Entertainment
di Rick Alverson
con Gregg Turkington, John C. Reilly
Usa, 2015
genere, drammatico, commedia
durata, 104'
Lo stand-up comedian è una figura tipica
dello spettacolo nei club e nei locali americani: in piedi, davanti al
pubblico con un microfono e un repertorio di barzellette, battute
salaci, giochi di parole. Da Bob Hope a Woody Allen,
da Lenny Bruce a Robin Williams (tanto per citarne alcuni tra i più
famosi) gli esempi si sprecano. E' la gavetta di molti comici americani
per poi fare il salto nel cinema o in televisione oppure diventare
famosi tenendo spettacoli nei teatri di Broadway o Las Vegas. Ma la
maggioranza orbita all'interno di circuiti per tutta la loro carriera.
Il giovane regista americano Rick Alverson sceglie di raccontare la vita
di uno di quest'ultimi, un comico non più giovane in tournée in locali
di terz'ordine nel sud desertico della California.
Il
taglio narrativo scelto da Alverson è minimalista, lavora di
sottrazione e di comparazione di scene significanti. Così alle sequenze
dei locali (pub, prigioni, spettacoli all'aperto o feste private) dove
il comico senza nome si esibisce in uno spettacolino sempre più tragico e
farsesco, alterna scene in mezzo al deserto, paesaggi vuoti dove
spuntano auto bruciate, vecchi villaggi ormai morenti, o cimiteri di
aerei. Il personaggio si muove come in uno stato di trance, osservatore
triste e depresso di un mondo dove l'umanità è scomparsa. Il comico
parla al telefono con una figlia che non risponde mai, ma che sappiamo
con certezza della sua esistenza dall'incontro con il cugino (un John C.
Reilly in una piccola parte straniante e la sequenza dove canta seduto
nel deserto con il cappello e gli occhiali scuri vale da sola la visione
del film) che non vedeva da anni. Questo elemento introdotto nella
sceneggiatura elimina il sospetto che la figlia sia una fantasia del
protagonista e invece è più probabile la sua recente scomparsa, se
vogliamo leggere dei segni inequivocabili di morte legati strettamente
al personaggio: il primo quando è nel villaggio dei pionieri abbandonato
si siede su una panchina a fianco di una bara aperta, in un totale che
mette l'oggetto e il personaggio allo stesso livello; il secondo, quando
una sera, in un motel sperduto, dopo uno spettacolo, sente delle grida e
aiuta a partorire una giovane donna. Qui abbiamo un totale della
ragazza immobile in una pozza di sangue e con un controcampo viene messo
in quadro il comico stravolto, imbrattato e con in braccio il neonato
morto.
Ma se la
possibile assenza (morte) della figlia può essere l'elemento scatenante
la depressione, la tristezza è insita nella vita di artista fallito che
sta conducendo. Per metonimia, Alverson mette in scena un malessere
generale, l'anomia di una società aliena(ta)nte. Del resto, la
deformazione della realtà diventa verosimile da un certo punto in poi
anche con l'esplicito utilizzo di frame dove lo schermo appare
totalmente rosso, giallo, verde o nero, in una soggettiva implicita del
personaggio, come a mostrare visivamente il cambiamento percettivo del
mondo, un monocromatismo sintomo della patologia del personaggio.
E
infatti alla fine il comico ha un crollo nervoso a una festa, che
poteva essere importante per lui, e nell'ultima sequenza lo vediamo
davanti a un televisore che guarda una sitcom messicana e dove si vede
come personaggio. Il montaggio della sequenza passa dal primo piano
laterale del comico che ride; uno stacco su un totale all'interno di
quella che sembra una cella e poi a seguire lo vediamo entrare sul set
della sitcom; un altro stacco e torniamo al primo piano laterale
dell'uomo che guarda la televisione. A conferma del totale disgregamento
della percezione, con una confusione sensoriale tra realtà e finzione,
che diventa cifra stilistica per i due terzi del film.
Per
concludere, dobbiamo segnalare la bravura di Gregg Turkington
interprete del comico senza nome: più che mai dimostra come il
personaggio sia molto spesso il film, come in questo caso. Se il confine
tra riso e lacrima può essere a volte labile, perché la vita è sia
dramma che commedia, Turkington riesce a trasmettere questo tipo di
emozione con gli occhi, la voce, il corpo e in particolare nell'ultima
sequenza appena citata il suo riso davanti al televisore si confonde con
i singhiozzi del pianto, in una recitazione di alto livello.
(pubblicata su ondacinema.it/speciale 68 festival di Locarno)
Antonio Pettierre