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70 anni fa con il Bebop esplose la rivoluzione del Jazz

Da Gerovijazz @GEROVIJAZZ

Prima il jazz era ballabile poi venne Bird

70 anni fa con il Bebop esplose la rivoluzione del Jazz

La data che sancisce la nascita "discografica" del Bebop è il 26 novembre 1945. Infatti dagli archivi dei WOR Studios di Broadway risulta che il produttore Teddy Rig aveva prenotato per quel giorno una sessione di tre ore, per un gruppo guidato da Charlie Parker nel corso della quale il sassofonista avrebbe proposto alcune sue composizioni originali ( would supply original compositions).

Charlie Parker, all'epoca già abbastanza famoso, era alla sua prima esperienza discografica come leader ed il quintetto che inizialmente avrebbe dovuto prendere parte alla seduta d'incisione, oltre a lui, comprendeva Miles Davis alla tromba, Bud Powell al piano, Curley Russell al basso e Max Roach alla batteria, musicisti già affiatati che spesso si esibivano insieme nei locali della 52th Street. La foto seguente, in cui sono riconoscibili Parker, Davis e Roach, è stata ripresa in uno di quei clubs più o meno in quel periodo .

70 anni fa con il Bebop esplose la rivoluzione del Jazz

Sugli eventi di quella giornata sono state scritte molte cose, non sempre corrette, causando un po' di confusione. Innanzi tutto, all'ultimo momento, Bud Powell partì per Philadelphia lasciando il gruppo senza pianista. Parker contattò subito il pianista Argonne Thornton (Sadik Hakim dopo la conversione all'Islam), mentre Dizzy Gillespie, amico e partner di Parker in molte occasioni, trovandosi in loco si offrì di suonare lui il piano. da John Mehegan, estensore delle note di copertina dell'LP
Il primo equivoco venne causato, alcuni anni dopo,
The Charlie Parker Story (Savoy MG 12079)

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uscito nel 1956, poco dopo la morte del sassofonista, nel quale veniva pubblicato, per la prima volta, tutto ciò che era stato registrato quel 26 novembre 1945. Il critico sosteneva che Bud Powell era in realtà presente, nonostante le numerose testimonianze contrarie, e questo ingenerava una serie di dubbi su chi in realtà suonasse il piano nei vari brani. Stabilito con certezza che Powell non c'era, restava, e forse resta, il dubbio fra Gillespie e Thornton, su chi suonasse cosa. Quello che, tuttavia ci interessa, in questa sede, è la genesi di un solo brano, quel
Koko - un head arrangement sulla base di Cherokee - universalmente considerato il primo esempio su disco di Bebop, un vero e proprio manifesto del nuovo genere musicale.
Esso fu affrontato per ultimo, alla fine della seduta e contrariamente ai brani registrati in precedenza, per i quali erano servite più takes, venne completato al primo colpo, solo dopo una falsa partenza, come si può costatare di seguito.

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La formazione dichiarata sull'etichetta della prima edizione a 78 giri (riportata in apertura) indica, Parker sax alto, Miles Davis tromba, Hen Gates piano (pseudonimo di Gillespie, che non poteva usare il proprio nome per motivi contrattuali), Curley Russell basso e Max Roach batteria, ma in realtà Davis non suona. Egli stesso nella sua autobiografia scrive: (Miles Davis,
riuscire a finire quel disco fu un casino. Mi ricordo che Bird voleva che suonassi "Ko Ko", [...] Bird sapeva che avevo difficoltà a suonare "Cherokee" allora. Perciò quando mi disse che questo era il brano che dovevo suonare gli risposi di no, non lo facevo. ecco perché c'è Dizzy che suona la tromba in "Ko Ko",[...] perché io non avevo intenzione di andare a fare una figuraccia.
Miles l'autobiografia, Minimum Fax, Roma, 2001, p. 91)
Nonostante questa chiara affermazione di Miles, vi è ancora oggi chi sostiene, con cervellotiche analisi musicali, che sia Davis e non Gillespie a suonare la tromba. (1)

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A parte queste questioni di dettaglio, anche un po' noiose per molti, resta il fatto che quella musica era "sconvolgente" (A. Polillo) e dette il via all'era moderna del jazz, ma, come spesso accade alle novità rivoluzionarie, non trovò, per molto tempo, il consenso del pubblico e dei critici e solo pochi lungimiranti ne percepirono la grande modernità e l'originalità innovativa.

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Da sx Thelonious Monk, Howard McGhee e Roy Eldridge davanti alla Minton Playhouse, uno dei locali frequentati dai boppers, assieme al bandleader Teddy Hill all'epoca manager del locale. (foto di William P. Gottlieb)

Se il merito di tale rinnovamento non va attribuito solo a Parker e a Gillespie, ma anche a un gruppo di giovani musicisti neri, stanchi di suonare solo per far divertire i bianchi e desiderosi di modificare quei canoni musicali, che per loro stavano diventando obsoleti, stantii, di routine, Parker resta comunque il simbolo e l'artefice principale del Bebop.

