66esimo Festival di Cannes: “Only Lovers Left Alive” di Jim Jarmusch (In Concorso)

Creato il 27 maggio 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anno: 2013

Durata: 123’

Genere: Fantastico/Noir

Nazionalità: USA

Regia: Jim Jarmusch

Torna Jim Jarmusch sugli schermi di Cannes ed è subito sogno, mistero, bellezza. Distinguersi ed affascinare senza clamore è proprio dei grandi e di certo Only Lovers Left Alive, l’ultimo lavoro di uno dei registi più indie del panorama americano ed internazionale, un’inconsueta storia di vampiri, ha tutte le caratteristiche di un film fuori dal coro, in una selezione, quella di quest’anno, che ha proposto fin troppe opere ‘classiche’ per un Festival come Cannes. Ma cos’è che rende questa pellicola così bella e diversa? In una parola, tutto: l’originalità della storia, la cura e la forza estetica delle immagini, la scelta della musica, il culto del rock, lo stile narrativo e gli echi letterari, le atmosfere dark, il passaggio fluttuante fra dimensione onirica e realtà futuribile, il simbolismo e la metafora accompagnati da una sottesa ironia, la magnifica fotografia bruciata che dà vita e ‘luce’  a decadenti notti underground. Senza trascurare la scelta degli attori protagonisti (Tilda Swinton e John Hiddleston), oculatamente raffinata ed anticonformista, e delle location, Detroit e Tangeri.

Ho scelto questi luoghi – racconta il regista – perché sento un legame emotivo con entrambi: e ne sono attratto per motivi diversi. Io sono cresciuto in Ohio, nei pressi di Cleveland; Detroit, pur se poco distante, rappresentava la città misteriosa e magica del Midwest, quando andavamo là con i miei genitori, era per un motivo importante. Inoltre Detroit è una città che ha un’incredibile cultura musicale ed ha prodotto buona parte della più bella musica americana. Per me è molto triste vederla oggi così decaduta, ma mantiene ancora un gran carattere anche se non è più quella di un tempo”.

Protagonisti del film, dunque, due sofisticati e colti vampiri, innamorati da diversi secoli, Adam ed Eve, che abitano in città diverse, ma non per questo sono meno legati l’uno all’altra, anzi: dotati di ricordi, conoscenze ed abitudini acquisite in tutte le epoche trascorse, vivono in un personale, distaccato altrove ma hanno anche debolezze da XXI secolo, come l’utilizzo di Youtube (che il regista confessa di amare ben più della televisione) o di cellulari con webcam, e ricercano sangue umano per interposta persona (non più la ‘volgare’ caccia notturna ma corruzione di medici in possesso di sangue ‘0’ negativo). Adam, musicista depresso q.b. (quanto basta) per il comportamento degli umani (chiamati zombie nel film – ‘i peggiori, dice il protagonista, sono quelli che vivono ad L.A.’: qui si rivela la critica di Jarmusch a buona parte dell’ambiente del cinema), per il declino del mondo visibile ed il ripetersi infinito della quotidiana routine, è anche appassionato di liuti, chitarre elettriche (possiede tra le altre, delle stupende Supro, Hagstrom e Silverstone) e strumenti musicali in genere, nonché attratto da complicati congegni meccanici; compone musica che definisce ‘funebre’ ed è costantemente ossessionato dal mantenere segreto il suo nascondiglio ed il suo status di musicista-vampiro. Eve, efebica e lunare, vive nella medina di Tangeri, legge e memorizza avidamente libri scritti in ogni sfera spazio-temporale, ed ha come amico e fornitore di sangue fresco nientemeno che Christopher Marlowe in persona, drammaturgo del ‘500, qui vecchio e rispettato vampiro, interpretato da un grande John Hurt. Dopo una lunga separazione i due decidono di riunirsi e Tilde/Eve parte per Detroit dove trascorre un periodo romantico con l’amato bene fino all’arrivo della giovane e scombinata sorella di lei, Ava, interpretata da Mia Wasikowska, che turberà la quiete della coppia con la sua giovanile esuberanza ‘vampiresca’. Numerosi i divertissements di Jarmusch, che cita qua e là i suoi autori e rocker preferiti nel corso del film, tappezzando le pareti dell’incredibile casa di Adam con foto di letterati, musicisti e poeti, antichi e moderni, alludendo alla conoscenza personale dei due protagonisti con Shakespeare, Lord Byron e tanti altri. Molte anche le allusioni socio-politiche, che disseminano il tracciato del film attraverso momenti ironici o brevi flash di riflessione dei protagonisti su concetti significativi: la scienza, l’ambiente e le risorse del pianeta; la difficoltà di emergere di chi ha talento; l’incapacità degli zombie di liberarsi delle persone inette; le assurde forme d’intolleranza che hanno attraversato i secoli.

Mi riesce difficile parlare del film – ha specificato il regista – e non mi sento a mio agio ad analizzarlo e sezionarlo, vorrei che parlasse da sé. Non sono nemmeno tanto sicuro di cosa significhi ma posso dire che ho in mente il progetto da sette anni e ci è voluto molto tempo per convincere qualcuno a finanziarlo, forse perché è una storia imprevedibile ed insolita, lontana dal mainstream, che si distacca dagli stereotipi”. Niente di più vero, caro Jarmusch! ce ne fossero di romantici bohemiens, outsiders creativi, notturni ribelli e pacifisti come questo regista, che ancora oggi (60 anni appena compiuti ed ottimamente portati, a distanza di quasi 30 anni da Stranger than Paradise, che nel 1984 lo fece conoscere a Cannes) è capace di ideare e sfornare un film come questo, inno all’immortalità della vita, dell’invisibile e dell’amore, nei mille rivoli del suo dispiegarsi, oltre ed al di là della morte (e della sala cinematografica!). Senza dubbio la riuscita della pellicola è strettamente legata agli aspetti visivi e sonori: per quanto riguarda la fotografia, Jarmusch ha lavorato con professionisti del calibro di Yorick Le Saux, come direttore della fotografia, Marco Bittner Rosser, come production designer e Bina Daigeler per i costumi, il make-up e l’hair styling. Le musiche, altro elemento determinante alla riuscita del film, sono state pensate e coordinate da Jozef van Wissem, liutista, compositore, musicista avangarde, chitarrista e storico della musica, insieme all’attuale band di Jarmusch, gli Squirrels, cui è stata aggiunta la canzone originale di Yasmine Hamdan, una cantante marocchina molto amata dal regista.

Elisabetta Colla


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