La scorsa settimana sono tornata a scuola e ho scoperto che, dopo tutto, non ne usciamo mai completamente.
L’appuntamento era alle 16, ma un inaspettato traffico natalizio ha ritardato il mio arrivo alla Piero Calamandrei, scuola secondaria di 1° grado nel quartiere di Firenze Nova, creandomi un’ansia da prestazione scolastica che non provavo da tempo.
Ad aspettarmi una prof di italiano, ex paleografa, che ama le sfide, un’insegnante di disegno dal sorriso contagioso, una preside che ama gettare lo sguardo (e il cuore) oltre l‘ostacolo e un simpatico maestro di fumetto. L’atmosfera è quella di una festa, con buffet incluso, organizzata per la presentazione ufficiale ad alunni e genitori del progetto A, B, C, D… e… F-umetto e della campagna di crowdfunding a esso collegata.
Alla scuola Pietro Calamandrei, infatti, si sono messi in testa di sfidare crisi e pessimismo nazional popolare, puntando sulla creatività (un corso di fumetto per gli studenti), l’ottimismo (trovare i finanziatori per attivare il corso) e i buoni strumenti del web 2.0 (la piattaforma di crowdfunding Eppela).
E così, mentre i preparativi della festa fervono, io e il maestro Umberto Fizialetti (illustratore e fumettista fiorentino la cui matita ha ritratto personaggi del calibro di Lupo Alberto, Jeronimo Stilton, Tom e Jerry) andiamo in biblioteca per visitare la mostra dei suoi disegni, sotto gli sguardi incuriositi di tanti amici ‘su carta’.
Umberto partiamo proprio dai tuoi disegni: c’è un personaggio a cui ti senti particolarmente legato?
Sicuramente Lupo Alberto. Anche perché è stato il primo. Disegnare fumetti, fino a quel momento, non era un vero mestiere, facevo altri lavori per mantenermi, ma continuavo a fare le mie tavole e a portarle in giro nelle fiere di fumetto. E proprio in una di queste fiere, nel 1995, a Roma incontrai Silver (Guido Silvestri, uno dei più grandi fumettisti italiani, l’inventore di Lupo Alberto). Lui vide i miei disegni di Cattivik e mi propose di disegnare Lupo Alberto. All’inizio rimasi perplesso, non mi sentivo all’altezza del personaggio, ma Silver insistette e così preparai i miei disegni. Andarono bene e a distanza di poco tempo ricevetti le prime tre sceneggiature. Da quel momento le cose sono diventate più serie.Ci racconti come si diventa maestro di fumetto?
Maestro di fumetto si diventa per passione e con grande costanza. Io ho iniziato a disegnare da bambino e non ho mai smesso, anche se il percorso scolastico che ho seguito era di tutt’altro genere. Pensa che sono un perito agrario! Nel mio destino dovevano esserci zappa e vanga, invece ho scelto la matita. A scuola facevo le caricature dei professori e ancora oggi quando ci incontriamo tra compagni, c’è sempre qualcuno che mi dice di conservare gelosamente il diario pieno delle mie caricature.
Nel 1990, poi, venni selezionato dall’Accademia Disney per frequentare i corsi a Milano, eravamo un gruppo di 10 ragazzi. Ma proprio in quel periodo avevo comprato casa, stavo per sposarmi e dissi di no. Dopo cinque anni, fortunatamente, arrivò Lupo Alberto.
A casa, quando eri bambino, c’era qualcuno che disegnava?
Mio padre era un geometra del genio civile. Io vedevo i suoi quadri in casa e ne ero molto attratto, anche se li consideravo troppo geometrici per i miei gusti. Devo confessare che non ho mai amato la geometria, e anche oggi odio la riga. Il disegno che preferisco è decisamente più astratto, più veloce, più moderno direi.
In cosa differisce un libro illustrato da uno non illustrato?
Sono due mondi completamenti diversi. Nel libro non illustrato la priorità è la lettura: il lettore legge, inizia a immaginare e, immaginando, può dar vita a qualunque fantasia. E’ un’esperienza molto bella. Nel libro illustrato, invece, l’obiettivo è affiancarsi ai ragazzi aiutandoli nel loro processo d’immaginazione, che rimane comunque molto personale.
E per il fumetto come si lavora? il lettore che ruolo ha?
Innanzitutto Il fumetto ha le sue regole. Le tavole devono avere una determinata struttura, le vignette devono essere inserite in una certa posizione, e il risultato deve essere il più leggibile possibile. Silver mi diceva sempre, prima di iniziare un lavoro, di pensare di avere davanti dei lettori ignari di tutto, quasi stupidi. Aveva ragione, il fumetto deve arrivare a tutti, la regola più importante è semplificare al massimo, mai esagerare nella vignetta piuttosto semplificare. Se un fumetto non coinvolge i suoi lettori, allora non è fatto bene.
Il fumetto è spesso considerato una lettura per un pubblico di bambini, è vero?
