Anno: 2012
Durata: 120′
Genere: Drammatico
Nazionalità: Spagna/Argentina
Regia: Pablo Trapero
L’Elefante Blanco è un complesso ospedaliero in costruzione da decenni nel cuore pulsante degli slum di Buenos Aires. Il tempo è passato tra dittature, colpi di stato, tentativi democratici ma nessuna classe politica e militare se ne è mai voluta veramente occupare. Gigantesco e labirintico rudere urbano, questo stabile al centro di una delle zone più pericolose della metropoli argentina, la “Villa Virgin”, nasconde famiglie, orfani, narcotrafficanti, criminali, insomma, è una bomba ad orologeria sempre pronta ad esplodere. A placare gli animi degli abitanti e a coordinare i presunti tentativi di riabilitazione della zona troviamo Padre Julian (Ricardo Darin), prete terzomondista illuminato che, con l’aiuto dell’affascinante assistente sociale Luciana (la moglie-musa del regista Martina Gusman) e di Nicolas (Jeremie Renier dei fratelli Dardenne), amico storico appena rientrato miracolosamente da una missione fallimentare in Amazzonia, cerca di dare una nuova possibilità alle anime perse che popolano la bidonville. Le faide tra bande rivali e gli scontri con la polizia però distruggono progressivamente ogni sforzo e, come se non bastasse, una malattia incurabile ed una crisi spirituale alle porte sembrano ostacolare la già difficile situazione della “Villa” senza speranza…
Pablo Trapero torna a Cannes in Un certain regard con una forza espressiva incredibile, che purtroppo però si concentra esclusivamente nella sequenza iniziale del suo Elefante Blanco, attacco antitetico magistrale – da una Tac claustrofobica alla foresta amazzonica – che promette più di quello che il suo ultimo film ha realmente da offrire in termini di racconto. Ritratto di un prete missionario ricalcato sulla figura di Padre Mujica, sacerdote assassinato in circostanze misteriose nel corso degli anni settanta, il nuovo lungometraggio del regista di Mundo Grua dimostra ancora una volta la sua capacità di giocare con i generi e con la macchina da presa, dote non secondaria se si prendono singolarmente alcuni dei suoi meravigliosi piani sequenza nella giungla. Regia unica, di una modernità straordinaria, che purtroppo non viene sostenuta da una sceneggiatura altrettanto originale, troppo attenta a concentrarsi sul personaggio di Padre Julian – prete al cinema straordinario, interpretato da un Darin in stato di grazia – tralasciando o comunque banalizzando alcuni elementi chiave del sub-plot. Un ritratto e una scelta difficile per Trapero, che torna come agli esordi con Leonera a fare denuncia, senza scrupoli, senza fronzoli, confermandosi comunque uno dei registi più interessanti dell’attuale panorama latino-americano.
Chiara Napoleoni
Scritto da Redazione il mag 26 2012. Registrato sotto IN SALA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione