Alessandro Baronciani è un grafico, un illustratore, un fumettista. Fra le altre cose. Con le ragazze, quelle dello studio Munari del titolo di una delle sue opere a fumetti più originali, è diventato famoso. Ora, nell’edizione 2014 del Festival bolognese, le ha lasciate: si chiama infatti I quit girls la sua ultima fatica, in mostra presso Modo Infoshop. Gli abbiamo chiesto di parlarcene.
I quit girls è il titolo della mostra esposta nell’ultima edizione di Bilbolbul. Come si inserisce nel tuo percorso artistico?
I Quit Girls è il titolo di una canzone dei Japandroids, ho cominciato a riascoltarla dopo che i Be Forest ne avevano fatto una cover. Questa primavera mi scrive un messaggio Paper Resistance, vuole fare un libro con soltanto le mie illustrazioni. Una specie di raccolta. Comincio a preparare l’indesign e questa estate ci incontriamo al mare e capiamo subito che non funziona. L’idea di catalogo non piace ad entrambi. Ci vorrebbe qualcosa che lega tutte le immagini, e che non sia un libro di miei lavori passati. Paper Resistance vuole stamparlo tutto in bianco e nero, e alla fine è nata l’idea di questo libro: basta con le ragazze! Un libro soltanto dedicato alle mie illustrazioni declinate al femminile. Ho tolto tutte le immagini a colori, nessuna scritta, nessun font se non quello disegnato a mano. Ho cominciato a disegnare cose nuove e ad inserirle vicino ad altre immagini più conosciute. Una alla volta e arrivato l’autunno è nato il libro di 84 pagine. Grande 28×20. Tutto in bianco e nero.
Una delle immagini in anteprima mostra una donna dietro a un vaso di fiori. Se dovesse avere una didascalia – come nell’originario fumetto da cui Bilbolbul prende il nome – quale sarebbe?
Non ho capito la domanda. Mi chiedi se il disegno ha un nome? Di solito non penso mai ai nomi delle illustrazioni, però non mi piace neanche scriverci “senza titolo”. Penso che scrivere “senza titolo” sia troppo facile come spiegazione per qualcosa. Nella tavola il vaso è pieno di crisantemi che non avevo mai notato ma sono dei fiori bellissimi. Penso di averlo notato nei fumetti di Rumiko Takahashi in Ranma 1/2 vengono usati per sottolineare i momenti romantici delle scene. da li poi ho pensato di inserirli. All’inizio il vaso aveva fiori di campo ed era una idea scartata per un manifesto della Tempesta. è rimasto chiuso nel cassetto per un sacco di anni.
E se ci fosse potuta essere una canzone di accompagnamento alla mostra, visto che la musica è l’altro tuo campo di interesse, quale sarebbe stata?
Probabilmente un disco vecchio dei Blonde Redhead. quelli nuovi non mi piacciono molto. Hai ascoltato per caso l’ultimo? Non ha senso! Oppure perché no, potremmo invitare a suonare direttamente i Be Forest, che li conosco e verrebbero volentieri. I Japandroids magari. Io non li conosco ma i Be Forest, che grazie alla cover, sono stati invitati ad aprire il loro tour europeo, sì, loro li conoscono. Chissà se verrebbero volentieri.
Per richiamare uno dei temi di apertura del Festival, quale spazio viene offerto in Italia – e quanto si rivela importante per la conoscenza di un autore – a iniziative culturali al di fuori dei circuiti tradizionali?
Bisognerebbe capire prima cosa intendi tu per circuiti tradizionali. Noi autori siamo delle aziende con le gambe, dentro di noi abbiamo gli operai, gli account, i direttori generali e gli addetti alle spedizione. Una mia amica che lavora in comunicazione mi ha detto che siamo dei personal brand. Ma sul significato ho trovato poco anche su wikipedia.
Cosa farà Baronciani post-Bilbolbul? Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Comincerò a inchiostrare e disegnare il mio prossimo libro a fumetti. È stato scritto insieme a Colapesce. Una storia veramente a quattro mani questa estate in Sicilia. È ambientato tra Catania e Siracusa, fino ad arrivare a Palermo, passando per uno dei festival più belli dell’isola.
Grazie per aver risposto alle domande de Lo Spazio Bianco, Alessandro.
Intervista realizzata via mail il 14 novembre 2014