87. Incipit (reprise)

Creato il 17 gennaio 2011 da Fabry2010

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In genere, quando si inizia un romanzo, si è convinti di scrivere qualcosa di assolutamente originale, un’opera che passerà alla storia, si distinguerà dall’ammasso di carta quotidianamente riversato sulle bancarelle di mezzo mondo (la parte di mondo dove si ha tempo per leggere, e non si sgobba venti ore al giorno per un pugno di riso, per esempio). Chi si accinge a riempire il foglio bianco o la parte di schermo destinata alla scrittura, poi, si dà arie da bohémien, circondato da una cifra imprecisata di tazzine vuote da caffè e/o mozziconi di sigarette accumulati in ogni angolo; ha un aspetto scapigliato e una finestra che dà su qualche scorcio di città particolarmente pittoresco. Basta affacciarsi, la sera, guardare le coppiette che si stringono con il gelato in mano, l’ubriacone che barcolla cercando di trascinarsi al bar, i bambini che s’inseguono passando sotto le gonne svolazzanti delle mamme (se esistono mamme giovani con gonne, nella civiltà dei jeans con squarci e patacche obbligatori), ed ecco che l’ispirazione arriva per miracolo. Si ritiene, in genere, che per scrivere un romanzo sia utile affittare (o, se si può, acquistare) un faro dove l’oceano percuota la scogliera, perché la schiuma, il vento sono ingredienti topici in contesti letterari. In realtà, è sufficiente un computer in una stanza di periferia affacciata su palazzi dozzinali senza alcun segno di riconoscimento, e una strada dove i clacson e le bestemmie s’inseguono privi di qualunque logica apparente. Insomma, nessuna notte buia e tempestosa, solo un torrido pomeriggio d’agosto in cui un obiettivo ragionevole è sopravvivere alla pressione bassa e al caldo.
Don Faber ha il problema contrario: la pressione alta. Anzi, in questi giorni ha una brutta influenza che non si sa da dove venga; si sa solo che sconquassa i polmoni e costringe a imbottirsi di medicinali. Era riuscito finalmente a dormire e sognava di romanzi e scuole di scrittura, attentati e premi letterari. Lo ha svegliato un evento imprevedibile: la collinetta di medicine in equilibrio accanto al letto è precipitata rumorosamente, facendolo sobbalzare non più per la tosse ma per lo spavento. Ripensa al sogno; gli ha comunicato un’urgenza insopprimibile di scrivere, anche per distrarsi dalla preoccupazioni che lo assillano da un po’ di tempo a questa parte: una lettera di minacce anonima, un personaggio alto e brizzolato che si aggira nel portico della parrocchia come per controllare gli orari di chi lo frequenta abitualmente. Don Faber comincerà stasera: ha in mente un pub e un uomo che affoga i pensieri cattivi nella birra, un barbone che predice il futuro e altri personaggi inquietanti che cercano di scavarsi una nicchia nel mondo ingrigito delle patrie lettere.

FINE



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