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8 motivi per non festeggiare l’8 marzo

Da Psicotorino

Oggi 8 marzo ricorre la Giornata Internazionale della Donna, come ci ricorda anche Google:

Detto questo, trovo che vi siano (almeno) 8 motivi per non festeggiare questa ricorrenza:

  1. Ormai si tratta di una mera giornata commerciale;
  2. La data coincide con un tragico episodio, cioè il rogo avvenuto nel 1908 in una filanda di New York e che portò alla morte i numerose operaie;
  3. La notizia di cui sopra è una bufala. Un incidente simile accade però il 25 marzo 1911 alla Triangle Shirt Waist Company, sempre a New York. Morirono 146 operai, in gran parte donne;
  4. Oggi si spendono tante belle parole: uguaglianza, parità, diritti. E domani?
  5. Ancora troppe donne nel mondo sono vittime di maltrattamenti fisici e psicologici, in nome di una religione o tradizione da rispettare. Spose bambine, donne lapidate, infibulazioni. Dubito che oggi abbiano di che festeggiare.
  6. In Italia abbiamo poco di che gongolare: non passa giorno che una donna non finisca in prima pagina,  morta  per mano i qualche uomo che diceva di amarla;
  7. I pregiudizi e gli stereotipi sul ruolo della donna sono ancora duri a morire. Se fa figli sarà una pessima lavoratrice, se non li fa è una donna incompleta,…tanto per citarne un paio.
  8. Tanti di questi pregiudizi e stereotipi solo alimentati da donne, nei riguardi di altre donne. La “solidarietà rosa” di cui tanto si parla in certi ambienti fa acqua a tutte le parti.

Ci sono tante occasioni in cui questi 8 punti trovano una felice smentita: ad esempio questa domenica si è tenuta a Torino la Just the woman I am, manifestazione podistica in rosa a favore della ricerca oncologica. Senza contare tutte quelle meravigliose donne che ogni giorno si spendono per il bene della collettività, qui e in località remote e disagiate nel mondo.
Quello che vorrei trasmettere con questo articolo è l’idea che le donne valgono più di una mimosa e che il rispetto per ogni essere umano debba essere praticato tutti i giorni dell’anno. Purtroppo siamo un popolo dalla memoria corta.



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