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Disegno di David Stone Martin per una cover

Egli appartiene a quello sparuto gruppo di geni che hanno lasciato tracce indelebili nella storia del jazz. Citando ancora Arrigo Polillo, Parker è stato per il jazz quello che Picasso è stato per la pittura.
Era nato a Kansas City (Kansas) il 29 agosto 1920, ma era cresciuto nell'altra Kansas City quella del Missouri, dall'altra parte dell'omonimo fiume, una città che in quegli anni era considerata una delle culle del jazz, la città di Count Basie, Bennie Moten, ecc. ed aveva avuto modo di ascoltare per anni le migliori orchestre e i migliori solisti.

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Ben presto aveva deciso di diventare anche lui un musicista, e con un sassofono di seconda mano che stava assieme con scotch e elastici si aggirava per i locali nella speranza che lo facessero suonare. A 16 anni era già sposato ed aveva ottenuto una tessera del sindacato dei musicisti. I suoi punti di riferimento erano i sassofonisti Lester Young e Buster Smith, che nella prima metà degli anni '30, prima di diventare famosi, suonavano nei locali che Parker bazzicava.

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Lester Young (al centro) e Buster Smith (a destra)

negli anni in cui si esibivano a Kansas City

Buster Smith (1904-1991), in particolare, era considerato da Parker una specie di mentore, ed ebbe una significativa influenza nel suo processo di formazione.
Dopo un breve soggiorno a New York dove cominciò a sviluppare le prime intuizioni stilistiche, tornato a Kansas City nel 1940, Parker entrò nella Big Band di Jay McShann, un'orchestra all'epoca molto apprezzata e dove cominciò a farsi notare per la originalità dei suoi assolo.

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Un esempio è questo "Swingmatism" del 1941, in cui a Parker viene concesso uno spazio solistico significativo dopo l'assolo al piano del leader.

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La grande capacità improvvisativa e le straordinarie qualità tecniche di Charlie Parker lasciavano allibiti chi lo ascoltava. Alla richiesta di come avesse sviluppato queste qualità, egli lo attribuì soprattutto alla tenacia e alla applicazione nello studio dello strumento.
Suonavo dalle 12 alle 15 ore al giorno. I vicini di casa minacciavano mia madre di costringerla a trasferirsi altrove. Dicevano che li stavo facendo diventare pazzi.
Le sue performance erano caratterizzate da una creatività e una genialità straordinarie, che solo Louis Armstrong aveva avuto prima di lui.

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Per quanto concerne la genesi creativa di
Del periodo precedente alla data che ci interessa di Parker abbiamo solo alcune registrazioni in studio, semi clandestine a causa del "recording ban" proclamato dai sindacati. Il resto sono registrazioni amatoriali dal vivo, con mezzi tecnici limitati, di concerti o jam sessions.
Ko Ko esistono solo un paio di registrazioni amatoriali di Cherokee antecedenti, dalle quali si può cercare di percepire l'elaborazione progressiva del progetto musicale che Parker aveva in testa. Una di queste registrata intorno al 1942 con la Clark Monroe's Band a New York, è contenuta nel seguente video. La qualità della registrazione non è delle migliori, ma ci dà un'idea dell'evoluzione creativa.
Dopo il 1945 il brano rimase nel repertorio di Parker per alcuni anni, ma non venne più registrato in studio.
Il 29 settembre 1947 la big band di Dizzy Gillespie si esibì alla Carnegie Hall di New York e nel corso della serata venne realizzato un set con Parker come ospite, assieme a Gillespie con la ritmica della big band, guidata da John Lewis. Vennero eseguiti 5 caratteristici brani bebop fra cui Ko Ko che chiuse il set. Anche in questo caso Parker sfoderò tutta la sua grinta e la sua inventiva e ne venne fuori un'altra strepitosa esecuzione.
La vigilia di Natale del 1949, sempre alla Carnegie Hall, ebbe luogo un concerto particolare, noto come "Stars of Modern Jazz Concert". Quella serata rappresentò l'apice del successo popolare per il Bebop, si esibirono, infatti, i più prestigiosi esponenti del genere: da Bud Powell a Max Roach, da Sonny Stitt a Serge Chaloff, ecc..
Charlie Parker presenziò con il suo quintetto del momento comprendente: Red Rodney alla tromba, Al Haig al piano, Tommy Potter al basso e Roy Haynes alla batteria. Fra i brani presentati vi fu anche Ko Ko, che possiamo ascoltare di seguito.

Questa è l'ultima testimonianza discografica disponibile del brano e la cosa segna anche virtualmente il declino del Bebop.
Quel concerto infatti segnava anche l'affacciarsi sulla scena del nuovo genere che si sarebbe affermato negli anni successivi; il Cool. Questo grazie alla presenza di Lennie Tristano, Lee Konitz, Stan Getz e dello stesso Davis che ormai era già traghettato nel nuovo genere, come dimostra questo "Move" eseguito da lui quella sera.
Note
(1) http://www.themusicofmiles.com/articles/the-ko-ko-session/session.php


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