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A cena con Giuseppe Culicchia.

Creato il 27 ottobre 2012 da Tazzina @tazzinadi

A cena con Giuseppe Culicchia.

Giuseppe Culicchia, venere in metrò, Mondadori.

C'è una libreria a Torino che si chiama Golem Bookshop. Che conoscevo anche per un interessante corso di disegno di Ilaria Urbinati che si chiama Let's Draw! e se ci cliccate su vedrete una galleria di immagini così suggestive da rendere l'idea di che bellezza sia.
Questa libreria è proprio bella. L'ho capito ancora meglio ieri sera, partecipando a L'ibrida Cena. 
L'ibrida Cena è una buona idea: una cena vera e propria che lo chef Fabio Mendolicchio (che è anche direttore commerciale di Miraggi Edizioni, veste nella quale io lo conoscevo, ma devo dire che come chef mi ha incredibilmente sorpresa, è bravissimo, ma proprio bravissimo. Lo sformato di zucca con crema di gorgonzola mi ha destabilizzata per la sua delicata bontà, il boulgour di legumi e pollo alla curcuma mi ha commossa, vini ottimi, una degustazione di acqua aromatizzata di benvenuto, tante altre specialità, tutto fatto a mano, bio e filiera corta, sono senza parole) prepara  di volta in volta per gli ospiti di una libreria con la partecipazione di scrittori e musicisti e di lettori che vogliono passare una bella serata e ascoltare musica e l'autore leggere così di punto in bianco pagine dei suoi libri, come se fossimo a casa sua, e un po' forse è così, di sicuro lo è stato ieri. 
C'erano Josh Sanfelici, Roy Paci e Giuseppe Culicchia!
Ma non lassù su un piedistallo a parlare al microfono e poi svanire in una bolla di mistero. Oddio: la bolla di mistero c'è sempre un po', ma queste persone se ne stavano sedute in mezzo a tutti gli altri e a nutrirsi esattamente come fanno tutti i comuni mortali.

A cena con Giuseppe Culicchia.

Una cena in mezzo ai libri. Con scrittori e artisti che leggono e suonano. 


A cena con Giuseppe Culicchia.

Qui sta per sedersi Giuseppe Culicchia. Ovvero accanto a me. Ho letto la gran parte dei suoi libri, tanti ne ho regalati. Su Torinosette continua a raccontare le sue avventure e da poco è uscito il suo ultimo romanzo che è lassù con una tazzina di tisana, non grappa, giuro. Giuseppe Culicchia. Torino è casa mia, Tutti giù per terra, A spasso con Anselm, Il paese delle meraviglie, Ecce Toro etc. etc. etc. Santo cielo: Torino è casa mia: e sta per sedersi a dieci centimetri da me, con la ferma intenzione di restarci alcune ore. 


A cena con Giuseppe Culicchia.

Fabio Mendolicchio, gente sorridente e laggiù Sara Lanfranco che mostra un libro e che lavora alla Golem ma fa molto di più, se ne prende proprio cura con amore e si vede e si respira davvero.


A cena con Giuseppe Culicchia.

Le mani dello scrittore. 


A cena con Giuseppe Culicchia.

Quello dietro la bottiglia in fondo è Roy Paci. Non ha cantato ma ha raccontato perché è a Torino in questi giorni. Per Terra Madre, guardate qui!


A cena con Giuseppe Culicchia.

Ed eccolo qua. Nel suo inconfondibile e adorabile stile mod.

Ho tentato di fotografarlo e fargli domande come se non ci fosse un domani. Non è stato facile, perché in certi momenti sarebbe bello, e più semplice, stare a osservare senza parlare, ascoltare, percepire tranquillamente, capirci qualcosa in più della vita, di una persona che hai conosciuto tramite i suoi lavori letterari, ma il mio pensiero, qualche volta simile a una piccola dolce tortura, è sempre lo stesso: queste occasioni non capitano certo tutti i giorni. 


A cena con Giuseppe Culicchia.

Giuseppe Culicchia comunque è speciale. Di una gentilezza vera. Più conosco scrittori più devo constatare che i più bravi hanno tutti una scintilla diversa negli occhi, e sono gentili. Meno sono bravi, più sono presuntuosi, è un fatto e potrei quasi trarre ormai questa conclusione. Lui ha raccontato della sua esperienza di lavoro in libreria (negli anni Novanta, io me lo ricordo come "quello bello", facevo le superiori e compravo i libri anche in quella libreria lì dove lavorava lui e che ora non c'è più, poi ha risposto a domande sulla sua attività passata di traduttore - in particolare di Fitzgerald, che splendore: ha tradotto Il diamante grosso come l'Hotel Ritz e altri capolavori - e infine anche qualcosa di suo e di bello, della sua famiglia). Dunque si è parlato normalmente del più e del meno. Mangia e beve, riceve telefonate e respira come tutti noi: chi l'avrebbe mai detto? poi però di colpo si metteva a leggere brani del suo romanzo. E lì scattava qualcosa di magico. Il libro è strepitoso: volutamente ci ha letto parti divertenti, molto divertenti. Spiegando però che c'erano anche risvolti meno spassosi. Insomma, come la vita. 


A cena con Giuseppe Culicchia.

Simpatia tra commensali. 


A cena con Giuseppe Culicchia.

Ahhh, Culicchia che risponde alle duemila domande dei commensali.


Il romanzo racconta la storia di Gaia, 38 anni, taglia 38, tacco 12, mamma di Elettra, milanese. Meravigliosamente milanese proprio dalla testa ai piedi. La sua voce è un fiume milanese di cose milanesi e stratosferiche e sceme e dirompenti, di meccanismi, di convinzioni, di parole in inglese, di marche, di personaggi famosi, di imprecazioni, di automatismi e di fragilità. Che mi ha fatto pensare a un mix esplosivo di Arbasino e Bret Easton Ellis ma con un elemento di tenerezza differente ancora. Perché in effetti è vero, come dice una delle frasi in esergo, di Miuccia Prada (ma c'è anche Simone De Beuvoir, don't worry!, che "per le ragazze oggi è difficile". Cavoli, è vero. Non solo per le milanesi, ma un po' per tutte. Comunque questo romanzo, da quel che ho ascoltato ieri, assomiglia a un brillante e ironico binocolo puntato sulla realtà, una certa realtà, che in gran parte pullula anche qui, nella rete, nel web, nelle nostre vite, nei nostri blog, nei forum, nei siti di ogni genere, nei giri di amicizie, da Ikea, su Cosmopolitan e dentro i nostri cuori. 
Adesso però voglio sapere come va a finire!

A cena con Giuseppe Culicchia.

Quella a sinistra sono io. Quello che firma l'autografo, insomma, l'avrete capito, è effettivamente proprio lo scrittore torinese Giuseppe Culicchia.


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