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6 Nazioni: il Piave non regge all'ultimo colpo di mortaio irlandese

Creato il 05 febbraio 2011 da Rightrugby
6 Nazioni: il Piave non regge all'ultimo colpo di mortaio irlandeseSix Nations - Rome
Italy 11 - 13 Ireland
Per 60 secondi, si è sparsa la concreta sensazione che la vittoria fosse dietro l’angolo. Peccato che 60 secondi in una partita di rugby – sport tremendamente crudele e quindi anche per questo motivo avvincente – non sono nulla. Anzi, bastano e avanzano per far sciogliere il sogno sotto il caldo cielo primaverile di Roma. È bastata l’azione perfetta dell’Irlanda culminata nel drop del cecchino Ronan O’Gara per riportare avanti i suoi e così, all’ottantesimo, il risultato del Flaminio dice 11-13 per gli ospiti e l’Italia esce dal campo a testa alta e con un peccato di troppo sulla coscienza: un possesso regalato agli avversari, quello che è valso il controsorpasso per intenderci. Non è stato il 5 febbraio 2000, data ripescata dalla memoria dai media di casa nostra, con la vittoria storica sulla Scozia al debutto assoluto nel torneo. Amen, è andata così e comunque un po’ di fiato sul collo alla concorrente mondiale è stato messo.

Nei primi minuti di gara, gli Azzurri giocano a rugby e mostrano due ipotesi di attacco: il piede di Kris Burton o la velocità ad infilarsi dell’estremo Luke McLean. Mettono pressione, placcano e reggono agli urti, nell’area del break down il ritmo si fa subito alto e l’Italia di Nick Mallett difende con orgoglio la famosa linea del Piave, quella che aveva costretto l’Australia ad optare per i calci piazzati anziché per la via della meta a novembre in quel di Firenze. E al 6’ arrivo il primo calcio per Mirco Bergamasco per un tenuto a terra ravvisato dal francese Romain Poite: 3-0. Chi ben comincia è a metà dell’opera o per lo meno può dirsi soddisfatto di aver svolto il compito sino a quel momento prefissatosi: non cedere di un passo, reggere il ritmo e mettere paura.
Di contro, l’Irlanda è arrugginita. Le guardie italiane salgono, i trequarti opposti muovono male palla al largo, commettono quegli errori che tante volte hanno condannato gli Azzurri, senza dare velocità all’attacco e partire piatti non è il massimo della vita. Il triangolo allargato è fatto di uomini (Keith Earls, Fergus McFadden e Luke Fitzgerald) che giocano fuori posizione, mentre pure il capitano Brian O’Driscoll la passa un po’ come vuole e la bislunga lo punisce. La strategia multifase non funziona e però gli uomini di Declan Kideny rubano terreno, lentamente. Ugo Gori manca un placcaggio che potrebbe rivelarsi pericoloso, ma si capisce presto il perché: è ko, con una spalla fuori dopo una botta tremenda in mezzo la campo e all’11’ è costretto a cedere il posto a Pablo Canavosio. Partita non bella, ma avvincente. Gli errori sono tanti, soprattutto dal lato ospite, mentre la truppa di Nick Mallett è onesta e non cede all’indisciplina, confermando il buon stato mentale nei raggruppamenti. Ma non tiene palla e così, a furia di tentare e ritentare, al 20’ si assiste alla prima seria accelerazione irlandese, che si conclude quando un perfetto Alberto Sgarbi si tuffa sulle spalle di O’Driscoll dopo che la retroguardia italiana si è trovata aggirata e tagliata fuori. Quando premono sull’acceleratore, saranno pure pasticcioni, ma fanno paura e la storia della sfida lo dimostrerà più avanti. 


Al 23’ il pacchetto di mischia guidato da un agguerrito Martin Castrogiovanni vince bene un faccia a faccia nei propri 22, l’Italia si affida ad una delle due strategie offensive sopra citate, quella che passa dal piede dell’apertura Burton, ma il baricentro comincia a non salire con timing giusto e consente agli avversari di trovare palloni giocabili, altra merce che serve a trovare la confidenza necessaria. E a guadagnare un calcio di punizione appena fuori dai 22, al 28’, per il pareggio firmato Jonathan Sexton. Dio piacendo, dopo la mezz’ora l’Italia torna a mettere la testa fuori dalla propria metà campo e Bergamirco ha la possibilità di riportare avanti i suoi al 31’ per ingresso laterale dalla trequarti, posizione centrale, ma la palla gira troppo ed esce.
Si vivono gli ultimi minuti su due binari. Che quella di Mallett sia una formazione decisa lo indicano la qualità dei placcaggi portati da ogni reparto: da Alessandro Zanni e Josh Sole in terza linea, alla consistenza fisica di Andrea Masi e Sgarbi e dalla bravura di Santiago Dellapé a rendersi utile nel rallentare la manovra nemica. La linea del Piave regge, finché può, finché ha fiato e quindi focus mentale. Il guaio, ancora quello, è che palla la tengono quelli vestiti di verde che al 36’ sprecano una ghiotta occasione per un’altra cattiva trasmissione sull’ala Magnus McFadden. Le pericolose coincidenze sono che quando gli irlandesi danno ritmo e qualità al loro gioco al largo, la difesa italiana è sfilacciata. L’importante è dare una risposta, tipo al 38’, quando c’è il tentativo di drop di Burton importato dal modus operandi trevigiano che non va a buon fine: una fase di più per costruirselo non sarebbe stato male. E anche qui, ne riparleremo più avanti. Tant’è, allo scadere il mediano irlandese Tomas O’Leary non rotola via dopo un placcaggio, l’occhio clinico del transalpino Poite pesca le note furbizie irlandesi di cui più volte abbiamo parlato, e Bergamirco alla piazzola defilato sulla destra infila i pali per il 6-3 con il quale si va negli spogliatoi.


