La curatrice del progetto, professoressa Weyland: «Non toccare le piante è un istinto innato: così i bambini mantengono le distanze e sono anche molto più tranquilli»
Accantonata, fortunatamente, l’idea delle barriere in plexiglas, c’è chi pensa a una soluzione «naturale» per la scuola del post-Covid19: piante ornamentali in classe per garantire il distanziamento fisico. La proposta arriva dalla facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano. Le prime simulazioni si sono svolte nei giorni scorsi presso la scuola paritaria Veronesi di Rovereto e le elementari Pestalozzi di Bolzano. Seguirà la scuola media di Vipiteno, ma già altri istituti si sono detti disponibili a testare la fattibilità dell’idea. Il progetto si chiama «EDEN – il paradiso fai da te a scuola con le piante». L’acronimo sta per Educational environments with nature ed è promosso dal gruppo di ricerca interdisciplinare PAD-LAB coordinato da Beate Weyland, professoressa associata di Didattica del campus di Bressanone.
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Giù le mani dalle piante
«Ci rivolgiamo a scuole che sono aperte in questi giorni per attività estive – ci spiega la Weyland –. Ci mettono a disposizione aule dove possiamo creare un setting. In questo modo cerchiamo di far capire agli insegnanti come sia possibile avere, ad esempio, 20 piante in classe. Sembrano tante ma in realtà era quasi naturale che ci fossero». Nella scuola di Rovereto, è stata utilizzata un’aula di 38 metri quadrati, destinata nella scuola pre-Covid19 ad ospitare fino a 22 bambini. Il gruppo di ricerca ha riorganizzato la disposizione dei banchi, creando delle isole e usando le piante come divisorio tra postazioni individuali. «Noi stessi ci siamo sorpresi – racconta la Weyland – ma siamo stati in grado di predisporre tra le 15 e le 18 postazioni rispettando le distanze richieste. Quell’aula, secondo le recenti disposizioni, dovrebbe ospitare al massimo 12/13 bambini». «Quando ci avviciniamo ad una pianta, ci viene naturale di non toccarla – prosegue –. È una reazione innata. È come avvicinarsi a una persona, mentre le superfici vengono facilmente esplorate con il tatto».C’è un altro beneficio indiretto: i bambini si calmano. «Abbiamo chiesto agli insegnanti di far venire i bambini presenti. A contatto con quell’ambiente meno ostile è come se i bambini si fossero tranquillizzati».
Piante «avatar»
Il progetto EDEN è nato durante il periodo del lockdown all’interno di un corso online di Scienze della Formazione sul tema della didattica sensoriale con le piante. Questi «dispositivi naturali di benessere» costituirebbero una soluzione a basso costo dagli importanti risvolti pedagogici. Ogni alunno sarà chiamato a curare il suo «avatar» verde, alter ego sempre presente in classe anche qualora, come è probabile, le classi dovranno alternare didattica in presenza e didattica a distanza. Oltre ad assicurare le distanze, la cura delle piante potrà contribuire alla formazione di una consapevolezza ecologica. «Quella di usare le piante per il distanziamento è una soluzione ecologica, gentile e resiliente a cui nessuno aveva pensato – aggiunge la professoressa Weyland – E ci dà lo spunto per affrontare in aula temi attuali che riguardano la salvaguardia del pianeta. Come gli obiettivi dell’Agenda 2030».
Pedagogia verde
Il gruppo di ricerca PAD-LAB prova a far dialogare pedagogia, architettura e design. Dal 2015 i ricercatori hanno aiutato più di 30 comunità scolastiche e amministrazioni locali a rielaborare e aggiornare le linee guida architettoniche e pedagogiche, per rispondere meglio alle esigenze delle nuove generazioni di studenti. «Lo sforzo che stiamo facendo è quello di creare un ambiente molto confortevole, domestico – conclude la Weyland –. Creare un ponte tra la casa e la scuola post Covid-19. Spero che queste simulazioni convincano altri insegnanti e dirigenti scolastici, ai quali mi sento di dire: spendete bene le risorse che verranno stanziate per la ripartenza. Pensando a soluzioni durature e sostenibili».