6 agosto 2014 Lascia un commento
Un ricco uomo d’affari acquisisce delle sale di pachinko a Tokyo e nello stesso periodo resta vedovo dell’amata moglie, unico riferimento morale e sessuale della sua vita. La perdita lo avvicinera’ al figlio e insieme a lui percorrera’ nuove strade sulla via di un erotismo esotico e raffinato per un totale appunto, di otto donne e mezzo. Praticamente come disintegrare una carriera invidiabile con due film soltanto.
Che gli disse il cervello a Greenaway in quel periodo, non e’ dato saperlo, certo e’ che non si puo’ pensare che un film come questo potesse in qualche modo arrivare anche al piu’ benevolo degli spettatori e si badi bene, siamo anni luce avanti la tragedia che fu "I racconti del cuscino". La citazione a Fellini non si limita al titolo laddove entrambi hanno voluto esprimere un’idea edonistica e autoreferenziale ma l’abisso che separa le due opere divide l’autore inglese dal nostro connazionale in modo persino umiliante.
Sara’ l’assenza di humor o almeno di qualcosa che non puzzi d’enciclopedia, saranno le tesi uguali, su tutto la donna, ma tragicamente diverse nell’esposizione, onirico e solare il nostro, vizioso e viziato il secondo.
Sara’ anche che Greenaway non esce dai soliti cliché che alla lunga hanno stancato, ripetendo all’infinito le equazioni sesso-morte, sesso-carne-menomazioni, sara’ che manca totalmente ogni estetica degna di essere ricordata.
Poi insomma, va bene mettersi in piazza ma oltre un certo limite viene anche da dire che poi in fondo, non frega poi piu’ di tanto e comunque e’ sempre questione di contenuto e di stile che si sfascia nell’eccesso di particolari.
Che poi erotizzarsi con suore, donne gravide e prostitute a tempo pieno non e’ che poi sia questa fonte di originalita’. E poi basta, basta uomini nudi…