L’albero della vita di Terrence Malick è la Palma d’oro. Perfetta la scelta di Cannes 64. Film impegnato con la storia del presente, per rovesciarne letture correnti, violento e pieno di grazia, sconvolgente e misterioso, aperto a mille interpretazioni, tutte coraggiosamente critiche dell’esistente e delle radici di questo esistente in antiche tradizioni da superare. Il resto dei premi, performance degli attori a parte, è invece sbagliato e sintomo di una edizione meno riuscita e coraggiosa del solito. Forse una giuria di tutti cineasti, a parte Olivier Assayas (un regista ex critico), anche se scelta con charme, come quasi sempre a Cannes, non può far altro che l’educata apologia dell’esistente. Un po’ come succede nella serata degli Oscar (coi colleghi che premiano i colleghi, cioè se stessi), i rapporti di forza vigenti anche nell’immaginario, non è fine metterli in discussione.
L’albero della vita di Terrence Malick è la Palma d’oro. Perfetta la scelta di Cannes 64. Film impegnato con la storia del presente, per rovesciarne letture correnti, violento e pieno di grazia, sconvolgente e misterioso, aperto a mille interpretazioni, tutte coraggiosamente critiche dell’esistente e delle radici di questo esistente in antiche tradizioni da superare. Il resto dei premi, performance degli attori a parte, è invece sbagliato e sintomo di una edizione meno riuscita e coraggiosa del solito. Forse una giuria di tutti cineasti, a parte Olivier Assayas (un regista ex critico), anche se scelta con charme, come quasi sempre a Cannes, non può far altro che l’educata apologia dell’esistente. Un po’ come succede nella serata degli Oscar (coi colleghi che premiano i colleghi, cioè se stessi), i rapporti di forza vigenti anche nell’immaginario, non è fine metterli in discussione.
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