"Una società non si giudica soltanto da ciò che crea, ma soprattutto da ciò che non riesce a distruggere".
Basterebbero
queste parole a definire il limbo di ricorsi storici ai quali l'uomo è
eternamente condannato. E' compito del cinema, invece, laddove sia
questo l'argomento interessato, mostrare l'elemento brutale del concetto
di società e di tutte le declinazioni affini che ruotano intorno alla
parola stessa.
"Index
Zero" racconta, in una società di un futuro nemmeno troppo lontano, di
Kurt ed Eva che, per dare una prospettiva migliore al figlio ormai
prossimo alla nascita, tentano di entrare illegalmente negli Stati Uniti
d'Europa (ipotesi, quella degli U.S.E., nemmeno troppo campata per
aria, già presa in considerzione da Ortega Y Gasset tempo addietro). I
due vengono catturati e destinati in un centro, la cui funzione è
rendere gli essere umani pronti per essere produttivi ed inseriti nella
comunità una volta raggiunto l'indice zero.
Prodotto
in maniera indipendente , "Index Zero" è un film che fa sicuramente
categoria a sé in ogni sua fase, che sia pre-produttiva, di
realizzazione e contenutistica, rendendo fattibile ciò che in Italia,
fin'ora, è stato solo utopia. Una messa in scena perfetta e mai sopra le
righe accompagna la fotografia, sempre grigia e disperata, in una
coerenza narrativa tenuta insieme da una grande regia e da una
sceneggiatura talvolte al tritolo, che sbava solo in alcuni momenti
tirati troppo per le lunghe.
La
rivolta popolare finale e il cenno d'innamoramento tra i due giovani,
in maniera tutt'altro che ottimista, pongono l'uomo in una condizione
irriversibilmente astorica in cui la vita - e noi dietro ad essa -
continua a girare a vuoto.
Antonio Romagnoli
Magazine Cinema
"Una società non si giudica soltanto da ciò che crea, ma soprattutto da ciò che non riesce a distruggere".
Basterebbero
queste parole a definire il limbo di ricorsi storici ai quali l'uomo è
eternamente condannato. E' compito del cinema, invece, laddove sia
questo l'argomento interessato, mostrare l'elemento brutale del concetto
di società e di tutte le declinazioni affini che ruotano intorno alla
parola stessa.
"Index
Zero" racconta, in una società di un futuro nemmeno troppo lontano, di
Kurt ed Eva che, per dare una prospettiva migliore al figlio ormai
prossimo alla nascita, tentano di entrare illegalmente negli Stati Uniti
d'Europa (ipotesi, quella degli U.S.E., nemmeno troppo campata per
aria, già presa in considerzione da Ortega Y Gasset tempo addietro). I
due vengono catturati e destinati in un centro, la cui funzione è
rendere gli essere umani pronti per essere produttivi ed inseriti nella
comunità una volta raggiunto l'indice zero.
Prodotto
in maniera indipendente , "Index Zero" è un film che fa sicuramente
categoria a sé in ogni sua fase, che sia pre-produttiva, di
realizzazione e contenutistica, rendendo fattibile ciò che in Italia,
fin'ora, è stato solo utopia. Una messa in scena perfetta e mai sopra le
righe accompagna la fotografia, sempre grigia e disperata, in una
coerenza narrativa tenuta insieme da una grande regia e da una
sceneggiatura talvolte al tritolo, che sbava solo in alcuni momenti
tirati troppo per le lunghe.
La
rivolta popolare finale e il cenno d'innamoramento tra i due giovani,
in maniera tutt'altro che ottimista, pongono l'uomo in una condizione
irriversibilmente astorica in cui la vita - e noi dietro ad essa -
continua a girare a vuoto.
Antonio Romagnoli
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