65. Quella palma

Creato il 09 luglio 2011 da Fabry2010

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Sembra il muro del pianto, ma Amos può vedere, ormai, che non lo è. Non ha bisogno di toccare, di sentire le pieghe delle cose, di saggiare il mondo come fosse una nuvola di tessere di cui non si conoscono i colori. Gli sembra impossibile passare tra i tavoli in legno e le poltrone in pelle; accarezza le piante, accende per gioco uno dei computer collocati in ogni postazione.
- Come si permette?
Le sopracciglia aggrottate di Hadas incutono timore.
- Sono talmente felice che non riesco a controllarmi.
- E perché è così felice?
il sorriso di Tsion lo rassicura.
- Ero cieco e ci vedo.
- Oh bella! – fa Rabi. E come mai?
- Ero vicino alla Porta di Damasco, quando un giovane mi ha messo una mano sulla spalla.
- Amos, che fai?
- Non lo vedi? Faccio l’elemosina.
- Ti piacerebbe lavorare?
- Sono cieco.
- E chi sarebbe questo giovane?
Sono ancora le sopracciglia di Hadas ad appesantire l’atmosfera.
- Conosci questa porta?
- No, mi hanno portato qui perché passa molta gente.
- E’ bella, ha le mura merlate e un arco da cui si scorge una palma disegnata nell’azzurro.
- Non so chi fosse, ricordo la sua voce profonda.
- Quanto darei per vedere tutto questo!
- Dopo il ponte, a sinistra, c’è una scala dove i giovani si siedono, per riposarsi o per parlare.
- Non dirci che è Yehochoua.
- Amico, riconosco delle ombre in movimento, come se camminassero degli alberi.
- Non so come si chiami.
- Guarda meglio, Amos, sono ragazzi che scherzano, contenti.
- Vai via di qui, le favole raccontale ai matti come te.
- Li vedo, li vedo! Anche la palma riflessa nell’azzurro dei tuoi occhi!
- Sì, vattene, scemo, e guardati dal riferire queste frottole.
- Come ti chiami?
- Non importa il nome, mi vedrai per poco, ancora.
- Questo Yeochoua dobbiamo eliminarlo, è un impostore.
- Pensi di partire?
- Andrò molto lontano, ma ricordati di me ogni volta che apparirà, nell’arco, quella palma.



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