“Sono contento. E anche un po’ preoccupato”

Creato il 26 settembre 2011 da Stukhtra

Più veloce della luce. Forse

di Chiara Mancini

Allora alla fine ce l’avete fatta, eh? Avete battuto la luce in velocità.

Sì, beh, sa com’è… l’allenamento è tutto. Poi ci vuole anche un buon affiatamento di squadra: è importante il sostegno dei compagni nella corsa. E il tifo dei ricercatori, i promotori della sfida. Sì, alla fine ce l’abbiamo fatta.

Quanto vi siete allenati? E’ stata dura?

Abbiamo provato molte volte e abbiamo prodotto ottimi risultati nei 15 mila eventi registrati, ma nella scienza mica è così semplice. Anche se sembrava che vincessimo, c’erano un sacco di variabili da tenere in considerazione: errori di misura, effetti della deriva dei continenti e tanto altro. Ci sono voluti tre anni. Che per noi, abituati a ragionare in nanosecondi, è un tempo lunghissimo. E’ stata dura, ma la ricerca è fatta così.

Come si svolge una prova?

Si parte dal CERN di Ginevra, dove veniamo “sparati” verso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Qui veniamo “fotografati” e viene rilevata la nostra velocità.

E quanto ci mettete da Ginevra al Gran Sasso?

La luce ci mette 2,4 millesimi di secondo. Noi 60 nanosecondi in meno. In termini di distanza, significa un vantaggio di circa 20 metri. Un bel successo, eh?

Bravi, non c’è che dire. Ma che strada fate? Passate attraverso un tunnel?

Un tunnel? Ah ah ah! Ma quale tunnel? Questa è proprio bella! Ma lo sa qual è la distanza? Sono 730 chilometri! Un tunnel sotterraneo di 730 chilometri dalla Svizzera al Gran Sasso? Ah ah ah! Ma come le viene in mente?

Boh, non so, devo averlo letto da qualche parte. Scusi, non è che sono molto esperta di neutrini. Se non attraverso un tunnel, allora, da dove si passa?

Così, sottoterra. La roccia mica ci ferma. Siamo neutrini, sa?

Che cos’è un neutrino, allora? Insomma, lei chi è?

Sono una particella elementare, cioè sono indivisibile. Non ho carica elettrica. Sono affascinante e anche un po’ misterioso. Infatti, per esempio, è difficile dire se ho massa oppure no. Inoltre interagisco pochissimo con la materia quando la attraverso. Occorrerebbe un ipotetico muro in piombo spesso un anno-luce per bloccare la metà dei neutrini che lo attraversano.

In questi giorni non si parla d’altro che di voi. E’ contento di essere diventato famoso?

(Arrossisce) Sì, sono contento. E anche un po’ preoccupato.

Perché?

Perché c’è sempre troppo sensazionalismo. Vede, io ho detto che abbiamo battuto la luce perché credo che l’abbiamo fatto davvero. E perché i fatti sembrano confermarlo. Ma potrebbe anche non essere così.

Che cosa? Vuol dire che è una bufala?

No, no. Voglio solo dire che bisogna andarci cauti. Nella scienza è così. Oggi i fatti sembrano darti ragione, ma domani, alla luce di altre considerazioni, di altri esperimenti, di altre variabili non considerate, di errori sistematici scoperti, potrebbero darti torto. Perciò sono contento, ma non vorrei montarmi troppo la testa. Sono consapevole che, se qualche ricercatore ripeterà gli esperimenti e troverà qualcosa che non va, io tornerò agli occhi di tutti a essere quello che ero: una particella elementare un po’ bizzarra ma senza niente di troppo speciale.

E, se la cosa si dimostrerà vera, che cosa succederà?

Si parla addirittura di una rivoluzione nella fisica. Dicono perfino che abbiamo sovvertito la teoria della relatività. Ma sa che le dico? Che è meglio aspettare prima di pensare alle conseguenze. Prima vediamo se qualcun altro conferma i risultati. Lo hanno chiesto anche i ricercatori.

Comunque un grande lavoro. C’è qualcuno che vuole ringraziare, in particolare?

Sì. Antonio Ereditato, dell’Università di Berna, che ha guidato l’équipe internazionale. E poi tutte le persone coinvolte nell’esperimento OPERA. Grazie a tutti, di cuore.


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