché non si faccia trascinare dentro queste logiche.

Se questa terza gamba del quarto polo (le altre due sono gli arancioni di De Magistris e Cambiare si può) dovesse starci, pretendendo però un sorta di ruolo guida ci si troverebbe immediatamente dentro un cul de sac  dove ai piccoli interessi si sommerebbe il peso di una storia nefasta di infinite divisioni. Lo spirito referendario che pretende la partecipazione dei cittadini e delle comunità alla scelte, così come quello della Costituzione che fonda sul lavoro e sui diritti la partecipazione democratica sono oggi rivoluzionari rispetto alla fase del capitalismo finanziario e alla sua “accumulazione primitiva” che si fonda proprio sulla spogliazione del concetto di bene comune , di proprietà pubblica, di diritto, ordinando tutto sul profitto. che non è più solo il plus valore sul lavoro, ma sull’intera società.

Tutti devono starci alla pari senza la pretesa di essere depositari della verità, ma con la volontà di essere custodi della speranza in una società alternativa e radicalmente differente. Questo è ciò che non va stemperato pensando da subito ad alleanze improprie, non perché il Pd abbia la peste, anche se il bacillo Monti è causa di gravissime disfunzioni, ma perché ormai aderisce al disegno del capitalismo finanziario, pensando secondo linee già fallite da un quindicennio, di poterlo in qualche modo temperare. Certo ancora negli anni ’90 sarebbe stato impensabile considerare rivoluzionaria la Costituzione, mai realizzata e ora manomessa. Però oggi la battaglia è questa e vanno radicalmente reinventati i metodi di lotta per rappresentare un nuovo pensiero in rotta di collisione con il vecchio in nome di principi non contrattabili.

E vedete nulla è più concreto in questo momento che conservare qualche utopia.


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