A Blast
di Syllas Tzoumerkas
con Angeliki Papoulia, Vassilis Doganis, Maria Filini
Greca/Germania/Paesi Bassi,2014
genere, drammatico
durata, 83'
Così è la vita. In una giornata che il mondo del cinema avrebbe
preferito evitare, con la morte del mai troppo compianto Robin Williams
associata alla notizia del mancato arrivo a Locarno di Roman Polanski,
"costretto" a rinunciare all'invito degli organizzatori per far tacere
le polemiche innescate dalla sua eventuale presenza, dispiace constatare
l'opportunismo di molte testate giornalistiche, pronte a riaccendere la
spina sulla materia cinematografica solo in occasione degli eventi più
dolorosi. Perchè se la coerenza fosse il principio discriminante nella
scelta dei soggetti più interessanti, non c'è dubbio che un opera come
"A Blast", del regista greco Syllas Tzoumerkas, con la sua bruciante
attualità, dovrebbe occupare le prime pagine dei giornali. Il film
infatti affonda il coltello nella ferite della "questione" greca,
raccontando la storia di una crisi familiare in cui pubblico e privato
si confondono in un malessere esistenziale che diventa tragedia, quando
Maria (Angeliki Papoulia, attrice feticcio di Yorgos Lanthimos,) moglie e
madre di tre figli e i suoi famigliari, devono affrontare il dissesto
finanziario dell'azienda, coperta di debiti a causa del mancato
pagamento delle tasse. Una scoperta improvvisa, che spezza il delicato
equilibrio psicologico della donna, prostrata dalla lontananza del
marito, imbarcato per motivi di lavoro, e condizionata da un'attitudine
esistenziale, inquieta e insoddisfatta.
Partendo dal titolo che,
anticipando il doppio binario - politico e psicologico - in cui si muove
il film, fa riferimento ai disordini sociali scoppiati all'indomani
della bancarotta del paese, e insieme all'esplosione di rabbia che da un
certo punto in poi caratterizza i rapporti tra i vari personaggi, "A
Blast" conferma la tendenza del cinema greco a interiorizzare gli
avvenimenti contemporanei, rileggendoli attraverso i comportamenti di
nuclei umani ristretti e oppressi all'interno di spazi, geografici e
psicologici, claustrofobici. Anche in questo caso infatti la realtà
storica rimane per lo più fuori campo (anche se in maniera meno
esplicita rispetto a esempi precedenti),con i tumulti e le
contraddizioni che emergono tra le righe di un tessuto umano instabile, e
macchiato fin dal principio da un peccato originale che risale, guarda
caso, a precise responsabilità genitoriali. Senza voler spingere troppo
in direzione di una metafora sin troppo scontata, che fa
dell'istituzione famigliare l'equivalente della comunità statuale,
"Blast" ha il pregio di rimanere indipendente dalle riflessioni di cui
si fa inevitabilmente carico, trovando nel contingente della sua storia
la benzina per fare ardere l'animo dello spettatore.
Assecondando
il deragliamento emotivo della protagonista, la struttura narrativa
procede in maniera sincopata, e con inversioni temporali tra passato e
presente che destabilizzano il pubblico, investito da un ego affamato
d'esistenza. In analogia con i film dei colleghi che lo hanno preceduto
(Lanthimos, Avranas)anche "A Blast" usa i corpi come fonte di rivolta
utilizzando quello dei personaggi come terminale di una frustrazione che
diventa ribellione da ogni convenzione. Da qui le caratteristiche di
un'opera che porta l'Eros e il Thanatos dell'amplesso amoroso all'interno
di una pansessualità sfrenata e disinibita. In questo senso la scena
nell'internet caffè, in cui Maria guarda video porno circondata dallo
sguardo esterafatto della congrega maschile, è significativa di un
individualismo sfrenato, che alla luce di quanto sembra dirci il
regista, rimane l'unica forma di difesa nei confronti dell'orrore del
tempo presente. Ci sarebbe da aggiungere che Tzoumerkas gira in maniera
divina, con soluzioni che aprono le immagini a un senso che non si
esaurisce in ciò che vediamo ma che scava nell'animo dello spettatore.
"Blast" è un pugno nello stomaco che può servire a risvegliare la
coscienze.
(pubblicato su onacinema/speciale 67 festival di Locarno)