Sono in attesa dal medico quando entra un uomo di una quarantina d’anni in abiti da lavoro, un operaio stradale presumibilmente. Abbronzato nonostante la stagione, si siede accanto a me. Odora di sudore e catrame. Si gratta i capelli e si soffia il naso. All’improvviso ho un pensiero. Quest’uomo mi spaventa. E se fosse un pazzo? E se tirasse fuori un coltello e ci rapinasse? E se fosse uno che non ha nulla da perdere?
La ragione però ha subito la meglio e comprendo. Mi fa paura perché non indossa un bel paio di jeans e un maglione colorato. Mi fa paura perché è sporco. Mi fa paura perché diverso dall’idea di “bello” con cui veniamo ogni giorno martellati. Ma quest’uomo non è pazzo, non vuole farmi male, non è pericoloso. È solo malato. Un lavoratore malato. Esattamente come me.