La ripresa ha un sapore diverso. Se ci sono i famosi 60 secondi, ci sono anche i famosi cinque minuti durante i quali sarebbe buona cosa non mancare di concentrazione, perché servono a ribadire i concetti precedentemente esposti. Ed invece, l’Irlanda attacca a tamburo battente, con i suoi avanti che vanno a riprendersi il calcio di inizio di Sexton. Ci sono un ingresso in mischia anticipato dagli Azzurri, una rimessa storta e di conseguenza un’altra mischia a ridosso dei cinque metri per gli ospiti. E c’è O’Driscoll (e che altro poteva essere?) che va a marcare pesante, dopo un paio di battaglie in ruck, con le guardie azzurre assorbite furbescamente e il secondo centro irlandese che si trova davanti un varco protetto solo da due uomini più lenti come Totò Perugini e Castro: arriva la meta, arriva la trasformazione di Sexton per il 6-10 del 43’.
Il game plan italiano è destinato a cambiare. Bisogna tenere palla e tenerli lontani e all’inizio non gira per il meglio con una mischia a proprio favore ed una rimessa mal giocata. I soliti vecchi vizi tutti nostri, quelli di complicarsi la vita chiedendo troppo quando il gruppo non ha ancora assimilato quegli automatismi che consentono di fare la differenza o, per lo meno, di addentrarsi dall’altra parte del campo con più sicurezza. Gli ospiti sfidano al piede, attendono la fanteria al varco per rispondere con i mortai a lungo raggio e in un paio di casi trovano sguarnita la retroguardia sull’asse Bergamirco – McLean.

Si va per i cambi: Valerio Bernabò per Sole, Carlo Del Fava per Dellapè, Fabio Ongaro per Leonardo Ghiraldini, Andrea Lo Cicero per Perugini, Gonzalo Garcia per Sgarbi e Luciano Orquera per Burton. Tutto questo, per la cronaca, tra il 50’ e il 70’, minuti durante i quali l’Italia prova a farsi sentire e rischia grosso: al 59’, altro pessimo assist di O’Driscoll per McFaddenn, da un ovale recuperato – anzi, perso malamente dai nostri nei propri 22. Nell’attacco successivo, è Gordon D’Arcy a perdere il controllo ad un soffio dalla meta. Il modo migliore per tenere lontani gli irlandesi, sarebbe quello di tenere palla. Le fasi sono rotte, l’Irlanda recupera due palloni, il primo dopo una lunga fase azzurra con gli uomini che finiscono per isolarsi causa fiato corto, poi sul gioco al piede. Ma l’avidità di Sean O’Brien gioca contro i suoi nel contrattacco perdendo palla in avanti. 

La notizia del giorno è che al 67’ si vede finalmente una driving maul come si deve di marca italiano da touch. Poite concede un vantaggio, si va in mischia e Cian Haley è richiamato all’ordine, sotto pressione dalla zavorra capelluta di Castro. Ma al 70’, arriva il solito errore a ridosso del più bello, una leziosità di troppo, anziché la concretezza che richiede la situazione. Ci vogliono calma e temperamento per marcare. Cinque minuti prima, aveva fatto il suo ingresso O’Gara per rendere chiara l’idea: sul 6-10, a noi bastano i punti al piede perché oltre questa Irlanda non potrebbe andare. Al 73’, invece, c’è il cartellino giallo il blind side flanker Denis Leamy, per indisciplina ripetuta. Ohibò, mancano sette minuti e l’Italia ha il vantaggio numerico.
È il momento di pungere e di dimostrare che gli avanti azzurri sanno essere competitivi quando c’è da dare la svolta in attacco. Al 75’, inizia la danza, con una serie di raggruppamenti dopo una rimessa nei 22 nemici. La linea del Piave è alta ora, molto vicina dal rompere gli argini. Capitan Sergio Parisse fa da skipper, si conquistano centimetri e lo si fa con calma. Serve pazienza, prima di passare dai tank alla cavalleria che ha le belle mani di Orquera, Masi, Garcia che si passano veloci e con il timing giusto l’ovale che giunge tra le braccia del più veloce, McLean, dall’altra parte del campo e arriva la meta alla bandierina che Bergamirco non converte per un soffio. Siamo al 74’, siamo sopra di un punto: 11-10.


Il pubblico si esalta, c’è da crederci. Ma guai dire che l’Italia è ad un passo dalla vittoria. Mica per scarogna, quanto perché in 60 secondi tutto cambia. Un possesso che doveva essere nostro, non lo è. Gli sherpa si mettono all’opera e in fretta e furia, come mai fatto prima nel corso della gara, spostano il mortaio al posto giusto: è il piede di O’Gara, che va di drop per il controsorpasso. Piccole cose che fanno la differenza. All’Italia manca il killer istinct, all’Irlanda no. All’Italia manca quella serenità di giudizio nei momenti frenetici. Come quando allo scadere, si affida al drop di Orquera: mal costruito, due fasi in più non avrebbero fatto male anche perché gli avversari non potevano concedere il calcio di punizione e Poite, come detto, non fa sconti a nessuno. Il tentativo dell’apertura azzurro è sbilenco e finisce lontano dai pali.

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