In una regione come quella arabo-islamica, dove ancora non esiste un sistema efficiente di distribuzione libraria panaraba, è facile intuire l’importanza delle fiere del libro. Organi – potremmo dire – di raccordo tra gli editori, che hanno la necessità di smerciare i prodotti invenduti, e i lettori arabi, che in queste occasioni hanno la possibilità di fare scorta di libri per i lunghi periodi di “carestia da libro”, sono ormai un elemento fondamentale nell’editoria araba.
Tra le numerosissime fiere del libro arabe, sorte come funghi a partire dagli anni Settanta, ve n’è una che spicca per varietà e ricchezza delle proposte e anche perché, diciamolo, la città che la ospita è da sempre il principale laboratorio editorial-culturale del mondo arabo-islamico. E anche perché la prima vera fiera del libro arabo fu organizzata proprio lì, a Beirut, nel non troppo lontano 1956.
E il 56 è un numero che ricorre anche quest’anno: la 56° Fiera internazionale del libro di Beirut è stata infatti inaugurata lunedì 3 dicembre, presso lo spazio BIEL nel centro della città, e si concluderà il 16 dicembre.
Qualche numero per capirne le dimensioni: 181 case editrici libanesi, 63 editori provenienti dagli altri paesi arabi, 160 presentazioni di libri, e ospiti che giungono da Arabia Saudita, Oman, Palestina, Kuwait ed Emirati Arabi.
La fiera di quest’anno, secondo quanto riportato da The Daily Star Lebanon, si apre all’insegna di tre concetti chiave: romanzo, primavera araba, e-book.
Secondo Rana Idriss, proprietaria della storica casa editrice Dar al-Adab, vera fucina di talenti libanesi e arabi nel campo della letteratura, oggi i lettori arabi chiederebbero soprattutto di leggere romanzi. Dar al-Adab ha però riscontrato anche un aumento nelle richieste della cosiddetta “editoria islamica” ed in particolare di titoli sui movimenti islamici, richiesta che secondo la Idriss è da collegare alla vittoria, in alcuni paesi protagonisti della primavera araba, dei partiti politici islamisti. Molti dei romanzi pubblicati di recente avevano comunque come tema principale le rivolte arabe.
La casa editrice beirutina presenta in anteprima alla fiera tre romanzi di autori libici, altrettanti scritti da autori siriani e due da egiziani: sono romanzi che secondo la Idriss riflettono le disillusioni dei partiti arabi di sinistra che hanno avuto il ruolo di “guida” durante le proteste, ma che in seguito si sono lasciati sfilare questo ruolo dai movimenti islamisti.
Alcuni dei titoli di Dar al-Adab sono: النبّاشون, “I rovistatori”, di Susan Jamil Hassan, come riportato da Giacomo Longhi su SiriaLibano di ieri; مـيــنـا, “Mina”, della libanese Sahar Mandour, che racconta la storia di una giovane attrice di talento alle prese con problemi professionali e turbolenze nella vita privata; مفتاح لنجوى “Una chiave per Najwa”, della scrittrice e accademica libanese Fatin al-Murr (tra i nominati all’IPAF 2010 per il suo romanzo الخطايا الشائعة), la cui storia è invece ambientata in un campo profughi palestinese.
È tempo di riflessioni sulla primavera araba anche per Dar al-Saqi, che alla fiera presenta in anteprima il nuovo saggio dell’intellettuale e scrittore siriano Hashem Saleh “ الانتفاضات العربية على ضوء فلسفة التاريخ” (Le rivolte arabe alla luce della filosofia della storia) il cui autore sostiene la tesi (ad onor del vero rimbalzata anche in Europa) secondo cui la primavera araba si sarebbe trasformata in un…autunno fondamentalista. L’influente casa editrice anglo-libanese guidata da Rania Moallem sarà presente in fiera anche con “لماذا العرب ليسوا أحراراً؟” (Perchè gli Arabi non sono liberi?), del sociologo e analista egiziano Mustafà Safwan e con il romanzo“لا طريق إلى الجنّة” (Nessuna strada per il paradiso), di Hassan Daoud, scrittore e giornalista libanese e già autore di Vivere ancora, Jouvence, 2007 (che sul sito della casa editrice però non trovo più).
Jabin Shbaro invece, di Arab Scientific Publishers preferisce puntare sui saggi politici perché è doveroso “tenersi informati su quanto accade nella regione”, ma ammette che il romanzo è il genere più richiesto.
Per quanto riguarda gli e-book (o i-Kitab), le cui vendite in Europa e negli Stati Uniti stanno superando quelle dei loro compagni cartacei, gli editori intervistati in fiera non sembrano puntare con particolare ansia sul nuovo prodotto. Al-Adab uscirà nei prossimi 3-4 mesi con una sessantina di titoli in formato digitale, mentre la direttrice di al-Saqi è convinta che ci vorranno almeno 10 anni perché gli e-book siano in grado di lanciare una vera sfida al libro stampato.
Con scarsa lungimiranza, a mio avviso, e una marcata dose di sfiducia, Rania Moallem avrebbe dichiarato: “Quante persone nel mondo arabo potrebbero sapere come scaricare gli e-book?”. Al-Saqi ha già approntato le prime versioni in digitale dei suoi libri, ma sembra che la richiesta di questo tipo di prodotti sia ancora relativamente bassa.
Forse è presto per puntare sul mercato digitale in una regione che soffre di un discreto deficit tecnologico e di infrastrutture. Ma almeno una vittoria il libro digitale sembra averla ottenuta: sarebbe molto richiesto in Arabia Saudita, e in altri paesi del Golfo, e la ragione non è difficile da immaginare. In paesi dove la scure della censura è particolarmente affilata, la possibilità di comprare a prezzi competitivi libri non reperibili in patria, è un’occasione che i lettori non possono farsi sfuggire.
Sempre che l’onnipresente censura governativa non sia più veloce e scaltra di editori e lettori.