Anastasia (chiamata da tutti profeticamente Ana) è carina e intelligente ma goffa e imbranata.
Grey (grigio come il suo animo e come i suoi abiti) è bello e intelligente, ricco sfondato, super dotato, suona il pianoforte (rigorosamente a coda) guida di tutto ed ha la resistenza di un mandrillo (che palle)
Nella vita reale non si incontrerebbero mai.
In un racconto animato da un po’ di fantasia forse sarebbe lei a dominare lui, ad usarlo e sfruttarlo fino a distruggerne l’ego già traballante e dilapidarne il patrimonio.
E invece no!
Si incontrano, lei si innamora, lui le propone un contratto di sottomissione e fanno sesso per tutta la durata (eccessiva) del libro. Un milione di pagine (tante mi sono sembrate, in ogni caso troppe) in cui gli occhi penetranti di lui, le codine da verginella di lei e le sculacciate la fanno da padrone.
Non so cosa mi abbia infastidito di più.
La sottomissione per contratto risolve in modo facile il rapporto schiavo/padrone che, secondo un intenso percorso psicologico, avviene per scelta del primo (vedi “histoire d’o”) o per capacità di persuasione del secondo. Il contratto risulta essere una facile soluzione per giustificare la descrizione di scene soft porno fini a se stesse perché non supportate da una adeguata tensione erotica di cui il rapporto rappresenterebbe solo l’apice. La contestualizzazione poi è inesistente. Il mondo del lusso estremo serve per abbagliare il lettore con immagini sfavillanti, colmare il grande vuoto che circonda i due personaggi principali e celare la pochezza della loro relazione fatta di mail sintetiche ed emoticon, viaggi nel jet privato e cene a lume di candela .
Non so se è masochismo, ho iniziato anche il secondo della trilogia. Ma al terzo “ti amo” in 5 pagine mi sono arresa.
L’amore no.
Quello proprio non lo tollero.
Se questa trilogia ha la pretesa di rappresentare il mondo erotico femminile mi sento offesa, perché il mio immaginario va ben oltre.
Se invece ha voluto essere solo un esperimento di marketing allora tanto di cappello per il successo editoriale.
Al giorno d’oggi si può vendere di tutto se ben supportato da una adeguata strategia pubblicitaria.
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