Anno: 2012
Durata: 111’
Genere: Drammatico
Nazionalità: Danimarca
Distribuzione: BIM
Regia: Thomas Vinterberg
A distanza di 14 anni da Festen, Vinterberg rispolvera da una prospettiva ribaltata il tema della pedofilia che gli valse il Premio della Giuria al Festival di Cannes del 1998. Nel film girato in pieno stile Dogma 95 la confessione di Christian (Ulrich Thomsen) sugli abusi paterni avveniva in occasione del sessantesimo compleanno del genitore colpevole, davanti a una platea di parenti e amici che ascoltava le accuse infastidita per l’interruzione dell’allegro e affettato convivio. In The Hunt la confessione-brindisi della vittima cede il passo all’invenzione di una bambina capace di scatenare la feroce caccia alle streghe in una comunità bigotta e senza indugi che sembra non aspettare altro.
Il quarantenne Lucas (Mads Mikkelsen) ha un divorzio doloroso alle spalle, un rapporto col figlio adolescente da ristabilire e un nuovo lavoro a cui abituarsi. Nonostante la vita non sia stata generosa nell’accordargli serenità e stabilità, Lucas affronta con forza d’animo e dedizione ogni sfida quotidiana fino a quando la figlia del suo migliore amico lo accusa di pedofilia. Immediatamente, il mondo (non senza colpe) intorno a lui lo condanna senza concedergli neanche per un istante il beneficio del dubbio, e le iniziali pressioni psicologiche si trasformano gradualmente in violenza fisica e isolamento.
È impossibile guardare a The Hunt senza voltarsi indietro verso il predecessore ideologico Festen, sebbene nell’ultimo lavoro in concorso a Cannes il rigore stilistico fedele al Dogma 95 sia pressoché abbandonato e il crescente accanimento contro l’aggressore – o presunto tale – abbia consistenze e giustificazioni molto più labili. Ipocritamente indifferente in Festen, inverosimilmente accusatoria in The Hunt, l’agghiacciante comunità rappresentata da Vinterberg completa la geometria del dramma che consuma il rapporto tra vittima e carnefice. In un rimbalzo di voci, pregiudizi e vigliaccherie, la comunità è il luogo in cui si compiono scempiaggini che è meglio occultare e attribuire al mostro di turno, al martire di una società dalla coscienza sporca convinta di poter esorcizzare il male lasciandolo confluire nel corpo del primo additato.
The Hunt ha due respiri, da un lato è forte nella credibilità della tragedia che si abbatte e logora un uomo, dall’altro lascia perplessi per la faciloneria con cui il mondo adulto reagisce alle parole confuse e quasi dettate di una bambina. Lucas/Mikkelsen è l’unica voce del film coerente al principio da cui prende fiato, l’integrità, mentre le istituzioni – educative, terapeutiche e famigliari – che si interfacciano con la bambina per verificarne la confessione-dispetto sono inficiate da una superficialità analitica imbarazzante e che sfocia nell’atteggiamento di una madre dalla mente ormai offuscata incapace di ascoltare la figlia ritrattare la bugia.
Il principio menzognero sotteso al caso di pedofilia che si scaglia sull’uomo innocente fino alla sua disintegrazione si pone in un rapporto complementare con la verità dichiarata faticosamente in Festen, ma non è in grado di reggere il confronto di scrittura, e l’interpretazione tesa di un attore unita alla forza del suo personaggio da sole non bastano a convincerci che ciò che vediamo sia plausibile.
Francesca Vantaggiato
Scritto da Francesca Vantaggiato il giu 5 2012. Registrato sotto RECENSIONI FILM VISTI AI FESTIVAL. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione