
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Le aree colorate di viola sono quelle interessate da guerre, mentre quelle grigie rappresentano le zone geografiche "tranquille". Dei simboli poi "illustrano" la tipologia del conflitto in corso (traffico di droga, pirateria nei mari, incursioni aeree, battaglie via terra, terrorismo, ecc. ecc.) e la stessa intensità del colore indica la gravità del conflitto stesso.Non voglio qui sviluppare un discorso sulle colpe e le ragioni, sull’analisi di chi sia la vittima e chi il carnefice, tanto meno voglio perdermi in sterili disquisizioni terminologiche sulle definizioni fantasiose ed ardite con cui giornalisti e politici amano oltremodo riempirci le orecchie, a mio avviso, solo per confondere ed intorpidire le acque. Voglio solo evidenziare quei conflitti che affliggono milioni di uomini e donne nel mondo ma che per varie e molteplici ragioni non trovano risonanza tra le notizie che i mas media scandiscono ogni giorno. Dei 28 conflitti in corso, infatti, ne conosciamo al massimo 4 o 5, i più “famosi”, quelli dove sono coinvolti militari italiani. Quali sono le ragioni di questa mancanza di notizie sulle restanti guerre? Dimenticanza? Disinteresse? Ignoranza o calcolata rimozione? Perché la comunità internazionale o i singoli stati democratici si coalizzano per liberare alcuni popoli dalla tirannia di regimi dittatoriali mentre lasciano vivere, commerciano e a volte proteggono altri regimi altrettanto sanguinari e cruenti? Certo non è facile rispondere a tutte queste domande, sarebbe però sbagliato non farle e non provare a farsi un idea al riguardo.La cosa che salta agli occhi è sicuramente una: lo stretto legame che c’è tra la “dimenticanza” da parte dei mass media e le ragioni strategiche, economico-politiche, che ogni guerra porta con sé. La maggior parte dei conflitti vengono combattuti nel Sud del Mondo in paesi poveri mentre le armi necessarie vengono prodotte da pochissime grandi potenze industriali che controllano la produzione ed il commercio del 90–95% degli armamenti.Rimanendo sul piano generale, si potrebbero ridurre in tre categorie le modalità di gestione dei conflitti da parte della Comunità Internazionale e dei singoli stati.La prima è quella dell’intervento armato contro uno dei belligeranti. Questo metodo ha come scopo quello di liberare e portare conforto umanitario alla popolazione civile martoriata dalla guerra o da un regime dittatoriale.La seconda modalità è quella del coinvolgimento attraverso l’intervento umanitario, in questo caso a differenza del primo, l’intervento viene calibrato in modo da non danneggiare gli interessi delle nazioni più potenti presenti nell’area del conflitto.Il terzo caso è quello dell’astensione da qualsiasi presa di posizione, ovvero la regola della non interferenza nel conflitto.A quest’ultima categoria appartengono la maggior parte delle “guerre del silenzio”. I diversi paesi democratici, seguendo la logica del “ciò che non si vede non esiste”, preferiscono disinteressarsi e fare in modo che le informazione riguardanti tali conflitti non arrivino ai cittadini del “mondo libero” attraverso i maggiori mezzi di informazione.In alcuni stati dell’Africa, dell’America Latina o dell’Estremo Oriente la popolazione civile viene lasciata in balia delle violenze e dei massacri commessi da eserciti e da milizie private in lotta. Altrettanto si fa con le rispettive multinazionali occidentali lasciate libere di sfruttare, grazie alle guerre, le ricchezze del sottosuolo di cui tali paesi sono ricchi.Perché questo atteggiamento? Non sarà che ci sono di mezzo interessi economici? Non è più un segreto che molte guerre vengano sostenute e finanziate da potenti lobby economiche e finanziarie occidentali che guadagnano sia dal commercio delle armi che dalle vantaggiose condizioni di sfruttamento delle ricchezze dei paesi in guerra. Non è più un segreto che in molti conflitti una o più parti in causa siano finanziate dai soldi di alcune multinazionali in cambio di condizioni vantaggiose di sfruttamento di giacimenti di petrolio, oro, diamanti, uranio, coltan, cobalto ed altri indispensabili e rare materie prime necessarie alle industrie dell’Hi-Tech.È triste vedere quanti sono i posti dove le persone combattono, soffrono e muoiono. E scoprire purtroppo quante di queste guerre siano poco interessanti per i principali media internazionali, impegnati a spostare i propri riflettori su quei conflitti che per ragioni economiche, politiche ed ideologiche rispondono meglio ai propri interessi. È triste assistere quotidianamente all’arroganza e alla crudeltà del potere.