Mancano tre giorni all’apertura della 76° Mostra Vini del Trentino che si svolgerà fra il Castello del Buonconsiglio e l’Enoteca Provinciale di Palazzo Roccabruna con i seguenti orari:
• venerdì 18 maggio: dalle ore 20.00 alle ore 22.00
• sabato 19 maggio: dalle ore 16.00 alle ore 22.00
• domenica 20 maggio: dalle ore 16.00 alle ore 22.00
• lunedì 21 maggio: dalle ore 15.00 alle ore 19.00 (giornata per gli operatori e giornalisti di settore)
Diamo notizia anche di questa manifestazione, come cerchiamo di dare notizia di tutto quanto avviene in Trentino a proposito di vino. Ulteriori informazioni possono essere reperite sul sito istituzionale dell’Enoteca Provinciale a questo indirizzo e su quello di Trentino Marketing qui e poi anche su inTrentino , la bella testata giornalistica on line della medesima società pubblica. Qui, invece, potete scaricare in formato pdf l’artistica brochure della manifestazione. Insomma, come avrete capito, ringraziando Dio, l’informazione istituzionale non manca. E se qualcuno ha voglia di trascorrere un bel fine settimana in Trentino, fra vini, spettacoli, musica e tutto il resto, può trovare on line tutto il materiale necessario per organizzarsi agevolmente il week end.
Dopodiché, e provate a dirmi che non ve lo aspettavate, Cosimo Senior qualcosa da dire, e non in positivo, su questo evento ce l’ha. Dunque, scorrendo l’elenco dei produttori presenti alla manifestazione (46, comprensivi anche di qualche doppione e di un paio di Istituti-Fondazioni), si ha la sensazione che manchi qualcosa. In Trentino i produttori e i commercianti che escono sul mercato con le loro bottiglie sono più di cento. Io non li ho mai contati, ma chi lo ha fatto dice che vanno ben oltre questo numero. Alla mostra dei vini che si aprirà venerdì, ne parteciperanno meno della metà: se non sbaglio tutte le cantine sociali, tutti i consorzi cooperativi e le loro diverse e variegate proiezioni commerciali. A questi si aggiungono una ventina di produttori artigianali e industriali. Ci siamo? Non credo di aver sbagliato di molto questo calcolo approssimativo. Fra chi manca all’appello, però, ci sono parecchie aziende che, queste sì e non si offendano i presenti, hanno fatto un bel pezzo di storia, e fanno un bel pezzo di attualità, del Vino Trentino. Facciamo qualche nome, tanto per non restare troppo sul generico: Cesconi, Letrari, Marchese Guerrieri Gonzaga. Bastano? Mettiamoci pure anche Balter, marchio dell’attuale presidente dell’associazione dei Vignaioli. O Pojer e Sandri, brand di un ex presidente della medesima associazione. E magari anche quello di Elisabetta Foradori, leader dei Dolomitici e madre e padre di quel gioiello riconosciuto in tutto il mondo civile come un gioiello enologico che risponde al nome di Granato. Vogliamo mettere fra gli assenti anche Castel Noarna e Ruggero de Tarczal? Mettiamoci anche loro. E l’elenco potrebbe continuare. Insomma, la lista di chi non ci sta, a guardare bene, è più lunga di quella di chi ci sta. E’ una situazione figlia dello strappo avvenuto giusto un anno fa, alla vigilia della 75° edizione della Mostra. E anch’essa, a sua volta, figlia di qualcosa, di un malessere, di un disagio, di una divaricazione, che hanno una storia ancora più lunga. Che su questo blog sarebbe perfino noioso ricordare. Da allora, da quello strappo del 2011, è trascorso un anno. Inutilmente. Perché le cose non sono cambiate. Anzi, forse sono peggiorate. L’immagine della viticoltura trentina appare ancora più sbrindellata di un anno fa. Azzoppata. Mutilata. Ferita. Proprio per questo, assomiglia ad un pugno allo stomaco, perché racconta, purtroppo o per fortuna, un pezzo di verità e di realtà che tanti conoscono ma che pochi vogliono sentire: la delega di rappresentazione del vino trentino affidata (da chi? dalla politica, naturalmente) al mondo cooperativo – consorzi di secondo grado e proiezioni commerciali e finanziarie delle coop industrialistiche – non basta più. E soprattutto non convince. Questa delega in bianco, oggi – anzi non da oggi –, qualcuno non la gradisce più. La mette in discussione, la contrasta. E la contrasta, allontanandosi e talvolta marginalizzandosi. Scegliendo altre strade: le Dolomiti e/o i singoli brand aziendali. Non più il territorio. O almeno non più il territorio istituzionalizzato e promozionato delle Doc cooperative. In questo senso il vino degli assenti ormai è un vino completamente “deterritorializzato”, che non riconosce più alla parola Trentino il vantaggio competitivo di un valore aggiunto, ma vive questa parola, piuttosto, come un disvalore. Questo è un tema non facile. Lo sappiamo tutti: il mondo cooperativo rappresenta quantitativamente il 90%, o giù di li, della produzione vinicola trentina. Ma non altrettanto del suo valore qualitativo, attuale e potenziale: anche se nessuno si sogna di mettere in discussione le punte di eccellenza raggiunte dal mondo cooperativo e la funzione di ridistribuzione del reddito esercitata democraticamente fra la popolazione trentina dalle Sociali. Ripeto, il tema è difficile e anche estremamente delicato. Ma questo è il tema su cui la politica oggi dovrebbe avere il coraggio di misurarsi. Certo, nessuno può costringere nessuno a partecipare ad un evento. Non lo può fare l’assessore Mellarini. Non lo può fare l’Enoteca Provinciale. E non lo può fare Trentino Marketing. Ma se questo è il risultato, lo sbrindellamento di cui sopra, ad una classe dirigente che abbia l’ambizione e la stoffa di esserlo, spetta il compito di analizzare, di capire, di trovare soluzioni. Di disegnare prospettive percorribili e orizzonti credibili. In questo ultimo anno, dallo strappo del 2011 in poi, questo purtroppo non è avvenuto. C’era tempo un anno. Un anno sono dodici mesi. Ma chi avrebbe dovuto cercare di rimediare, di fare sintesi, di ricucire, di disegnare un nuovo contenitore e una nuova immagine condivisa per il vino trentino, non lo ha fatto. E’ rimasto alla finestra a guardare. E la politica di chi sta a guardare è la politica di chi sceglie di difendere quello che un tempo avremmo chiamato status quo. E lo status quo è il terreno e lo scenario in cui muovono a loro agio solo i più forti. Anche stare a guardare, anche stare alla finestra, dunque è politica. E’ scelta politica. Legittima, naturalmente. Ma ha un nome: conservazione. O liberismo. Rinunciare a modificare la realtà, arrendersi dolosamente alla realtà per lasciare campo libero al più forte, a chi domina incontrastatamente il mercato, è un affare di destra. E’ un affare da conservatori. E’ il segno distintivo di una politica conservatrice che ha scelto intenzionalmente di stare con il più forte. E magari di spianargli anche la strada. Tutto legittimo, tutto perfino comprensibile e magari, per molti, anche condivisibile. Ma a me questa roba qui, di destra, non piace. Per questo, auguro a tutti, vicini e lontani, buona Mostra (Conservatrice) dei Vini del Trentino. Che questa volta, per la prima volta da tanti anni a questa parte, dovrà fare a meno di me. Ma so già che pochi se ne accorgeranno. E che qualcuno tirerà un liberatorio sospiro di sollievo. Salute!