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Una cometa a chiazze... di ghiaccio d'acqua!

Creato il 24 giugno 2015 da Aliveuniverseimages @aliveuniverseim

Utilizzando la fotocamera ad alta risoluzione OSIRIS ( Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System), a bordo della sonda dell'ESA Rosetta, gli scienziati hanno identificato più di cento chiazze di ghiaccio d'acqua grandi pochi metri sulla superficie della cometa 67P / Churyumov-Gerasimenko.
Il nuovo studio è stato pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

Osservando i gas emessi dai nuclei cometari, man mano che si spostano verso il Sole lungo le loro orbite, sappiamo che le comete sono ricche di ghiaccio d'acqua. In prossimità del perielio, la loro superficie si riscalda ed il gas sublima trascinando particelle di polvere incorporate nel ghiaccio che vanno a formare la chioma e la coda. Parte di questa polvere, però, se il ghiaccio sublima, ricade sulla superficie della cometa, ricoprendola con un sottile strato polveroso che lascia ben poco ghiaccio esposto visibile. Questi processi sembrano spiegare perché 67P ed altre comete hanno un albedo così basso, cioè sono poco riflettenti.

Gli strumenti di Rosetta, però, hanno rilevato una certa varietà di gas, tra cui vapore acqueo, anidride carbonica e monossido di carbonio, che si pensa provengano proprio dal ghiaccio nascosto sotto la superficie della cometa.
La svolta è arrivata con le immagini riprese dalla narrow-angle camera di OSIRIS a settembre 2014, che hanno permesso di rilevare 120 regioni sulla superficie di 67P fino a dieci volte più luminose rispetto alla luminosità media tipica del nucleo.
Alcune di queste caratteristiche si trovano in gruppi e sono probabilmente il risultato di un'erosione o crollo recente: comprendono sassi di poche decine di metri e si trovano generalmente nelle zone detritiche alla base delle scogliere. Altre, invece, sembrano isolate e, molte di loro sono massi dalle superfici riflettenti. Si pensa che questi siano oggetti eiettati da altre zone, con una velocità insufficiente per sfuggire alla forza gravitazionale della cometa.

Una cometa a chiazze... di ghiaccio d'acqua!

Copyright ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

In entrambi i casi, comunque, le caratteristiche luminose sono state trovate in aree che ricevono relativamente poca luce solare, come all'ombra di una scogliera, e non sono state notate variazioni significative tra foto riprese nell'arco temporale di un mese. Inoltre, sembrano rispondere di più alle lunghezze d'onda nel blu, in contrasto con lo sfondo più rosso coerente con una componente ghiacciata.

"Il ghiaccio d'acqua è la spiegazione più plausibile per queste caratteristiche", spiega Antoine Pommerol dell'Università di Berna e autore principale dello studio, nel report sul sito dell'ESA.
"Al tempo delle osservazioni, la cometa era ancora piuttosto lontana dal Sole e quindi la velocità a cui il ghiaccio sublimava era inferiore a 1 mm per ora di energia solare incidente. Al contrario, se l'anidride carbonica o il monossido di carbonio ghiacciati fossero stati esposti, sarebbero sublimati rapidamente se illuminati dalla stessa quantità di luce. Non ci saremmo, quindi, aspettati di vedere una quantità di ghiaccio stabile sulla superficie in quel momento".

Il team ha utilizzato anche esperimenti di laboratorio per testare il comportamento del ghiaccio d'acqua mescolato con minerali diversi, sotto la luce solare. I risultati hanno mostrato che dopo poche ore di sublimazione, si è formato un mantello di polvere scura di pochi millimetri, che ha coperto completamente in alcuni punti il ghiaccio sottostante.

"Uno strato di 1 mm di spessore è sufficiente a nascondere i livelli sottostanti agli strumenti ottici", spiega Holger Sierks, ricercatore principale di OSIRIS, presso il Max Planck Institute for Solar System Research di Göttingen.

A volte, però, i grani più grandi sollecitati dall'attività cometaria potrebbero volare sulla superficie da un punto all'altro, esponendo zone ghiacciate rimaste sepolte.

"La superficie scura relativamente omogenea del nucleo della cometa 67P / Churyumov-Gerasimenko, scandito solo da alcuni punti luminosi nella scala di un metro, può essere spiegato con la presenza di polvere sottile composta da minerali refrattari e sostanza organica, con le macchie chiare corrispondenti alle aree da cui il mantello di polvere è stato rimosso, rivelando un sottosuolo ricco di ghiaccio d'acqua".

Una cometa a chiazze... di ghiaccio d'acqua!

Esempi di zone ghiacciate sulla cometa 67P. Le immagini a sinistra sono state acquisite il 5 settembre 2014, quelle a destra il 16, quando la sonda si trovava tra i 30-40 km dal centro cometa. Le composizioni, che mostrano colori sorprendentemente simili a quelli virtuali delle nostre elaborazioni, sono state ottenute utilizzando lunghezze d'onda di 882.1nm per il rosso, 649.2nm per il verde e 360.0nm per il blu.
Copyright ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

Un'ipotesi accreditata tra i membri del team è che la formazione delle zone ghiacciate risalga all'ultimo perielio, cioè a 6,5 anni fa, con blocchi di ghiaccio espulsi in regioni perennemente in ombra e preservati per diversi anni sotto la temperatura di sublimazione.
Un'altra idea è che, anche a grande distanza dal Sole, l'anidride carbonica e il monossido di carbonio riescano a guidare l'attività cometaria e muovere blocchi di ghiaccio.

"Mentre la cometa continua ad avvicinarsi al perielio, l'aumento di illuminazione solare sulle zone luminose che una volta erano in ombra dovrebbe causare cambiamenti nel loro aspetto e ci aspettiamo di vedere aree di ghiaccio esposto ancora più grandi", ha aggiunto Matt Taylor, project scientist della missione.

Rosetta, ora di nuovo in compagnia di Philea, avrà comunque ancora molto tempo per carpire i segreti di "Chury" perché l'ESA ha da poco confermato che la missione sarà prorogata fino a settembre 2016. A quel punto la cometa sarà di nuovo lontano dal Sole e la sonda non avrà più energia sufficiente per funzionare ma sarà riuscita ormai a documentato una buona parte del viaggio di 67P.
Prima della fine dell'avventura, Rosetta potrà avvicinarsi di nuovo al nucleo, catturare mappe dettagliate, registrare i segni lasciati dal perielio e finalmente identificare Philae. Tuttavia, Rosetta sarà anche a corto di propellente e questo segnerà il suo destino, così come è accaduto per molte altre sonde: una discesa a spirale, che durerà circa tre mesi, porterà il veicolo spaziale ad impattare sulla cometa 67P ma il team spiega nel comunicato, che c'è ancora tempo per pianificare questo scenario.


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