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7° Festival Pontino del cortometraggio

Creato il 10 gennaio 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Tutto secondo i piani nella prima giornata del Festival pontino del Cortometraggio, manifestazione oramai giunta alla settima edizione: dalle 17 a mezzanotte inoltrata, un susseguirsi di corti di varia natura alternato ad interventi dei registi e scrittori (pontini e non) presenti in sala, per finire con il videointervento dalla Spagna di Jorge Muriel, regista madrileno in concorso con Zumo de Limon.

Programmazione divisa in due tronconi, con le opere locali (Risorse Pontine) a fare da apripista: Si parte con Trasbitalia (Claudia Coppa e Daniele Costantino), fantasiosa e fantascientifica pubblicità del teletrasporter come mezzo di trasporto del futuro: idea carina, molto impegno in postproduzione. Segue Adesso basta di Valerio Sbravatti, corto su liti e ipocrisie della vita di coppia con telefonata a “sorpresa” finale, ed una coppia di corti drammatici a rischio-esercizio di stile, ma con discrete scelte stilistiche: parliamo di Una di troppo di Orazio Malfa, un bel piano sequenza finale, intelligenti campi e controcampi e bravi protagonisti in un’opera sull’omosessualità, e di Il caffè di Pasquale Lorenzo, detto Paco Treglia (così sulla locandina), che affronta il tema della perdita, sfruttando e montando ad arte la preparazione della bevanda. L’ambizioso Il tempo di Marco Tuzi e Roberto Moccia imita il cinema muto che fu e disquisisce filosofeggiante: probabilmente esagera, ma non gli si nega il coraggio di alzare il tiro. Il giovanissimo Simone Fabiani a soli 16 anni scrive, recita e gira La realtà di Giulia: ampiamente perdonabile l’ingenuità formale al cospetto di tanta passione, creatività ed impegno (suo e della famiglia) in un piccolo “Alice” con tanto di effetti speciali. Vagamente ispirato a Paperino e la goccia, l’ironico Rumori nell’intercapedine di Christian Antonilli si basa sulla simpatica interpretazione del protagonista e classiche parodie condominiali. L’AIDS non ti dà scampo, spot d’impatto e d’impegno sociale ben girato in stile-thriller precede Mastrilli di Enrico Tribuzio da Terracina, in cui due veraci nonni raccontano ai nipotini la storia di un brigante del loro paese: scorrevole e simpatico. La terra sopra di noi di Cristian Scardigno è il migliore della prima parte: nel 1944 gli abitanti di Cisterna si rifugiarono nelle Grotte Caetani attendendo l’arrivo degli alleati per 58 giorni in cui non tutti sopravvissero. Storia vera raccontata nel buio di 17 minuti in stile “Diario di Anna Frank”: bravi gli attori, a partire dalla protagonista, fondamentale il regista nelle scelte narrative e nelle soluzioni adottate in scarsità di luce. Sbuca dal nulla Like Aubergine di Salvatore De Blasio, videoclip musicale dei Jungel Groove quantomeno pittoresco animato da quattro fumettistici protagonisti “trash”: a conti fatti, simpatico e con il suo stile. Si chiude la prima parte con Il grande giorno di Francesca Federico, Alessio Granato e Biagio Santaniello sui dubbi pre-altare dello sposo e Norba, la città di pietra di Enzo Paulinich, documentario storico cinematograficamente troppo lento ma molto interessante in immagini, contributi e contenuti.

La seconda parte della giornata, dedicata ai corti internazionali, si apre con i primi corti di fiction: Lo siento, te quiero di Leticia Dolero, allegorica produzione catalana sul primo amore come ferita mai rimarginata, è un corto che narra con colore un angolino di una Barcellona fatta di bellezze straniere, introversi e passionali autoctoni e piccole pescherie locali. 41 di Massimo Cappelli, interpretato dal bravissimo Ugo Dighero alle prese con una particolarissima audioguida in un museo, è un gioiellino di fanta-fiction: acuto nel soggetto, curato nella forma, divertente nel contenuto, cinico e  beffardo nelle conclusioni. http:// di Bartosz Kruhlik si e ci pone interrogativi interessanti sull’etica dei confini fra realtà e finzione nell’era di Youtube e delle sue aberrazioni. Diritti alla meta è un bello spot di Adriano Valerio per i diritti dell’infanzia con metafora rugbystica. Iblei di Vincenzo Cascone è il racconto di uno stupendo parco naturale siciliano che precede la fantastica Pubblicità Progresso Tolleranza Zoro, animazione Flash degli abruzzesi Virginia Capoluongo e Francesco M. De Collibus su un’immaginaria e catastrofica nuova bevanda: capolavoro di humor nero. E’ l’apripista per la Sezione Animazione: Great Expectations di Alexei Gubenko da Bucarest è la tragica storia di un fazzoletto appeso ad asciugare al vento che sogna di librarsi come un uccello, ma lo attende un destino cinico e baro; morbida animazione in 3D immaginazione e poetica d’altri tempi. L’animazione 2D Above The Gray Clouds di Sare Shafipour da Teheran raccoglie in un racconto di fantasia tutta la malinconia di una donna iraniana che, in una città grigia e con un marito noioso, non ha perso la voglia di sognare. Chiude le animazioni Daisy Cutter di Enrique Garcia e Ruben Salazar da Gipuzkoa (provincia della comunità autonoma dei Paesi Baschi), 3D curatissimo nelle luci e nelle forme e forse ostico e criptico nei contenuti, parla di bombe, di bambini che ne sono vittime e di altri che, per non dimenticare, raccolgono per loro margherite…Si torna così a due fiction: il già citato Zumo de Limon parla di Eugenia, una scorbutica ma sentimentale anziana che, dopo la morte del marito, è costretta a confrontarsi con ciò che ha seminato; L’ape e il vento di Massimiliano Camaiti, interpretato da Elio Germano e Philippe Leroy, incrocia i destini (galeotta fu un’ape) di un figlio senza padre e di un padre senza figlio, in cui sarà soprattutto il giovane ad imparare qualcosa. In chiusura, la Sezione Africa con L’ora di pranzo degli allievi del laboratorio A mundzuku Ka hina, letteralmente Il nostro Domani, di Maputo (Mozambico): cronistoria al limite del pornografico delle tecniche di sopravvivenza di una comunità che ruota attorno ad una discarica, insegue ed assale il camion della nettezza urbana come i bimbi americani il carretto dei gelati fuori dalle loro staccionate bianche e si nutre rovistando nei rifiuti, tutti i giorni. Chiude la serata Negritud di Patrick Bencomo de Santa Cruz de Tenerife (Spagna), musicalmente ben sottolineata macroallegoria di una popolazione perseguitata per secoli e costretta ad esiliare oppure a guardare i propri fratelli andar via. E siamo solo al primo di quattro giorni.

Angelo Mozzetta


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