L’8 settembre del 1943 attraverso i microfoni di Radio Algeri, gli italiani e tutto il mondo poterono ascoltare queste poche, semplici e chiare parole: “Qui è il generale Eisenhower. Il governo italiano si è arreso incondizionatamente a queste forze armate. Le ostilità tra le forze armate delle Nazioni Unite e quelle dell’Italia cessano all’istante. Tutti gli italiani che ci aiuteranno a cacciare il tedesco aggressore dal suolo italiano avranno l’assistenza e l’appoggio delle nazioni alleate”.
Era l’annuncio dell’armistizio che metteva fine all’alleanza tra l’Italia fascista e la Germania nazista, esaltato solo quattro anni prima dalla propaganda del Luce.
Da circa un mese e mezzo, precisamente dal 25 luglio precedente, come ricostruito in queste immagini di un documentario, Vittorio Emanuele III aveva sollevato Benito Mussolini dall’incarico di capo del governo, dopo un voto del Gran Consiglio del Fascismo che lo aveva sfiduciato, sostituendolo con il maresciallo Pietro Badoglio il quale, nei successivi quarantacinque giorni, mantenne un atteggiamento ambiguo tranquillizzando da un lato i tedeschi sulla fedeltà del paese all’alleanza e dall’altro negoziando con gli Alleati un armistizio.
Sintomatico da questo punto di vista il silenzio dei cinegiornali Luce sul cambio di governo. Nel numero del tre agosto, il primo dopo la caduta di Mussolini, si parla diffusamente dei bombardamenti su Roma, della guerra che procede e dell’addestramento delle truppe. I toni sono quelli degli anni precedenti. Solo l’anno successivo, in piena Repubblica di Salò, verrà montato un servizio teso a stigmatizzare l’accaduto.
“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta”
L’Italia del 25 luglio è un paese stremato da 21 anni di regime e tre di guerra. Badoglio si affretta a precisare che “la guerra continua, l’Italia duramente colpita nelle sue province invase, nelle sue città distrutte, mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni.”
I giornali Luce si adeguano: gli alleati sono i nemici; ma Hitler evidentemente si fidava poco e diede inizio all’operazione Alarico attraverso la quale i tedeschi stanziarono nella penisola 17 divisioni più altri 150.000 uomini non inquadrati.
Mussolini venne arrestato il 26 luglio e, in fasi successive, trasferito a Ventotene, Maddalena e infine sul Gran Sasso.
Il giorno successivo la divulgazione dell’armistizio ebbe inizio una delle operazioni decisive per la liberazione del territorio italiano: lo sbarco di Salerno, qui visto dalle truppe alleate in un combact film di quei giorni. Preparato da tempo esso ebbe inizio il nove settembre. Ciò contribuì a creare nei soldati alleati una sorta di ingiustificata euforia: se le previsioni su una scarsa resistenza dell’esercito italiano erano infatti fondate, quella che gli angloamericani avevano sottovalutata fu la reazione dei tedeschi: disarmato l’esercito italiano, ormai completamente allo sbando, essi diedero vita a una violenta controffensiva che causò moltissime perdite tra gli alleati e ne rallentò notevolmente l’avanzata: solo dopo tre giorni Salerno fu conquistata. La strada verso Napoli era aperta: il 27 settembre al termine di quattro giorni di duri combattimenti la città si liberò da sola dei nazisti, come racconterà 19 anni più tardi il regista Nanni Loy nel film Le quattro giornate di Napoli.
Con la fine dell’anno l’Italia meridionale è completamente liberata e sotto il controllo del governo italiano che il 13 ottobre ha dichiarato guerra alla Germania.
Affatto diversa la situazione al Nord: l’11 settembre liberato da un commando composto di tedeschi, come illustrato da questo documentario UFA, Mussolini fonda la Repubblica Sociale Italiana. Si richiama al fascismo delle origini: in questo servizio del 1943 la prima assemblea del Partito Fascista Repubblicano . In realtà si tratta di uno stato fantoccio messo su dai tedeschi per controllare meglio il territorio e i cui membri si distingueranno, nei mesi a seguire, per efferatezze e crudeltà. Tra i suoi atti più eclatanti ci fu il processo di Verona, ricostruito egregiamente da Carlo Lizzani diciotto anni più tardi nel film Il processo di Verona, qui presentato dalla Settimana Incom, al termine del quale i gerarchi che avevano votato l’ordine del giorno di Grandi furono condannati per tradimento e fucilati. Tra di loro anche Galeazzo Ciano, qui ripreso dopo la fucilazione in uno scatto conservato nell’archivio Luce, già ministro degli esteri, che di Mussolini era genero avendone sposato la figlia Edda.
Sarebbe troppo lungo elencare in questo contesto tutti gli episodi che costellarono la storia del nord del paese fino alla liberazione: si tratta di pagine crudelissime: moltissimi cittadini dell’Italia centro settentrionale provarono sulla loro pelle la ferocia dell’invasore tedesco. Interi paesini furono rasi al suolo dai nazisti in ritirata: donne, vecchi e bambini non furono risparmiati. In un servizio del 1946 La settimana Incom commemorerà l’eccidio di Marzabotto, uno dei più tragici.
Nel frattempo i partiti antifascisti si riorganizzarono: già nel 1943 la Democrazia Cristiana, il Partito comunista, il Partito socialista, il Partito liberale e il Partito d’azione diedero vita ai Comitati di liberazione nazionale (CLN) alla cui testa venne messo Ivanoe Bonomi, che guidarono e organizzarono la Resistenza, pagina fondamentale nella storia d’Italia come dimostra questo servizio realizzato in occasione del centenario della nascita dello stato unitario, e cui presero parte anche molti tra i fedeli alla monarchia sabauda ed ex militari dell’esercito regolare.
Nel giugno 1944 Badoglio rassegnò le dimissioni e venne sostituito proprio da Bonomi, qui ricordato con immagini di repertorio in occasione della sua scomparsa, alla guida di un governo che comprendeva i partiti del CLN e che rimase in carica fino al giugno dell’anno successivo quando verrà sostituito da un nuovo ministero, presentato da un servizio dei notiziari Nuova Luce, presieduto da Ferruccio Parri, leader del Partito d’azione.
Oltre a quella geografica, una seconda, più profonda e più dolorosa spaccatura, che finì per configurarsi come una vera guerra civile, fu quella che divise gli italiani che volontariamente decisero di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, in molti casi, probabilmente per un malinteso senso del dovere e dell’onore, e di continuare quindi a combattere accanto ai nazisti, e quelli che scelsero di aderire alle formazioni partigiane e che contribuirono in maniera determinante, loro si, a riscattare l’onore del paese, e con l’appoggio degli anglo americani, a liberare l’Italia e a gettare le basi per farne un paese democratico.
Si potrebbe discutere a lungo se ci furono eccessi da entrambe le parti, se era giusto compiere determinate azioni, se era necessario assistere allo spettacolo per la verità poco edificante di piazzale Loreto, quando i corpi di Benito Mussolini e della sua amante Claretta Petacci furono esposti al pubblico ludibrio, come si vede in queste famosissime immagine riprese dagli americani. E in molti lo fanno attraverso saggi molto interessanti e polemiche giornaliste non sempre all’altezza. Quello di cui crediamo non si possa invece discutere, è stabilire chi stava dalla parte del torto e chi dalla parte della ragione. Solo partendo da questi presupposti si potrà pensare di avere un futuro condiviso.