Anno: 2014
Durata: 110′
Genere: Drammatico
Nazionalità: Iran
Regia: Reza Dormishian
Reza Dormishian, classe 1981, arriva a Berlino dentro Panorama (sezione dedicata a nuovi autori, debutti visivi, sorprese-scoperte) portando con sé una pellicola seppur ancora acerba (suo secondo lungometraggio), carica di tracce variegate, riflesso visivo sociale ed emotivo di un sistema esistenziale (quello iraniano) senza speranza.
Asabani Nistam! (I’m Not Angry) ci introduce nella confusione mentale che Navid, giovane curdo di 26 anni sta vivendo. Senza direzione, dopo l’espulsione dall’università durante le proteste a seguito della irregolare rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad nel 2009, non riesce a trovare un lavoro che non sia sfruttato, sottopagato, illegale. L’unica ragione-ossessione che lo tiene in vita ed in Iran è Setareh, giovane e promettente studentessa universitaria di cui è innamorato. Per sposarla, deve dimostrare a suo padre di riuscire a guadagnare abbastanza per permettere di vivere dignitosamente. E Navid si mette alla ricerca di un lavoro, cozzando in tentativi meschini quanto ridicoli: di fronte a è, una società alla deriva, nella quale la vita viene vissuta come lotta per sopravvivere. Se non sei un truffatore, un traffichino, uno sfruttatore, non hai speranze. Specie se sei giovane. Ideali, purezza, ingenuità, bellezza, sono banditi. Trattati come debolezze, e che relegano gli ‘appestati’ all’isolamento, ad un sogno di realizzazione di sè rimandato ad un indefinibile poi… Come per i due amici che dividono appartamento e sorti di Navid. E Navid si fa prescrivere tranquillanti per non reagire a ‘voglie di raptus’ incontrollabili. Incamerando pillole e ripetendo a se stesso ‘I’m not angry’.
La macchina da presa di Reza Dormishian si carica questo scompiglio psigologico traducendolo in repentini mutamenti di taglio di inquadrature, di cambi di ritmo, tra zoommate improvvise di avvicinamento/allontanamento emotivo, sovrapposizioni di spazio, corpi, forzando la stessa narrazione in digressioni allucinate, paradossi e sogni. Il digitale rende ancora più corposa e vivida la realtà che attraversiamo, e Navid, schiacciato dai propri tentativi infruttuosi, sempre più prostrato da un’immobilità il cui peso diviene insostenibile, esplode in una ribellione che è insieme estremo sacrificio. Un agnello sgozzato, fagocitato da una società terrificatamente in stasi e impermeabile. I’m not angry ha il pregio di una freschezza che spesso implode in se stessa per eccesso di esternazioni, sia visive che narrative. Capace di passare dal ridicolo al macabro con un cinismo che è già maturità di punto di vista. In attesa di una raffinazione.
Maria Cera