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Era il 26 Luglio 1956 quando l'Andrea Doria, dopo 11 ore di agonia, si inabissava nelle acquee al largo delle coste Nord Americane.
Il transatlantico Andrea Doria era il simbolo dell'Italia che risorgeva dopo il termine della seconda guerra mondiale. Costruito nei cantieri Ansaldo di Genova Sestri Ponente, riassume al suo interno il meglio dell'architettura e dell'arte: gli arredi sono disegnati da Gio Ponti, gli affreschi sono realizzati da Salvatore Fiume,...
Il 25 luglio, l'Andrea Doria, sotto il comando del Comandante Superiore Piero Calamai, viaggiava alla volta di New York, proveniente da Genova. Contemporaneamente, una nave di nazionalità svedese la MN Stockholm, un transatlantico per il trasporto promiscuo di merci e passeggeri, si dirigeva verso Goteborg. La Stockholm era comandata dal Capitano Gunnar Nordenson, il terzo ufficiale Johan-Ernst Carstens-Johannsen era però in comando di guardia in plancia al momento dell'incidente.Alle 23.10 entrambe le navi stavano per incrociare un corridoio molto trafficato, coperto da una fitta coltre di nebbia. L'inchiesta originale stabilì che l'Andrea Doria tentò di evitare la collisione virando a sinistra, invece che seguire la tradizione nautica di accostare a dritta, ovvero a destra, mentre la Stockholm non fece nessuna virata. Nascoste dalla nebbia, le navi si avvicinarono, guidate solo dalle reciproche visioni ed informazioni radar, le quali non furono sufficienti ad evitare la immane tragedia. Non ci fu alcun contatto radio, e una volta giunte a potersi vedere ad occhio nudo, fu troppo tardi per praticare contromanovre atte ad evitare l'impatto.
L'Andrea Doria Stockholm entrarono in collisione con un angolo di quasi 90 gradi: la rinforzata (in funzione del fatto che poteva operare anche come rompighiaccio Stockholm sfondò la fiancata dell'Andrea Doria e la squarciò per quasi tutta la sua lunghezza (dato che l'>Andrea Doria continuava a correre lungo la propria rotta ortogonale alla prua della Stockholm) la quale sfondando sotto il ponte di comando dell'Andrea Doria per un'altezza di tre ponti, ovvero per oltre 12 metri, uccidendo numerosi passeggeri già ritirati per il riposo notturno nelle proprie cabine. Inoltre, sfondando molte paratie stagne e perforando cinque depositi combustibile, comportò un imbarco di circa 500 tonnellate di acqua di mare, le quali non potendo essere bilanciate nei brevissimi tempi della collisione, produssero il pericoloso, immediato ed anomalo sbandamento della nave a dritta per oltre 15 gradi.
In questi momenti concitati il comandante Pietro Calamai mantenne la calma e riuscì a portare in salvo tutti i membri dell'equipaggio e i passeggeri ad eccezione di quelli deceduti nell'impatto, di una bambina "gettata" in mare dei genitori che per pura fatalità colpì con la testa lo scafo della nave inclinato e di un passeggero deceduto per infarto quando ormai era però in salvo.
Al termine dell'evacuazione di tutti i passeggeri; come è stato raccontato ieri; il Comandante invitò tutti i suoi ufficiali a salire sull'ultima scialuppa in ordine crescente di grado. Giunto il suo turno Calamai mostrò segni di non voler abbandonare la nave e, solo su sollecito dei suoi sottoposti, fu convinto a salire a bordo dell'ultima scialuppa. Non prima di aver dato ordini di non allontanarsi, comunque, troppo dal relitto che stava ormai per inabissarsi.
56 anni fa, in pieno Oceano, un Comandante; dando tempestivamente l'allarme; riuscì in questa impresa. Oggi, nel 2012, una nave; a poche centinaia di metri dalla costa; ha ancora intrappolata nella sua pancia diversi dispersi.
foto da Corriere.it
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