La Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia è il più importante festival cinematografico italiano, nonché il più antico a livello internazionale. La 71° edizione si è svolta quest'anno tra il 27 agosto e il 6 settembre, sotto la direzione di Alberto Barbera.
Molte pellicole, che usciranno nelle sale prossimamente, sono tratte da libri o dedicate a scrittori. In attesa di poterle vedere al cinema, scopriamo insieme quali sono in questa prima parte dell'articolo.
La commedia nera Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance), che inaugura quest'edizione del Festival, è ispirata ad alcuni personaggi della raccolta di racconti di Raymond Carver Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. Diretto da Alejandro González Iñárritu e interpretato da Michael Keaton, si tratta di una black comedy su un attore noto per aver interpretato un celebre supereroe che tenta di approdare a Broadway.
Di cosa parliamo quando parliamo d'amore di Raymond Carver (Minimum Fax)
Con questi diciassette racconti, pubblicati negli Stati Uniti nel 1981, Carver che fu subito riconosciuto come maestro della "short story", mise di fronte a scrittori, critici e lettori un nuovo universo narrativo. Scrisse "The Nation" all'uscita del libro, "Duecento anni fa Wordsworth e Coleridge diedero inizio ad una rivoluzione quando proclamarono di voler scrivere con la "lingua veramente usata dagli uomini". Ma nessuno dei due ci riuscì fino in fondo. In questi racconti Raymond Carver ci è riuscito. In maniera impressionante."
Presentato il 31 agosto in concorso al Leone d'Oro, Hungry Hearts. Il bambino indaco è un film di Saverio Costanzo (già regista de La solitudine dei numeri primi) tratto dall'omonimo romanzo di Marco Franzoso (2012). Soggetto della pellicola e del libro è l'amore iperprotettivo e maniacale di una madre per il proprio bambino: Mina (Alba Rohrwacher) è convinta che il figlio sia speciale, purissimo, e che vada protetto dal velenoso ambiente esterno e nutrito con una dieta strettamente vegana. Jude (Adam Driver) la sostiene finché non comprende che la vita del piccolo è in pericolo, ma come arginare il feroce e insensato amore di una madre?
Il bambino indaco di Marco Franzoso (Einaudi)
«Chi sei?, chiedo silenziosamente. Qual è il tuo segreto? Perché non ti conosco?»
«Ho attraversato questa storia sotto tensione fino all'ultima pagina. Poi non ho smesso di tornarci col pensiero. Ho pensato che ci sono due vie per attraversare la vita. E non è possibile sceglierle, perché le decide il destino. La prima, la più diffusa, è quella delle esperienze universali che bussano alla nostra porta. Arriva la nascita, arriva l'amore, arriva la morte. Da uno vanno vestite di blu, da un altro di rosso. Le esperienze fondamentali sono le stesse per tutti, anche se succedono in mille maniere diverse. A qualcuno invece è dato in sorte tutt'altro. Ci sono persone a cui l'universale si presenta completamente stravolto, irriconoscibile. Forse non è più l'universale, ma un'altra cosa ancora, incomprensibile, inaudita, che non ha nemmeno nome. Il male si installa dove ci dovrebbe essere la tenerezza, la sicurezza più fiduciosa. L'orrore sboccia nel più inaspettato dei luoghi. Il bambino indaco si inoltra in quel luogo impossibile, dove le cose primarie crollano, la vita si sfonda precipitando, e la più pacifica delle condizioni, l'amore per il proprio figlio, va conquistata con la più astuta e feroce delle guerre».
Di Olive Kitteridge vi avevamo già parlato in un precedente articolo. Presentata fuori concorso, la miniserie tv in quattro parti diretta da Lisa Cholodenko e tratta dal Premio Pulitzer 2009 è interpretata da Frances McDormand, che quest'anno è stata insignita il Premio Persol. A essere narrata è la vita di un'intera cittadina del New England, filtrata dagli occhi della sensibile ma dura ex insegnante Olive.
Olive Kitteridge di Elizabeth Strout (Fazi)
In un angolo del continente nordamericano c'è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato sull'Oceano Atlantico c'è una donna che regge i fili delle storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge, un'insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltiplicarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell'animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione, e una croce. E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull'altare ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: "Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi". Con dolore, e con disarmante onestà, in "Olive Kitteridge" si accampano i vari accenti e declinazioni della condizione umana - e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un'alta pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo "romanzo in racconti", del Premio Pulitzer 2009. [La nostra recensione]
Presentata fuori concorso anche la trasposizione del capolavoro di William Faulkner, L'urlo e il furore (The Sound and the Fury), diretta e interpretata da James Franco. Ambientato in Mississippi agli inizi del '900, L'urlo e il furore narra il declino dei Compsons, un tempo orgogliosa famiglia aristocratica del Sud, attraverso le voci di quattro personaggi: i tre figli Benji, Quentin e Jason, e la domestica Dilsey.
L'urlo e il furore di William Faulkner (Einaudi)
Il 1929, passato alla storia come l'anno del crollo di Wall Street che segnò l'inizio della Grande Depressione, è un anno fondamentale anche per la letteratura americana. Escono infatti "Addio alle armi" di Hemingway e "L'urlo e il furore" di Faulkner, una coincidenza che avvicina i libri, diversissimi tra loro, di due amici. Faulkner dà voce barocca a tutte le ossessioni e i fanatismi di quel Sud di cui pativa l'interminabile decadenza, incominciata con la sconfitta nella guerra civile. La mitica contea di Oxford diventa il teatro di un insanabile conflitto tra bianchi e neri, bene e male, passato e presente. Il romanzo è un complesso poema sinfonico in 4 tempi, che scandiscono le sventure di una famiglia del profondo Sud. [La nostra recensione]
Renato de Maria presenta invece in concorso per il Premio Orizzonti La vita oscena, trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo autobiografico di Aldo Nove. La storia drammatica e psichedelica di un giovane alla ricerca della morte in seguito allo sgretolamento della sua famiglia, interpretata da Isabella Ferrari, Clément Métayer e Roberto De Francesco.
La vita oscena di Aldo Nove (Einaudi)
"Ero piccolo ma già sapevo che riempirsi di cose era il modo che usiamo per sentirci il più lontano possibile dalla morte". Un bambino osserva il mondo degli adulti con la sua voce tersa e visionaria. Il padre che guida velocissimo cantando jingle di Carosello, ma da quando la moglie si è ammalata spesso ferma l'auto di colpo e "fa la faccia della morte". La madre che era una hippy e ora ha il cancro e aspetta la morte, ma a morire per primo è il marito, "come un'offesa inimmaginabile". Rimasto solo, ormai adolescente, il protagonista sprofonda nell'alcol e negli psicofarmaci finché per errore non manda a fuoco la casa. E comincia la sua iniziazione all'abisso, dove droga e irrefrenabile desiderio sessuale ricalcano il meccanismo dell'attesa e del consumo che riempie le nostre esistenze. Una specie di morte in vita da cui però - imprevista - affiora la rinascita.
Nota: Immagini tratte dal sito della Biennale.