Stamattina ho deciso di andare al lavoro alle 10 e di iscrivermi all’AIRE di Sydney. Per chi non lo sapesse, l’AIRE e’ il registro degli italiani residenti all’estero, quello che ti permette di votare. Il consolato e’ all’altro capo della citta’, per cui stamattina sono uscito una mezzoretta prima e ho attraversato tuuuuutta la city, a piedi. Sono arrivato a questo grattacielo mastodontico di fronte all’Opera House, dove in teoria doveva esserci il consolato.
Ma figurarsi se poteva essere cosi’ facile. Appena entrato nel grattacielo mastodontico consulto la lista degli uffici presenti e… non c’e’ il consolato. Stupito, vado alla reception e chiedo. L’usciere mi dice che si sono trasferiti da qualche giorno (grazie per aver aggiornato il sito, by the way) e mi consegna un foglio con il nuovo indirizzo. A questo punto, colpo di scena: il consolato, incredibile ma vero… si e’ spostato nel mio palazzo, a qualche piano di differenza! A questo punto torno indietro. Mi rifaccio tuuuuuutta la citta’ a piedi e arrivo al lavoro, mollo borsa e giacca sulla mia scrivania, prendo il passaporto e salgo al piano del consolato. Comodita’ assoluta, penso.
Ma le avventure della giornata non finiscono qui, perche’ il consolato si rivela essere una bolgia infernale. Il posto e’ pieno di italo-australiani di diciottesima generazione che vogliono il passaporto italiano pur non parlando una sola parola della nostra lingua – una cosa indegna. Me ne fotte niente se tuo nonno era italiano: per avere il passaporto, secondo me, almeno un minimo la Lingua dei Padri la devi parlare. O sbaglio? Agli stranieri che prendono passaporto australiano (ma anche residenza, ma anche visto di lavoro) e’ richiesto il superamento dell’esame di inglese. Non solo, quando diventi cittadino hai anche un esame di storia australiana, e devi giurare sulla regina. Questo mi pare il minimo quando diventi cittadino di un paese.
Ma lasciamo perdere, e raccontiamo gli eventi in ordine di importanza. Anzi, in ordine di dolore, disperazione, angoscia, terremoto e tragedia.
1- Il consolato si rivela essere pieno anche di vecchi italiani pensionati, che vivono qui da cinquant’anni ma per qualche oscura ragione prendono la pensione in Italia. Vai a capire.
2- Nella bolgia infernale, prendo il bigliettino e scopro che prima di me ci sono solo 3 persone. Tutte le altre evidentemente sono i pensionati!! Una grande fortuna, visto e considerato che quelle tre persone ci metteranno in tutto un’ora e venti ad essere servite. Questo per una serie di motivi che ora vi vado ad elencare:
2a- In ogni societa’ evoluta uno arriva agli sportelli con i moduli gia’ compilati. Se non li ha compilati gli vengono consegnati in bianco, e gli si chiede di andare gentilmente a compilarli altrove, e di assicurarsi di avere tutta la documentazione in ordine prima di tornare. Avanti un altro, e via di seguito. A Bananaland invece no: si arriva senza sapere un cazzo di quello che bisogna fare, si chiede “vorrei farmi il passaporto italiano”, dopodiche’ l’addetto prende i mille moduli necessari e li compila per te, o te li fa compilare di fronte a lui, voce per voce, punto per punto, tenendo lo sportello occupato delle intere ore per servire una sola persona. Io di fronte a me avevo ben tre persone su tre sportelli che volevano farsi il passaporto. Tre sportelli aperti, un’ora e venti minuti perche’ se ne liberasse uno. Ripeto: e’ mai possible?
2b- In ogni societa’ evoluta l’impiegato dall’altra parte del vetro ha tutti i moduli a portata di mano. A Bananaland invece no: l’addetto si alza e scompare ogni cinque minuti per ogni minimo foglio da consegnare. Girovaga tranquillo, senza fretta. Intanto la folla inferocita ringhia e maledice la bandiera tricolore, con tutto quello che simboleggia.
2c- In ogni societa’ evoluta esiste un sito internet in cui se devi fare una pratica, prima puoi informarti su cosa devi consegnare (es: fotocopia del passaporto), cosi’ ti presenti li’ con l’adeguata documentazione. Se non hai la fotocopia del passaporto sono cazzi tuoi: l’addetto ti invita gentilmente ad uscire e andarti a fare una fotocopia a tue spese nella cartoleria piu’ vicina, per poi tornare e rifarti la coda. Esistono paesi piu’ accondiscendenti, tipo i consolati indiani (e stiamo parlando di un paese del terzo mondo, ricordiamolo) dove esci, ti fai la fotocopia, dopodiche’ quando torni sei autorizzato a saltare la coda. A Bananaland invece no! A Bananaland il nonno col cappello si presenta col nipotino aussie di sedici anni sottobraccio, “scusate, ci volevo fa’ o’ passapuort’ ao’ picciriddu”, e l’addetto allo sportello non solo lo accompagna ad ogni voce della modulistica, ma si alza (con calma) per lui, va a fotocopiargli il passaporto a spese di Pantalone, mentre la folla inferocita mastica bestemmie a denti stretti.
2d- In ogni societa’ evoluta consegni il modulo compilato e te ne vai per la tua strada. Ci pensera’ un addetto in seguito a inserire il contenuto del modulo che hai compilato nel database, ed eventualmente a comunicarti via mail, via lettera o via telefono l’esito della tua pratica. A Bananaland invece no, perche’ l’impiegato allo sportello non si limita a seguirti amorevolmente punto per punto nella compilazione del modulo, a farti le fotocopie e a farti firmare le carte mentre tutti aspettano dietro. No: dopo tutto questo, si mette pure ad inserire al momento I tuoi dati nel computer, con calma! Dopodiche’, una volta finito, stampa tutto e ti fa ri-firmare lo stampato!!
Insomma, uno scandalo… o forse no, a ben pensarci. Perche’ in fondo non si puo’ insegnare ai giapponesi ad essere romantici, non si puo’ insegnare agli australiani la passione per la buona cucina; e non c’e’ niente da fare: esclusi alcuni casi isolati, non si puo’ insegnare agli italiani l’efficienza. Non c’e’ neppure di che incazzarsi: siamo fatti cosi’, siamo la cultura del genio, dell’estro e della cazzonaggine, e in fondo chi farebbe a cambio con chi ha gli uffici pubblici che funzionano ma mette l’ananas sulla pizza? Mettiamoci il cuore in pace, e consoliamoci pensando che si deve mangiare ogni giorno, mentre con gli uffici pubblici si ha a che fare una volta ogni tanto.
Solo una cosa, pero’. Per il mio bene, non voglio mai, mai, mai e poi mai sapere. Non ditemi mai quanto prendono di stipendio questi quattro nonfatemidirecosa che siedono agli sportelli dei consolati. Vi prego, fatelo per me.