Assolutamente no. Ci sono fumetti per adulti che hanno avuto grande successo: penso ai lavori di Manara, per fare un nome tra i più noti. In molti casi si tratta di letture che ci ricordano un momento della nostra vita a cui siamo legati, a volte il fumetto diventa un mondo di cui ci si appropria e verso il quale proviamo grande sintonia.
Io, per esempio, sono legatissimo al personaggio di Ken Parker, il protagonista di una serie disegnata da Ivo Milazzi e sceneggiata da Giancarlo Berardi. Un esempio di fumetto di altissimo livello, a mio parere insuperabile.
Ti sei mai cimentato in una tua sceneggiatura originale?
Confesso che ho un Robinson Crusoe dentro un cassetto, chissà che un giorno non lo tiri fuori…
Come stai vivendo questa esperienza del corso di fumetto a scuola?
Benissimo! A me stare con i ragazzi piace tanto. Ho già fatto un’esperienza del genere insegnando per due anni storyboard in una scuola di Firenze, ed è capitato anche che mi chiamassero da vari istituti per illustrare agli studenti i miei disegni. Si è trattato sempre di bellissime esperienze. E poi ho la mia scuola di fumetto, quest’anno sono 15 i ragazzi che seguono il mio corso.
Insegnare ai ragazzi è un’attività che faccio con piacere. Vedere la passione con cui si dedicano al disegno mi fa tornare in mente come ero io alla loro età. E proprio perché io non sono stato così fortunato da incontrare qualcuno che mi guidasse quando ero un disegnatore dilettante, vivo questo impegno con molta responsabilità.
Come imposterai il lavoro con i ragazzi?
Il percorso partirà dalla base. Inizieremo dal disegno del reale, perché non si può disegnare un personaggio se non sai realisticamente come è fatto, sia che si tratti di un animale sia che si tratti di un oggetto. Per modificarlo prima devi conoscerlo. Fortunatamente l’insegnante di disegno è molto brava e potremo impostare il lavoro al meglio sin dalle prime lezioni.
Una dote che un disegnatore di fumetti deve assolutamente avere?
L’amore verso questo mestiere. A volte è durissimo: rimanere a disegnare tutta la notte per finire in tempo un lavoro, oppure dover fare altro per mantenersi. Io lo dico sempre ai miei ragazzi: non abbandonate la vostra passione per il disegno, ma continuate a studiare, a lavorare. L’occasione giusta arriverà, ma nel frattempo datevi da fare. La telefonata della Disney che mi ha aperto le porte di quel mondo è arrivata quando meno me l’aspettavo e questa volta ero pronto a dire si!
Un complimento che ti ha fatto particolarmente piacere?
Pochi giorni fa la mamma di una ragazza che segue la mia scuola di fumetto, e che si trovava insieme alla figlia a Lucca Comics, mi ha inviato un messaggio. Mi ringraziava non perché la figlia fosse diventata brava a disegnare, ma per la grande passione che le avevo trasmesso. Un complimento che mi ha dato tanta soddisfazione.
Cosa pensi di questo esperimento di crowdfunding?
Lo considero uno strumento interessante. Per me è la prima volta, ma conosco vari colleghi che ricorrono al crowdfunding per i loro progetti. Sicuramente il tempo a disposizione non è molto, ma vedo che a scuola si stanno impegnando tanto e spero proprio che arriveremo al traguardo!
A questo punto raggiungiamo Anna Agostini, la professoressa di disegno, a cui chiedo come mai la scelta sia caduta proprio su un corso di fumetto: “E’ un’attività allegra e molto vicina ai ragazzi”, mi risponde, “Loro si aspettano di disegnare meglio divertendosi e io di stimolarli attraverso un’attività ludica. Ho pensato fosse la scelta migliore”.E la prof d’italiano cosa ne pensa? “I ragazzi prima di imparare a studiare hanno bisogno di imparare la concentrazione e la precisione e il disegno era lo strumento ideale”, ci confessa Paola Massalin, ”Disegnare è un’attività estremamente piacevole e accattivante e permette ai ragazzi di sviluppare quelle attitudini che sono di base per tutte le materie, non solo per l’italiano. Vogliamo dare loro l’opportunità di crearsi un metodo. E avevamo per le mani un maestro di disegno eccezionale, non potevamo perdere quest’occasione”.
Un’occasione su cui Lucia Di Giovanni, la preside della Piero Calamandrei, ha deciso di puntare con coraggio.
Cosa si aspetta da questa iniziativa?
Mi aspetto di condividere il sogno… e spero che il sogno si realizzi. Altrimenti, sarà stato bello uguale.
Ma c’è ancora spazio per sognare a scuola?
Assolutamente si, e soprattutto c’è spazio per credere nelle proprie aspirazioni e per perseguirle. Non possiamo non vedere il futuro, noi con il futuro ci lavoriamo tutti i giorni: sono i nostri ragazzi e quindi il futuro per noi c’è e deve essere bellissimo.
Io la penso proprio così… e voi? Sosteniamo A, B, C, D… e… F-umetto: un progetto che guarda al futuro. L’Italia ne ha bisogno!
Linkate e donate, c’è tempo sino al 10 gennaio. Parola di LUPO!